sabato 21 aprile 2012

III Domenica di Pasqua, Anno B - Domínica secunda post Pascha ( 22 aprile 2012)




22 APRILE 2012






Gesù risorto opera sempre nella sua Chiesa

Un'altra apparizione del Risorto ci porta a considerare anche in questa domenica l'assemblea eucaristica come luogo privilegiato della presenza attiva del Signore: Gesù che si fa presente in mezzo ai suoi, il dono della pace, la gioia dei discepoli, l'invio in missione, l'annuncio del perdono... sono realtà in atto ancora oggi in ogni nostra comunità, perché in essa prolungano il mistero e il frutto della Pasqua di Cristo.

Eucaristia, presenza del Risorto
La manifestazione del Risorto agli apostoli (cf vangelo) è essenziale per confermare e suscitare in loro la fede, in vista dell'annuncio degli eventi pasquali di cui essi sono i testimoni privilegiati (cf prima e seconda lettura). Il Vangelo ci mostra Gesù che opera appunto per suscitare e confermare la fede nei suoi discepoli. Alla loro iniziale incredulità egli risponde con dei segni tangibili della sua presenza «reale». E affinché questi «segni» vengano compresi nella fede, il Signore interpreta gli avvenimenti della sua vita alla luce delle Scritture, mostrando come in lui si è compiuto tutto ciò che era detto.
Questi atti Gesù li compie anche nella nostra assemblea domenicale: riunita nella fede come corpo ecclesiale di Cristo, essa realizza la presenza del Signore risorto. Cristo è presente «nella sua parola, giacché è lui "che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7); come pure è presente nella persona di chi presiede l'assemblea e prende la parola «per aprire la nostra mente all'intelligenza delle Scritture» (vangelo); in modo particolare è presente quando spezziamo il pane di vita. C'è dunque una continuità fra l'apparizione del Signore ai discepoli e la sua presenza in mezzo a noi; e la Chiesa, nella piena consapevolezza del motivo di tanta gioia (cf orazione sopra le offerte), esprime il proprio rendimento di grazie al «vero Agnello che... morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato... la vita» (pref. pasquale I). La certezza poi che il Signore risorto è in mezzo ai suoi ci allieta nella speranza della nostra risurrezione futura, in piena comunione di gloria con Cristo (cf orazione dopo la comunione).

«... alle sorgenti della vita »
I discepoli testimoniano con franchezza la Pasqua di Cristo e i frutti della salvezza portati dalla sua passione-morte-risurrezione: Pietro annuncia ai Giudei la risurrezione di Gesù, il Santo e il Giusto che essi hanno messo a morte, e li invita a pentirsi e cambiare vita «perché siano cancellati i loro peccati» (prima lettura); Giovanni ci assicura che Gesù è il nostro aiuto presso il Padre e ci salva dai nostri peccati perché egli stesso li ha espiati per tutti (cf seconda lettura). Anche la realtà del peccato fa parte, così, del gioioso annuncio pasquale. È vero, infatti, che il peccato è rottura di comunione; ma è anche «via alla comunione», a condizione che ci riconosciamo peccatori e ci lasciamo perdonare (cf 1 Gv 1,8-10), con piena fiducia nel nostro «avvocato presso il Padre»; dal suo sacrificio, dalla sua offerta eucaristica, noi riceviamo la forza di non peccare, di osservare la sua parola, di dimorare in lui. Si compie così per noi la rivelazione e la attuazione della misericordia del Padre che trova il suo vertice nel mistero pasquale celebrato nell'Eucaristia. «Nella sua risurrezione Cristo ha rivelato il Dio dell'amore misericordioso, proprio perché ha accettato la croce come via alla risurrezione. Ed è... Cristo, Figlio di Dio, che al termine — e in un certo senso, già oltre il termine — della sua missione messianica, rivela se stesso come fonte inesauribile della misericordia, del medesimo amore che, nella prospettiva ulteriore della storia della salvezza nella Chiesa, deve perennemente confermarsi più potente del peccato. Il Cristo pasquale è l'incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico-salvifico ed insieme escatologico. Nel medesimo spirito la liturgia del tempo pasquale pone sulle nostre labbra le parole del salmo: "Canterò in eterno le misericordie del Signore"» (Dives in misericordia, 8).

Un mondo nuovo è cominciato
La risurrezione di Cristo si inscrive non soltanto nel centro del cristianesimo, ma nel centro stesso della storia. Con la risurrezione si realizza in Cristo, in anticipo, la sorte che ci attende come nostro futuro: in lui risorto si realizza quella pienezza che ogni uomo cerca nella sua vita. La risurrezione conferma che l'attesa apocalittica di «nuovi cieli e nuova terra» non è fantasia di visionari.
La risurrezione di Cristo è l'aurora di quel mondo nuovo, della nuova creazione, che porterà a pienezza le aspirazioni di amore, di giustizia, di pace, di solidarietà che premono sui tessuti di questo nostro vecchio mondo. (CC Salesiano).




La celebrazione dell'Eucaristia

Dalla «Prima Apologia e favore dei cristiani» di san Giustino, martire
(Cap. 66-67; PG 6, 427-431)

A nessun altro è lecito partecipare all'Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato.

Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l'intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.

Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro.

Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell'universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.

E nel giorno, detto del Sole, si fa' l'adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette.

Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle.

Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.

Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.

Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l'indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione.