domenica 31 luglio 2011

Benedetto XVI alla Recita dell'Angelus dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo (31 luglio 2011)



BENEDETTO XVI

ANGELUS

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Domenica, 31 luglio 2011

 
[Croato, Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica descrive il miracolo della moltiplicazione dei pani, che Gesù compie per una moltitudine di persone che lo hanno seguito per ascoltarlo ed essere guariti da varie malattie (cfr Mt 14,14). Sul far della sera, i discepoli suggeriscono a Gesù di congedare la folla, perché possa andare a rifocillarsi. Ma il Signore ha in mente qualcos’altro: "Voi stessi date loro da mangiare" (Mt 14,16). Essi, però, non hanno "altro che cinque pani e due pesci". Gesù allora compie un gesto che fa pensare al sacramento dell’Eucaristia: "Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla (Mt 14,19). Il miracolo consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste. Il Signore sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento della Parola di vita e dei Sacramenti.

In questo segno prodigioso si intrecciano l’incarnazione di Dio e l’opera della redenzione. Gesù, infatti, "scende" dalla barca per incontrare gli uomini (cfr Mt 14,14). San Massimo il Confessore afferma che il Verbo di Dio "si degnò, per amore nostro, di farsi presente nella carne, derivata da noi e conforme a noi tranne che nel peccato, e di esporci l’insegnamento con parole ed esempi a noi convenienti" (Ambiguum 33: PG 91, 1285 C). Il Signore ci offre qui un esempio eloquente della sua compassione verso la gente. Viene da pensare ai tanti fratelli e sorelle che in questi giorni, nel Corno d’Africa, patiscono le drammatiche conseguenze della carestia, aggravate dalla guerra e dalla mancanza di solide istituzioni. Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare di più, perché l’uomo è sempre "affamato di qualcosa di più, ha bisogno di qualcosa di più" (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 311). Nel pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui "ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo davvero il «pane dal cielo»" (ibid.).

Cari amici, "nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo" (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88). Ce lo testimonia anche Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, di cui oggi la Chiesa fa memoria. Ignazio scelse, infatti, di vivere "ricercando Dio in tutte le cose, amando Lui in tutte le creature" (cfr Costituzioni della Compagnia di Gesù, III, 1, 26). Affidiamo alla Vergine Maria la nostra preghiera, perché apra il nostro cuore alla compassione verso il prossimo e alla condivisione fraterna.


Dopo l'Angelus

La prière de cet Angélus me donne la joie de saluer les pèlerins francophones présent ainsi que les personnes qui nous rejoignent par la radio ou la télévision. La Parole de Dieu nous rappelle combien l’eau et le pain sont nécessaires à chaque être humain. Jésus nous renvoie à notre propre responsabilité : celle de faire ce qui est en notre pouvoir pour venir en aide à ceux qui souffrent de la faim et de la soif. La tâche est immense. En ce temps des vacances, n’oublions pas les autres et n’ayons pas peur d’ouvrir nos mains et nos cœurs pour venir en aide à tous ceux qui sont dans le besoin. Que l’amour de la Vierge Marie vous accompagne. Dieu vous bénisse !

I am pleased to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. In today’s Gospel passage, we hear of the multiplication of loaves and fishes, which in a wonderful way prefigured the institution of the Eucharist. We pray that Christians, scattered like grain throughout the world, will be united in offering the one bread and the one cup, and so become one body, one spirit in Christ. May Almighty God bless you and your loved ones!

Von Herzen grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache hier in Castel Gandolfo. In der ersten Lesung des heutigen Sonntags stellt der Prophet Jesaja die Frage: „Warum bezahlt ihr mit Geld, was euch nicht nährt?" (Jes 55,2). Was uns wirklich nährt und wonach wir uns innerlich sehnen, das sind die Liebe und der Frieden. Die können wir nicht erkaufen, sondern uns nur schenken lassen. Die Bereitschaft, beschenkt zu werden, wächst, wenn wir selbst Schenkende sind, wenn wir uns selbst Stück für Stück zu verschenken lernen. Der Heilige Geist leite euch dabei und helfe euch, das Gute zu vollbringen. Euch allen wünsche ich frohe Sommertage.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana y a los que se unen a ella a través de la radio y la televisión. En este domingo, invito a todos a abrir el corazón a la Palabra de Dios, en donde Jesucristo aparece como el verdadero alimento, que nutre y sacia los más nobles deseos que anidan en nuestro interior. Que, a ejemplo de María Santísima, encontremos nuestra dicha en cumplir la voluntad de su divino Hijo, y así alcanzaremos aquella luz que no conoce el ocaso, el amor que no defrauda y la esperanza que alienta y consuela. Que el Señor os bendiga y os conceda días llenos de serenidad.

Drodzy bracia i siostry, Polacy! W dzisiejszej Ewangelii słyszymy o cudownym rozmnożeniu chleba, którym Pan Jezus karmi głodną rzeszę. Nie daje On nam przez to gotowej recepty na wyżywienie ludności świata, ani na rozwiązanie dramatu głodu. Przypomina, że nie wolno być obojętnym wobec tragedii ludzi głodujących i spragnionych. Zachęca, byśmy dali im jeść, byśmy dzielili się chlebem z potrzebującymi. Idąc za Chrystusem, bądźmy wrażliwi na ludzką biedę. Serdecznie was pozdrawiam. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Cari fratelli e sorelle dalla Polonia! Nel Vangelo di oggi abbiamo ascoltato il miracolo della moltiplicazione dei pani, con i quali il Signore Gesù nutre una folla affamata. Non ci dà per questo una ricetta utile a sfamare i popoli del mondo, né a risolvere il dramma della fame. Ci ricorda che è vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati! Ci incoraggia a dare loro da mangiare, e a dividere il pane con i bisognosi. Seguendo il Cristo dobbiamo essere sensibili alla povertà dei popoli. Vi saluto cordialmente. Sia lodato Gesù Cristo.]

Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto alle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, provenienti da varie Regioni d’Italia e formulo fervidi auguri per il loro 25° anniversario di vita religiosa. Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti dalla parrocchia di S. Bonifacio in Pomezia e quelli di Oderzo. Ricordo, infine, che oggi si svolge qui a Castel Gandolfo la "Sagra delle Pesche". Auguro ogni migliore successo a questa tradizionale iniziativa che vede la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Parrocchia e dell’intera cittadinanza. A tutti una buona domenica!
.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

sabato 30 luglio 2011

XVIII Domenica del Tempo Ordinario Anno A - Domínica septima post Pentecosten (31 luglio 2011)



MISSALE ROMANUM
Domenica, 31 luglio 2011

FORMA ORDINARIA
Anno A


FORMA STRAORDINARIA



La speranza della vita
è il principio e il termine della nostra fede

Dalla «Lettera» di Barnaba
(Capp. 1, 1 - 2, 5; Funk 1, 3-7)

Salute a voi nella pace, figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amato. Grandi e copiosi sono i favori che Dio vi ha concesso. Per questo molto mi rallegro sapendo quanto le vostre anime siano belle e liete per la grazia e i doni spirituali che hanno ricevuto. Ma ancora maggiore è la mia gioia sentendo nascere in me una viva speranza di salvezza nel vedere con quanta generosità la sorgente divina abbia effuso su di voi il suo Spirito. Davvero splendido lo spettacolo che avete offerto alla mia vista!

Persuaso di essermi avvantaggiato, molto nella via santa del Signore parlando con voi, mi sento spinto ad amarvi più della mia stessa vita, anche perché vedo in voi grande fede e carità per la speranza della vita divina.

Per l'amore che vi porto voglio mettervi a parte di quanto ho avuto, sicuro di ricevere beneficio dal servizio che vi rendo. Vi scrivo dunque alcune cose perché la vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta.

Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.

Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.

Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.

I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l'intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che m'importa, dice, dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina, sarà vano; l'incenso è un abominio per me. I vostri noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare (cfr. Is 1, 11-13).

Viaggio Apostolico di S.S. Benedetto XVI a Madrid (Spagna) in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù (18-21 agosto 2011)



VIAGGIO APOSTOLICO A MADRID (SPAGNA)
IN OCCASIONE DELLA

SANTO PADRE BENEDETTO XVI

(18-21 AGOSTO 2011)




Programma

Messale per il Viaggio Apostolico

Messaggio del Santo Padre per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, 2011
[Albanese, Bulgaro, Ceco, Cinese, Coreano, Croato, Francese, Greco, Inglese, Italiano,
Neerlandese, Polacco, Portoghese, Romeno, Russo, Serbo, Slovacco, Sloveno, Spagnolo,
Tedesco, Ucraino, Ungherese, Vietnamita]

Decreto con il quale viene concessa l'Indulgenza Plenaria in occasione della "XXVI Giornata Mondiale della Gioventù" (2 agosto 2011)
[Italiano, Latino, Francese, Portoghese]

Pietro in visita a Madrid nella dimora del diacono Lorenzo "Il fuoco nascosto dell’Escorial"
di Marco Agostini



----- 18 agosto 2011 -----

Incontro di Benedetto XVI con i giornalisti durante il volo verso la Spagna
(Volo Papale, 18 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Cerimonia di benvenuto nell’Aeroporto Internazionale di Madrid Barajas
(18 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Festa di accoglienza dei giovani: saluto iniziale 
(Plaza de Cibeles, Madrid, 18 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Festa di accoglienza dei giovani: discorso del Santo Padre
(Plaza de Cibeles, Madrid, 18 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

----- 19 agosto 2011 -----


Incontro con giovani religiose nel Patio de los Reyes de El Escorial
(19 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Incontro con giovani docenti universitari nella Basilica di San Lorenzo de El Escorial
(19 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Via Crucis con i giovani nella Plaza de Cibeles
(Madrid, 19 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

----- 20 agosto 2011 -----

Santa Messa con i seminaristi nella Cattedrale di Santa María la Real de la Almudena
(Madrid, 20 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Visita alla Fundación Instituto S. José (Madrid, 20 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Veglia di preghiera con i giovani nell’Aeroporto Cuatro Vientos di Madrid
(20 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


----- 21 agosto 2011 -----

Santa Messa per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù nell’Aeroporto Cuatro Vientos di Madrid (21 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Recita dell'Angelus Domini nell’Aeroporto Cuatro Vientos di Madrid
(21 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Incontro con i volontari della XXVI GMG nel Padiglione 9 della nuova Fiera di Madrid-IFEMA (21 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Cerimonia di congedo nell’Aeroporto Internazionale di Madrid Barajas (21 agosto 2011)
[Francese, Inglese, Italiano, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

venerdì 29 luglio 2011

Messaggio di Benedetto XVI all’ordine dei Chierici regolari somaschi. "La povertà di amore radice di ogni problema umano"



Messaggio di Benedetto XVI all’ordine dei Chierici regolari somaschi

La povertà di amore radice di ogni problema umano

Le prove, sia personali sia istituzionali alle quali siamo sottoposti, servono per accrescere la fede. Lo ha scritto il Papa nel messaggio indirizzato al preposito generale dei Chierici Regolari Somaschi, in occasione dell’anno giubilare indetto dall’O rd i n e nel quinto centenario della prodigiosa liberazione dal carcere del fondatore san Girolamo Emiliani. Le celebrazioni si apriranno a Venezia il 25 settembre prossimo, con la messa nella basilica di San Marco, e si protrarranno per tutto l’anno successivo con una serie di convegni storici dedicati alla figura e alla spiritualità del Santo. Ultimo atto sarà la marcia notturna dei giovani da Maserada sino al santuario della Madonna Grande di Treviso. La chiusura ufficiale si celebrerà a Somasca il 30 settembre 2012.




MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Al Reverendo Padre
FRANCO MOSCONE, C.R.S.
Preposito Generale dell’Ordine
dei Chierici Regolari Somaschi

Ho appreso con vivo compiacimento che codesto Ordine si accinge a celebrare con un anno giubilare una ricorrenza lieta ed importante per la sua storia ed suo carisma. Il 27 settembre prossimo, infatti, ricorrerà il 500° anniversario della prodigiosa liberazione dal carcere, ad opera di Maria Santissima, del fondatore san Girolamo Emiliani, patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata: un evento prodigioso che, nello stesso tempo, modificò il corso di una vicenda umana e diede inizio ad un’esperienza di vita consacrata assai significativa per la storia della Chiesa.

La vita del laico Girolamo Miani, veneziano, venne come «rifondata» nella notte del 27 settembre 1511, quando, dopo un sincero voto di cambiare condotta, fatto alla Madonna Grande di Treviso, per intercessione della Madre di Dio si trovò liberato dai ceppi della prigionia, poi consegnati da lui stesso all’altare della Vergine.

«Dirupisti vincula mea» (Sal 116, 16). Il versetto del salmo esprime l’autentica rivoluzione interiore che avvenne in seguito a quella liberazione, legata alle tormentate vicissitudini politiche dell’epoca. Essa, infatti, rappresentò un rinnovamento integrale della personalità di Girolamo: fu liberato, per intervento divino, dai lacci dell’egoismo, dell’orgoglio, della ricerca dell’affermazione personale, cosicché la sua esistenza, prima rivolta prevalentemente alle cose temporali, si orientò unicamente a Dio, amato e servito in modo particolare nella gioventù orfana, malata e abbandonata.

Orientato dalle sue vicende familiari, a motivo delle quali era diventato tutore di tutti i suoi nipoti rimasti orfani, san Girolamo maturò l’idea che la gioventù, soprattutto quella disagiata, non può essere lasciata sola, ma per crescere sana ha bisogno di un requisito essenziale: l’amore. In lui l’amore superava l’ingegno, e poiché era un amore che scaturiva dalla stessa carità di Dio, era pieno di pazienza e di comprensione: attento, tenero e pronto al sacrificio come quello di una madre.

La Chiesa del XVI secolo, divisa dallo scisma protestante, alla ricerca di una seria riforma anche al proprio interno, godette di un rifiorire di santità che fu la prima e più originale risposta alle istanze rinnovatrici. La testimonianza dei santi dice che occorre confidare solo in Dio: le prove infatti, a livello sia personale sia istituzionale, servono per accrescere la fede. Dio ha i suoi piani, anche quando non riusciamo a comprendere le sue disposizioni.

L’attenzione alla gioventù e alla sua educazione umana e cristiana, che contraddistingue il carisma dei Somaschi, continua ad essere un impegno della Chiesa, in ogni tempo e luogo. È necessario che la crescita delle nuove generazioni venga alimentata non solo da nozioni culturali e tecniche, ma soprattutto dall’amore, che vince individualismo ed egoismo e rende attenti alle necessità di ogni fratello e sorella, anche quando non ci può essere contraccambio, anzi, specialmente allora. L’esempio luminoso di san Girolamo Emiliani, definito dal beato Giovanni Paolo II «laico animatore di laici», aiuta a prendere a cuore ogni povertà della nostra gioventù, morale, fisica, esistenziale, e innanzitutto la povertà di amore, radice di ogni serio problema umano.

Continuerà a guidarci con il suo sostegno la Vergine Maria, modello insuperabile di fede e di carità. Come sciolse vincolo delle catene che tenevano prigioniero san Girolamo, Ella voglia, con la sua materna bontà, continuare a liberare gli uomini dai lacci del peccato e dalla prigionia di una vita priva dell’amore per Dio e per i fratelli, offrendo le chiavi che aprono il cuore di Dio a noi e il cuore nostro a Dio.

Con tali sentimenti, imparto a Lei, Reverendo Padre, a tutti i membri della Famiglia Somasca e a quanti si uniranno con fede alle celebrazioni giubilari una speciale Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 20 luglio 2011

BENEDICTUS PP. XVI


© L'Osservatore Romano 28 luglio 2011

giovedì 28 luglio 2011

Cardenal Cañizares: Es recomendable comulgar en la boca y de rodillas



Cardenal Cañizares:
Es recomendable comulgar en la boca y de rodillas

Google Translate [English, Français, Italiano, Portugués]


REDACCIÓN CENTRAL, 27 Jul. 11 / 12:04 am (ACI/EWTN Noticias)

En entrevista concedida a ACI Prensa, el Prefecto de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos en el Vaticano, Cardenal Antonio Cañizares Llovera, señaló que es recomendable que los católicos comulguen en la boca y de rodillas.

Así lo indicó el Purpurado español que sirve en la Santa Sede como máximo responsable, después del Papa, de la liturgia y los sacramentos en la Iglesia Católica, al ser consultado sobre si es recomendable que los fieles comulguen o no en la mano.

La respuesta del Cardenal fue breve y sencilla: "es recomendable que los fieles comulguen en la boca y de rodillas".

Asimismo, al responder a la pregunta de ACI Prensa sobre la costumbre promovida por el Papa Benedicto XVI de hacer que los fieles que reciben la Eucaristía de él lo hagan en la boca y de rodillas, el Cardenal Cañizares dijo que eso se debe "al sentido que debe tener la comunión, que es de adoración, de reconocimiento de Dios".

"Es sencillamente saber que estamos delante de Dios mismo y que Él vino a nosotros y que nosotros no lo merecemos", afirmó.

El Purpurado dijo también que comulgar de esta forma "es la señal de adoración que es necesario recuperar. Yo creo que es necesario para toda la Iglesia que la comunión se haga de rodillas".

"De hecho –añadió– si se comulga de pie, hay que hacer genuflexión, o hacer una inclinación profunda, cosa que no se hace".

El Prefecto vaticano dijo además que "si trivializamos la comunión, trivializamos todo, y no podemos perder un momento tan importante como es comulgar, como es reconocer la presencia real de Cristo allí presente, del Dios que es amor de los amores como cantamos en una canción española".

Al ser consultado por ACI Prensa sobre los abusos litúrgicos en que incurren algunos actualmente, el Cardenal dijo que es necesario "corregirlos, sobre todo mediante una buena formación: formación de los seminaristas, formación de los sacerdotes, formación de los catequistas, formación de todos los fieles cristianos".

Esta formación, explicó, debe hacer que "se celebre bien, para que se celebre conforme a las exigencias y dignidad de la celebración, conforme a las normas de la Iglesia, que es la única manera que tenemos de celebrar auténticamente la Eucaristía".

Finalmente el Cardenal Cañizares dijo a ACI Prensa que en esta tarea de formación para celebrar bien la liturgia y corregir los abusos, "los obispos tenemos una responsabilidad muy particular, y no podemos dejarla de cumplir, porque todo lo que hagamos en que la Eucaristía se celebre bien será hacer que en la Eucaristía se participe bien".

martedì 26 luglio 2011

Riflessioni dagli scritti di Joseph Ratzinger. "Nel cosmo delle sette note" (Michael J. Zielinski)



Riflessioni dagli scritti di Joseph Ratzinger

Nel cosmo delle sette note


di Michael J. Zielinski

I mezzi di comunicazione ci hanno spesso presentato la figura di Benedetto XVI come quella di un grande amante della musica. I suoi frequenti interventi in materia, i numerosi concerti offerti in suo onore e persino il fatto che il fratello sia un musicista di professione, hanno delineato questa immagine di grande amateur musicale. In realtà, il rapporto tra Joseph Ratzinger e la musica va al di là della semplice passione e appare molto più profondo e ricco. In tal senso si potrebbe fare riferimento ai suoi scritti sulla materia pubblicati nel volume Lodate Dio con Arte (Joseph Ratzinger–Benedetto XVI, Venezia, Marcianum Press, 2010).

Osservando la condizione di vera crisi nella quale si trova la musica liturgica e la musica religiosa in genere, la parola del Papa ci apre la porta alla speranza attraverso una solida sintesi in cui si mostra in modo sistematico cos’è o cosa dovrebbe essere la musica a partire dalla sua stessa storia millenaria. Nelle sue riflessioni si possono davvero trovare spunti in grado di ricordare anche al musicista di professione cos’è quello che lui cerca, cosa anelano e cosa riescono a trovare gli uomini nella musica.

Quella di Benedetto XVI è una visione completamente nuova, anche se, in realtà, è una riflessione che riscopre un orizzonte antico. Nella lettura degli scritti musicali del XX secolo, per esempio, notiamo che questi non scaturiscono da temi filosofici o teologici, come in altre epoche, e nemmeno da temi letterari o poetici, ma che questi si riducono a trattati di teoria e tecniche compositive. In quest’orizzonte l’arte musicale finisce con l’apparire come un mero «mestiere». Così oggi è senz’altro più difficile incontrare due musicisti che conversano tra loro di filosofia.

Ma non è stato sempre così. I greci, la cultura e la fede nel Tempio di Gerusalemme, la prima Chiesa e quasi tutta la cultura cristiana hanno vissuto la dimensione «cosmica» della musica in forma per lo più naturale. In questo senso, nel medioevo fu figura di spicco santa Ildegarda di Bingen (1098–1179), la grande mistica tedesca. Le sue visioni confermano in un certo modo questa particolare prospettiva e la rendono «affidabile» anche dal punto di vista della fede.

Nella descrizione della visione dei Cori dei beati (Scivias, Giovanna della Croce, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2002), santa Ildegarda scrive: «Poi vidi un’aria lucidissima in cui udii secondo i predetti significati e in modo ammirevole numerosi tipi di musiche. Erano i canti di lode dei cittadini abitanti nei gaudi celesti, perché fortemente erano stati perseveranti sulla via della verità. Poi udii i canti di lamentele dei ridestati [dopo il peccato] a lode e agli stessi gaudi, e infine i canti di coloro che si esortavano vicendevolmente di offrire aiuto per la salvezza dei popoli insidiati dal diavolo. (...) E quel suono cantava nell’armonia come la voce di una moltitudine degli abitanti celesti a lode di Maria SS.ma».

Ildegarda è stata oggetto di riflessione da parte del Papa nelle sue catechesi in ben due occasioni nel settembre scorso. Nonostante la mistica tedesca non sia esplicitamente citata nel libro Lodate Dio con arte, si possono trovare delle reminiscenze: «Già i pitagorici avevano concepito la matematica dell’universo in maniera non puramente astratta. Le azioni intelligenti presuppongono, nella visione degli antichi, un’intelligenza che le causi. I movimenti intelligenti (matematici) degli astri non vengono dunque spiegati in maniera puramente meccanica, ma sono comprensibili solo sul presupposto che gli astri siano animati, “intelligenti”. Per i cristiani fu naturale il passaggio dalle divinità astrali ai cori angelici che circondano Dio e illuminano l’universo. La percezione della “musica cosmica” divenne così ascolto dei canti angelici, e il riferimento a Isaia (capitolo 6) si stabilì da sé. Un ulteriore passo fu fatto attraverso la fede trinitaria» (p. 151). Il successivo sviluppo del testo convince in maniera quasi irresistibile: «Cantare insieme a tutto l’universo significa allora porsi sulle tracce del Lògos e avvicinarlo. Ogni vera arte umana è accostamento a Colui che è l’“Artista”, a Cristo, allo Spirito Creatore» (p. 152).

Ancora nel XIX secolo compositori come Felix Mendelssohn e Franz Liszt erano dei veri poeti e il senso religioso in loro traspariva con forza. Il grande Ludwig van Beethoven in una occasione confessa all’arciduca Rodolfo d’Asburgo che per lui non c’è niente di più sublime che l’avvicinarsi a Dio più che agli uomini ed estendere all’umanità intera i raggi della divinità. Nella musica, tuttavia, la grande svolta era ormai vicina. Leggiamo: «L’interpretazione cosmica della musica, in diverse varianti, restò viva fino all’inizio dell’evo moderno. Solo il XIX secolo se ne allontanò, perché la metafisica gli sembrava superata» (p. 152). Benedetto XVI ci mostra una situazione attuale drammatica, dove facilmente si arriva agli estremi. «La musica si è divisa in due mondi che non hanno quasi più nulla a che fare l’uno con l’altro. Qui c’è da un lato la musica per la massa, che con l’etichetta pop vorrebbe presentarsi come “popolare”, come musica del popolo. Qui la musica è ormai divenuta solo una merce producibile industrialmente e misurabile secondo il valore di mercato. Dall’altro lato c’è una musica costruita razionalmente, artificiale, che risponde ai criteri tecnici più sofisticati e che a malapena riesce a superare la stretta cerchia elitaria» (p. 68). La cultura contemporanea, e l’arte musicale frutto di essa, devono forse formulare un proprio Quo vadis?

La situazione della musica sacra non riguarda esclusivamente la Chiesa, come del resto neppure la problematica del linguaggio nella musica contemporanea ha la sua sola origine nella disciplina musicale stessa. Dopo l’ascolto di certe opere contemporanee vengono alla mente le parole del conte Chigi Saracini, il quale paragonava i «creatori di formule» vale a dire certi compositori, coi farmacisti. La musica di Chiesa, da parte sua, tante volte «funzionale», non sembra oggi essere sempre all’altezza della liturgia.

Occorre un respiro più ampio. La Parola, la fonte vera, dentro l’ambito della liturgia, trova nei nostri sensi un luogo per incarnarsi, per mezzo dell’icona, del canto, della musica, dove nella modalità centrale dei segni sacramentali segue la totalità della sua espansione. «La fede — ci dice il Papa — nel suo farsi musica è una parte del processo di incarnazione della Parola» (p. 105). Questa realtà, per estensione, può interessare anche la musica intera, rinnovandola. Si arriva così alla straordinaria conclusione citata sopra, dove ogni arte umana vera — si asserisce — è necessariamente frutto dell’accostamento al Lògos, allo Spirito creatore.

Resta tuttavia la questione dei non credenti. Potrebbe essere accolta una visione di carattere religioso o addirittura cristocentrico in un mondo come quello di oggi, aldilà dei soliti vaghi riferimenti spirituali? L’urgente monito del Papa in relazione alla musica sacra, alla sua natura e la sua qualità, può senza dubbio coinvolgere il mondo della musica. «L’arte che la Chiesa ha prodotto è, accanto ai santi che vi sono maturati, l’unica reale “apologia” che essa può esibire per la sua storia. Ad accreditare il Signore è la gloria nata ad opera sua e non le acute scappatoie che la teologia escogita per ciò che è terribile e che purtroppo in questa storia tanto abbonda» (p. 46). La valenza dell’arte autentica, di fronte a credenti e non credenti, ratifica se stessa.

Il Papa fa notare che, nonostante tutto, a un occhio attento non sfugge l’esistenza di capolavori nel panorama dell’arte contemporanea. Il compositore Olivier Messiaen, nel ventesimo secolo, costituisce una testimonianza luminosa. Lo ricorda così Yvonne Loriod (in Olivier Messiaen, a cura di Peter HILL, Milano, il Saggiatore, 2008, p. 257): «Gli uccelli erano per lui musicisti sommi che cantano a gloria di Dio e lui stesso desiderava cantare come loro. Tutta la sua vita è stata una sorta di canto liturgico. Ha celebrato tutti i misteri di Cristo e ora la sua musica parla a quanti, senza saperlo, hanno bisogno di fede. Nel terribile secolo in cui viviamo, si aggrappano alla musica di Messiaen perché lui aveva fede e perché la sua musica è piena di colore e possiede un linguaggio meraviglioso».

© L'Osservatore Romano 27 luglio 2011

lunedì 25 luglio 2011

La solennità dell’apostolo Giacomo patrono del Paese "L'astro della Spagna" (Luis F. Ladaria Ferrer)



La solennità dell’apostolo Giacomo patrono del Paese

L'astro della Spagna


Pubblichiamo, qui di seguito, l’omelia di monsignor Luis F. Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della fede, pronunciata, oggi, a Roma, nella chiesa nazionale spagnola di Santiago y Montserrat, durante la celebrazione eucaristica per la solennità dell’apostolo Giacomo patrono di Spagna.


Luis F. Ladaria Ferrer
Arcivescovo, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede

In questa solennità dell’apostolo Giacomo, patrono della Spagna, gli sguardi e i cuori si volgono verso Compostela, da dove l’Apostolo, «astro brillante della Spagna», come dice la liturgia, irradia la sua luce su tutti noi, in qualsiasi luogo ci troviamo, entro i confini spagnoli o al di là di essi. Il patrocinio di Giacomo è senza dubbio un tratto dell’identità della Chiesa in Spagna.

La luce che Giacomo irradia viene, prima di tutto e soprattutto, dalla sua condizione di apostolo di Gesù Cristo. Come tale, e con gli altri apostoli, rese testimonianza di Gesù nonostante le minacce e le proibizioni, in virtù di quel principio tanto elementare quanto profondo che gli apostoli formulano: «bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini». L’evangelizzazione appartiene nel più profondo alla natura dell’apostolo. È la sua ragione d’essere e di vivere: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore… E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui». Solo nella forza e nella potenza dello Spirito è possibile la testimonianza di Gesù risorto. Una testimonianza che non sa di concessioni né lascia spiragli al compromesso. «Erode fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni». È la testimonianza per eccellenza, la testimonianza nel senso più pieno del termine, il martirio, suggellato con il sangue. Giacomo, com’è noto, fu il primo apostolo a bere il calice del Signore. Il mio calice lo berrete, annunciò Gesù ai due fratelli, che avevano mostrato la propria prontezza e disponibilità, forse non ancora pienamente consapevoli del significato della domanda del Signore. Resta chiaramente il tratto della generosità che non calcola, che si lascia trasportare dall’impulso dello Spirito, che è alla base della testimonianza apostolica. Una testimonianza che è stata indubbiamente il culmine di una vita segnata già in ogni circostanza dalla morte di Gesù: «portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale». L’apostolo vive della vita di Gesù, come deve fare ogni cristiano. Giacomo imparò, e ce lo insegna con la sua vita e con la sua morte, che la configurazione a Cristo morto e risorto è la nostra salvezza, è l’elemento decisivo e che, accanto a questa verità fondamentale, il desiderio di occupare i primi posti non è altro che una pretesa insensata. Il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti. La testimonianza degli apostoli fu efficace nei primi tempi della Chiesa, come lo è stata nel corso di tutta la storia la testimonianza dei cristiani, perché, come in Gesù il Figlio dell’Uomo e il Figlio di Dio, la vita e le parole coincidono. Ogni testimonianza cristiana procede da quella di Gesù, il testimone fedele, il primogenito dei morti, come ci dice l’Apocalisse. Da lui deriva la testimonianza apostolica sulla quale la nostra fede è fondata e radicata.

Con il patrocinio e l’intercessione dell’apostolo Giacomo, la fede degli apostoli ha gettato radici profonde nella nostra terra. È un dato di fatto che non occorre dimostrare. Non c’è bisogno di menzionare ora i grandi nomi che sono nella mente di tutti, ma sì, vale forse la pena ricordare tanti uomini e donne che non sono passati alla storia ma la cui vita è stata spesso tanto eroica ed esemplare quanto quella dei personaggi famosi.

La fede cristiana è un dono che, personalmente e comunitariamente, abbiamo ricevuto da Dio; non è un merito né una nostra proprietà. Poiché è un dono, dobbiamo rendere grazie per essa. Poiché non ci appartiene, non la possiamo dilapidare. È un tesoro che conserviamo in vasi di creta e che, a seconda delle nostre forze, dobbiamo trasmettere e comunicare, come anche noi lo abbiamo ricevuto. È un luogo comune: la fede si rafforza quando si trasmette. Le radici profonde permettono ai rami di allungarsi, ma allo stesso tempo i rami fanno sì che le radici affondino. La missione, ci ha insegnato il concilio Vaticano II, appartiene alla natura stessa della Chiesa. Anche il patrocinio di Giacomo è stato fondamentale nell’espansione missionaria della Chiesa, in particolare nelle terre d’America. Per curiosità nei giorni scorsi ho sfogliato l’Annuario Pontificio per vedere quante diocesi portavano il nome di Giacomo; e ho letto, oltre a Santiago de Compostela, Santiago de Chile, Santiago de Cuba, Santiago del Estero (Argentina), Santiago de los Caballeros (Repubblica Domenicana), Santiago de Venezuela (altro nome di Caracas), Santiago de María (El Salvador), Santiago de Veraguas (Panama), oltre a Santiago de Cabo Verde.

Siamo tentati di pensare che i tempi passati siano stati migliori, ma allo stesso tempo sappiamo che ciò non è necessariamente vero. Ogni epoca ha le sue grandezze e le sue miserie e a ogni generazione spetta affrontare le sfide che le si presentano. Guardare indietro ha senso solo per potere avanzare meglio. Ci sostiene la stessa speranza cristiana che sostenne gli apostoli, testimoni della resurrezione. Che questa testimonianza rafforzi la nostra e che Giacomo interceda per noi affinché, accogliendo sempre con amore e gratitudine i disegni del Padre, senza dover occupare i primi posti, il Signore ci faccia sedere alla sua destra nel suo Regno nel giorno della sua manifestazione gloriosa.

© L'Osservatore Romano 26 luglio 2011

domenica 24 luglio 2011

Ricordo di Mons. Ferdinando Lambruschini nel 30° Anniversario della morte (25 luglio 1981 - 25 luglio 2011)



Ferdinando Lambruschini

Arcivescovo di Perugia
Vescovo di Città della Pieve



SIGNORE, TI RINGRAZIO
di avermi creato e redento,

di avermi fatto nascere in una famiglia cristiana,

di avermi fatto rinascere nell’acqua e nello Spirito Santo come tuo figlio,
fratello della tua Parola, il Verbo Incarnato, Gesù Cristo,

di avermi dato la vocazione al sacerdozio, affidandomi la stessa missione degli Apostoli,
dei quali mi hai fatto successore per la chiesa perugina e pievese.

Non mi hai risparmiato vicende dolorose.
Anche di queste ti ringrazio.

Mi affido alla infinita misericordia di Te,
che conosci e giudichi,
non soltanto le opere,
ma anche i pensieri.

(Da riflessioni personali inedite)




Mons. Ferdinando Lambruschini nacque a Sestri Levante il 12 Aprile 1911. Fu ordinato sacerdote il 7 Dicembre 1933, dopo aver compiuto gli studi nel Seminario di Sarzana e nell’Università Lateranense, presso la quale conseguì le lauree in Teologia e Diritto Canonico. Presso l’Università Statale di Genova si laureò in Filosofia.

Insegnante presso il Seminario Diocesano e nelle scuole statali di Sarzana e poi Parroco a Casarza Ligure dal 1946 al 1951, fu chiamato a Roma al S. Offizio. Dal 1957 al 1968 fu docente di Teologia Morale presso l’Università Lateranense. Dette un suo prezioso contributo al Concilio Ecumenico Vaticano II in qualità di perito.

L' 8 Dicembre 1968 fu consacrato Vescovo nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Il 15 Ottobre 1968 fu eletto Arcivescovo di Perugia, dove fece l’ingresso il 22 Dicembre.

Dal 3 Giugno 1977 è stato anche Vescovo di Città della Pieve.

E' tornato al Signore improvvisamente il 25 Luglio 1981 a Sestri Levante.

E' sepolto nella Cattedrale di Perugia, a fianco dei suoi immediati predecessori.

Risurrezione e fede cristiana. "Il seme più piccolo della storia" (Francesco Ventorino)



Risurrezione e fede cristiana

Il seme più piccolo della storia

«La fede cristiana — scrive Benedetto XVI in Gesù di Nazaret — sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere — una sorta di concezione religiosa del mondo —, ma la fede cristiana è morta». Il messaggio cristiano in questa prospettiva sarebbe abbandonato totalmente alla nostra interpretazione soggettiva e risulterebbe valido solo nella misura in cui ci convince. A questo è stato ridotto oggi il cristianesimo, e non meno dai cristiani che dai laici, volendolo rendere conforme alle esigenze della ragione.

Ma solo se Gesù è risorto «è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo». Infatti nella risurrezione di Gesù non si è trattato solo del miracolo di un cadavere rianimato, come nella risurrezione del giovane di Nain, della figlia di Giairo o di Lazzaro: essa ci interesserebbe solo fino a un certo punto. La risurrezione di Gesù — secondo le testimonianze neotestamentarie — è stata invece «l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò — una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini». Non è, dunque, un fatto che appartiene solo al passato: è una «mutazione decisiva», un «salto di qualità» dell’umano. «Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomini, una possibilità che interessa tutti e apre (...) un nuovo genere di futuro per gli uomini».

Con essa accade un avvenimento che riempie di significato la vita degli uomini, inizia una presenza in cui l’esistere comincia ad avere il suo compimento, anche se tale presenza, «condizione definitiva e differente», si pone ancora «nel bel mezzo del mondo vecchio che continua ad esistere». Si spiega così l’iniziale difficoltà a comprendere dei discepoli. Ma infine essi furono sopraffatti dalla realtà: «è veramente Lui; Egli vive e ci ha parlato, ci ha concesso di toccarlo, anche se non appartiene più al mondo di ciò che è normalmente è toccabile». Una esperienza del tutto incontestabile.

Nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, il vecchio Tiresia insegna al giovane Edipo che «essere cieco non è una disgrazia diversa dall’essere vivo», perché nel mondo non accade nulla di significativo, che valga la pena vedere, nulla a cui si possa dare il nome di bene o di male. «Tutte le cose sono un urto, non altro».

La risurrezione di Gesù si pone dentro il mondo come l’evento in cui ogni altro è riscattato dal non senso, trova consistenza e speranza di salvezza. Ma può veramente essere stato così? Possiamo noi moderni dar credito a una testimonianza del genere? Non è in contrasto con la scienza? La risposta del Papa sovverte queste domande: «Può veramente esserci solo ciò che esiste da sempre? Non può esserci la cosa inaspettata, inimmaginabile, la cosa nuova?». È come se sfidasse la ragione dell’uomo ad accogliere la suprema categoria del pensare, cioè l’apertura incondizionata alla realtà e a ogni possibilità: «Se Dio esiste, non può Egli creare anche una dimensione nuova della realtà umana?». E non è la creazione stessa, in fondo, attesa di questa ultima e più alta «mutazione», di questo definitivo «salto di qualità»? Ed essa non attende forse «l’unificazione del finito con l’infinito, l’unificazione tra l’uomo e Dio, il superamento della morte?».

Solo per una ragione in grado di aprirsi veramente — disponibile a riconoscere anche ciò che non aveva previsto né poteva prevedere — si compie la sua più intima attesa di un significato esauriente dell’esistenza. Certo, la risurrezione di Gesù è entrata nel mondo come qualcosa di «poco appariscente»: a prima vista, «è il seme più piccolo della storia». Reca tuttavia in sé le potenzialità infinite di Dio. E si giova della forza convincente della testimonianza cristiana che, con «coraggio assolutamente nuovo», dopo duemila anni si ripete: in essa albeggia quella condizione umana «definitiva e differente» iniziata nel Risorto. Così la risurrezione del Signore accade oggi.

© L'Osservatore Romano 23 luglio 2011

Benedetto XVI alla Recita dell'Angelus dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo (24 luglio 2011)



BENEDETTO XVI

ANGELUS

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Domenica, 24 luglio 2011


Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi, nella Liturgia, la Lettura dell’Antico Testamento ci presenta la figura del re Salomone, figlio e successore di Davide. Ce lo presenta all’inizio del suo regno, quando era ancora giovanissimo. Salomone ereditò un compito molto impegnativo, e la responsabilità che gravava sulle sue spalle era grande per un giovane sovrano. Per prima cosa egli offrì a Dio un solenne sacrificio – "mille olocausti", dice la Bibbia. Allora il Signore gli apparve in visione notturna e promise di concedergli ciò che avrebbe domandato nella preghiera. E qui si vede la grandezza d’animo di Salomone: egli non domanda una lunga vita, né ricchezze, né l’eliminazione dei nemici; dice invece al Signore: "Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1 Re 3,9). E il Signore lo esaudì, così che Salomone divenne celebre in tutto il mondo per la sua saggezza e i suoi retti giudizi.

Egli dunque pregò Dio di concedergli "un cuore docile". Che cosa significa questa espressione? Sappiamo che il "cuore" nella Bibbia non indica solo una parte del corpo, ma il centro della persona, la sede delle sue intenzioni e dei suoi giudizi. Potremmo dire: la coscienza. "Cuore docile" allora significa una coscienza che sa ascoltare, che è sensibile alla voce della verità, e per questo è capace di discernere il bene dal male. Nel caso di Salomone, la richiesta è motivata dalla responsabilità di guidare una nazione, Israele, il popolo che Dio ha scelto per manifestare al mondo il suo disegno di salvezza. Il re d’Israele, pertanto, deve cercare di essere sempre in sintonia con Dio, in ascolto della sua Parola, per guidare il popolo nelle vie del Signore, la via della giustizia e della pace. Ma l’esempio di Salomone vale per ogni uomo. Ognuno di noi ha una coscienza per essere in un certo senso "re", cioè per esercitare la grande dignità umana di agire secondo la retta coscienza operando il bene ed evitando il male. La coscienza morale presuppone la capacità di ascoltare la voce della verità, di essere docili alle sue indicazioni. Le persone chiamate a compiti di governo hanno naturalmente una responsabilità ulteriore, e quindi – come insegna Salomone – hanno ancora più bisogno dell’aiuto di Dio. Ma ciascuno ha la propria parte da fare, nella concreta situazione in cui si trova. Una mentalità sbagliata ci suggerisce di chiedere a Dio cose o condizioni di favore; in realtà, la vera qualità della nostra vita e della vita sociale dipende dalla retta coscienza di ognuno, dalla capacità di ciascuno e di tutti di riconoscere il bene, separandolo dal male, e di cercare pazientemente di attuarlo.

Chiediamo per questo l’aiuto della Vergine Maria, Sede della Sapienza. Il suo "cuore" è perfettamente "docile" alla volontà del Signore. Pur essendo una persona umile e semplice, Maria è una regina agli occhi di Dio, e come tale noi la veneriamo. La Vergine Santa aiuti anche noi a formarci, con la grazia di Dio, una coscienza sempre aperta alla verità e sensibile alla giustizia, per servire il Regno di Dio.


Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

Ancora una volta purtroppo giungono notizie di morte e di violenza. Proviamo tutti un profondo dolore per i gravi atti terroristici accaduti venerdì scorso in Norvegia. Preghiamo per le vittime, per i feriti e per i loro cari. A tutti voglio ancora ripetere l’accorato appello ad abbandonare per sempre la via dell’odio e a fuggire dalle logiche del male.

Saluto con particolare affetto i fedeli riuniti a Les Combes, che hanno partecipato alla Santa Messa presieduta dal Card. Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, presente nonostante il lutto familiare che lo ha colpito. Saluto e ringrazio il Vescovo di Aosta, il Rettor Maggiore dei Salesiani, come pure le Autorità civili e militari della Regione e i benefattori che hanno contribuito a rinnovare l’accogliente residenza. Ricordo con particolare affetto il tempo trascorso in quel luogo incantevole, plasmato dall’amore di Dio Creatore e santificato dalla presenza del Beato Giovanni Paolo II. Ai giovani e ai ragazzi della parrocchia del Beato Pier Giorgio Frassati di Torino e a tutti i villeggianti auguro una serena estate.

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones, ici à Castel Gandolfo, et tout spécialement les membres du camp international des Scouts de la région de Cluses. Dans l’évangile de ce dimanche, Jésus compare le Royaume de Dieu à un trésor caché dans un champ. Comment le découvrir et l’acquérir ? Nous sommes invités à profiter de ce temps des vacances pour rechercher Dieu et lui demander de nous libérer tout ce qui nous encombre inutilement. Demandons donc au Seigneur un cœur intelligent et sage qui saura le trouver. Que l’exemple de la Vierge Marie, nous aide ! Bon dimanche et bonnes vacances !

I am pleased to welcome the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. In today’s Gospel, the Lord urges us to see the Kingdom of God as the most important thing in our lives, a treasure which will last to life eternal. May we welcome Christ ever more fully into our hearts and allow his grace to transform our lives. Upon you and your families I cordially invoke the joy and peace of God’s heavenly Kingdom!

Gerne heiße ich alle deutschsprachigen Gäste beim Angelusgebet hier in Castel Gandolfo willkommen. In den Schrifttexten des heutigen Sonntags ist die Rede davon, daß es auf ein hörendes, ein verständiges Herz ankommt, das sich von Gottes Wort leiten läßt. Wer bereit ist, auf Gott zu hören, der findet den Weg zum rechten Leben; der entdeckt in Jesus Christus, dem menschgewordenen Wort Gottes, den wahren Schatz des Lebens. Der Herr lädt uns ein, ihm unser Herz zu öffnen, sein Wort in unserem Leben Gestalt werden zu lassen und die Freude seiner Gegenwart unseren Mitmenschen weiterzuschenken. Gottes Geist geleite euch allezeit.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. La parábola del tesoro escondido que escuchamos en el Evangelio de hoy, nos recuerda la importancia decisiva y suprema del Señor en nuestra vida, invitándonos a supeditar todo lo demás a este inefable tesoro que Dios ha puesto en nosotros. Que también en esta época veraniega nos cuidemos de fortalecer nuestra fe, sin disipar la atención en aspectos caducos. Que la Virgen María nos ayude a seguir incondicionalmente a su divino Hijo. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie obecnych tu Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy przypowieści o skarbie, o perle i o sieci. Przypominają one, że w życiu człowieka najważniejszą sprawą winna być troska o zdobycie królestwa niebieskiego. Jest to zachęta i zarazem nasze zadanie. Pamiętajmy o tym we wszystkich okolicznościach naszego życia: w czasie pracy, modlitwy i odpoczynku. Z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente i Polacchi qui presenti. Nel Vangelo di oggi ascoltiamo le parabole del tesoro nascosto, della perla preziosa e della rete. Esse ci ricordano che nella vita dell’uomo la cosa più importante è lo sforzo per acquistare il Regno del cieli. Questo è un invito e nello stesso tempo un nostro impegno. Ricordiamo questo in tutte le circostanze della nostra vita: durante il lavoro, durante la preghiera e nei momenti di riposo. Vi benedico di cuore.]

Desidero rivolgere infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai cresimandi e al gruppo catechistico della parrocchia di Sant’Egidio Abate in Latronico e alle Suore di Carità di Nostra Signora del Buono e Perpetuo Soccorso, riunite per il Capitolo Generale. A tutti estendo l’invito a seguire Gesù, il vero tesoro dell’esistenza quotidiana. Buona domenica a tutti. Grazie di cuore per le vostre preghiere. Il Signore vi benedica
.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana