Il ruolo dei vescovi
Accoglienza della Parola ed esegesi teologica
Da una meditazione tenuta dal cardinale prefetto della Congregazione per i Vescovi di fronte a trecento vescovi brasiliani riuniti, il 7 e 8 maggio scorsi, presso il santuario di Nostra Signora di Aparecida.
di Marc Ouellet
Cristo ha voluto che la sua Parola si trasmettesse essenzialmente con la mediazione del nostro ministero di vescovi. All’inizio, «ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Marco , 3, 14- 15). Il nostro ministero si compie dunque in unione con il collegio apostolico con a capo Pietro e i suoi successori. Si compie soprattutto nella potenza dello Spirito Santo, che garantisce l’unità del corpo apostolico con Cristo risorto. In virtù di questa chiamata e del carisma che l’accompagna, siamo posti «davanti alla comunità», nel senso che il vescovo è per la comunità una guida e un maestro. Ciò non impedisce a ogni vescovo di ripetere con sant’Agostino: «A considerare il posto che occupiamo, siamo vostri maestri, ma rispetto a quell’unico Maestro, siamo vostri condiscepoli e frequentiamo la stessa scuola». Mettiamoci pertanto all’ascolto della Parola di Dio nello Spirito del sinodo dell’ottobre 2008 e dell’esortazione apostolica Verbum Domini.
Fin dalle prime parole di questa esortazione siamo posti dinanzi all’orizzonte eterno della Parola e siamo invitati alla gioia della comunione trinitaria che essa ci fa condividere attraverso il mistero dell’Incarnazione: «La Parola del Signore rimane in eterno». È questa la Buona Novella che annunciamo come vescovi, consapevoli del dono inaudito che rappresenta e della gioia che semina.
Per annunciare la Buona Novella, che è il compito principale del vescovo, dobbiamo riscoprire che «ciò che nel quotidiano ormai diamo troppo per scontato, l’abbiamo colto nuovamente nella sua sublimità: il fatto che Dio parli, che Dio risponda alle nostre domande» (Verbum Domini, n. 4; cfr. Benedetto XVI, discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2008).
Alla base del nostro ministero della Parola c’è il rapporto molto intimo del vescovo con la Parola di Dio che durante l’ordinazione viene espresso simbolicamente dal libro dei Vangeli posato sulla testa dell’ordinando, subito dopo l’imposizione delle mani. Nonostante questo segno eloquente del nostro ministero profetico, ci mancano forse una convinzione più profonda e una coscienza più chiara dell’assistenza dello Spirito Santo. Forse siamo tentati di lasciare la spiegazione della Sacra Scrittura agli esperti e di sottovalutare il carisma d’interpretazione che ci viene dato in quanto vescovi. Non di rado questo atteggiamento dipende da un deficit più generale di pneumatologia nella formazione dei chierici e dei fedeli.
Eppure la Sacra Scrittura parla diffusamente della presenza dello Spirito Santo nella storia della salvezza e in particolare nella vita di Gesù, dal suo concepimento alla sua morte e alla sua resurrezione. Lo Spirito è disceso su di lui sotto forma di una colomba nel suo battesimo e l’ha accompagnato nel suo ministero fino alla sua ultima testimonianza. Avendo glorificato Cristo con la sua resurrezione dai morti, lo Spirito è ora il grande protagonista della missione della Chiesa. Si esprime attraverso testimoni scelti e dotati di carismi; li guida sulle orme del Verbo incarnato a partire dalla testimonianza delle Sacre Scritture. Ispira i discernimenti e le decisioni della Chiesa attraverso l’esercizio della collegialità episcopale cum et sub Petro .
Gli eventi della storia della salvezza, la loro interpretazione profetica e le Scritture che ne rendono testimonianza sono ispirati e guidati dallo «Spirito di verità» che conduce la Chiesa «alla verità tutta intera». San Giovanni Crisostomo afferma che la Scrittura «ha bisogno della rivelazione dello Spirito, affinché scoprendo il vero senso delle cose che vi si trovano racchiuse, ne ricaviamo un abbondante profitto». Per questo la liturgia della Chiesa, fin dall’antichità, invoca lo Spirito Santo al momento della proclamazione e dell’interpretazione della Parola di Dio: «Manda il tuo Santo Spirito Paraclito nelle nostre anime e facci comprendere le Scritture da lui ispirate; e concedi a me di interpretarle in maniera degna, perché i fedeli qui radunati ne traggano profitto».
Il vescovo chiamato al servizio della Parola dunque invoca spesso l’assistenza dello Spirito Santo. Come discepolo di Cristo, guarda a Maria, la serva perfetta della Parola, per imparare come cooperare con lo Spirito Santo. L’esortazione apostolica ha dato su questo punto un orientamento vigoroso e decisivo che fa meditare: «La nostra azione apostolica e pastorale non potrà mai essere efficace se non impariamo da Maria a lasciarci plasmare dall’op era di Dio in noi: l’attenzione devota e amorosa alla figura di Maria come modello e archetipo della fede della Chiesa, è di importanza capitale per operare anche oggi un concreto cambiamento di paradigma nel rapporto della Chiesa con la Parola, tanto nell’atteggiamento di ascolto orante quanto nella generosità dell’impegno per la missione e l’annuncio (Verbum Domini, n. 28). Alla luce della testimonianza della Serva della Parola, chiediamoci come dovremo esercitare meglio il nostro ministero profetico. Il concilio Vaticano II ha ripristinato il ministero della Parola come primo compito del vescovo e del sacerdote. Noi disponiamo ora di nuove conoscenze bibliche che possono aiutare la predicazione. Ma le conoscenze non bastano per fare un buon ministro della Parola. Occorre il soffio d’amore e la disponibilità di Maria a lasciarsi possedere dalla Parola. «Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Luca, 1, 38). Colmata della grazia divina, la Vergine Maria accoglie perfettamente la Parola nella sua fede immacolata. Il suo sì senza confini è pronunciato a nome della Chiesa, ma anche a nome di tutta l’umanità: «Per questo è necessario guardare là dove la reciprocità tra Parola di Dio e fede si è compiuta perfettamente, ossia a Maria Vergine, che con il suo sì alla Parola d’Alleanza e alla sua missione, compie perfettamente la vocazione divina dell’umanità» (Verbum Domini, n. 27, san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae III, q. 30, a. 1). Per questo il suo sì accompagna tutta la missione del Verbo incarnato, dal suo concepimento fino alla sua morte e alla sua resurrezione. Servire la Parola, nell’unità dello Spirito Santo, significa per Maria credere e lasciarsi fecondare da essa! Servire la Parola vuol dire per Maria molto più di parlare, predicare, esortare; vuol dire prima di tutto ascoltare, accogliere, amare, lasciarsi trasformare e divenire la dimora vivente e permanente della Parola, la Madre del Verbo di Dio e della Chiesa, Sponsa Verbi.
Il ministero profetico del vescovo affonda le sue radici nello stesso atteggiamento mariano di ascolto, di accoglienza e di disponibilità contemplativa che lascia agire lo Spirito. Ma richiede anche lo studio e l’approfondimento teologico della Parola di Dio. L’esegesi contemporanea ha analizzato a fondo l’origine e la composizione umana dei testi sacri, a rischio a volte di occultarne la dimensione divina e di seminare il dubbio e la confusione nei fedeli. La Verbum Domini chiede una rettifica e sposta l’accento su quella che Benedetto XVI chiama l’esegesi teologica della Sacra Scrittura. «I Padri sinodali hanno affermato giustamente che il frutto positivo apportato dall’uso della ricerca storico-critica moderna è innegabile. Tuttavia, mentre l’attuale esegesi accademica, anche cattolica, lavora ad alto livello per quanto riguarda la metodologia storico-critica, anche con le sue più recenti integrazioni, è doveroso esigere un analogo studio della dimensione teologica dei testi biblici, affinché progredisca l’approfondimento secondo i tre elementi indicati dalla costituzione dogmatica Dei Verbum » (Verbum Domini, n. 34).
Una simile esegesi comporta una nuova ricezione del numero 12 della costituzione Dei Verbum. Vi si invita l’esegeta a tener conto dell’unità della Sacra Scrittura, dell’insieme della tradizione e dell’analogia della fede. Una migliore applicazione di questi criteri d’interpretazione della Sacra Scrittura dovrebbe alimentare maggiormente la vita spirituale del popolo di Dio.
Si annuncia dunque una nuova era di esegesi teologica sotto il forte impulso di Benedetto XVI, che dà lui stesso l’esempio con il suo libro su Gesù di Nazaret. Il Santo Padre afferma in particolare che in «200 anni di lavoro esegetico, l’interpretazione storico-critica ha ormai dato ciò che di essenziale aveva da dare. Se la esegesi biblica scientifica non vuole esaurirsi in sempre nuove ipotesi diventando teologicamente insignificante, deve fare un passo metodologicamente nuovo e riconoscersi nuovamente come disciplina teologica, senza rinunciare al suo carattere storico» (Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione). Da parte mia, sono convinto che l’esempio di questo libro, completato dallo studio delle omelie di Benedetto XVI, ci aiuterà a rinnovare profondamente la nostra predicazione.
Qualunque sia il nostro talento di predicatori o di omelisti, la nostra parola dà al popolo di Dio il pane della Parola che nutre la sua fede. Essa dà anche il gusto e la gioia di partecipare al banchetto eucaristico, dove la vita di Dio ci viene donata in abbondanza.
Ricordiamo che il vescovo ha potere di convocazione; egli riunisce il popolo di Dio affinché Dio parli al suo popolo per mezzo di lui.
È un’eco immediata del cuore di Dio che vuole raggiungere attraverso il nostro cuore il cuore del suo popolo. Un simile servizio presuppone chiaramente che l’atteggiamento mariano di ascolto, di accoglienza, di disponibilità e di contemplazione assidua del Verbo di Dio abiti il cuore e l’anima del vescovo.
(© L'Osservatore Romano 2 luglio 2011)