martedì 11 maggio 2010

Caro Santo Padre, preghiamo la Madonna di Fatima perchè ti dia forza e coraggio...


Caro Santo Padre, preghiamo la Madonna di Fatima
perchè interceda per te e lo Spirito Santo ti dia forza e coraggio nel ricordarti che ci siamo anche noi fedeli e sacerdoti che vogliamo la celebrazione del Rito antico della Santa Messa nelle nostre Parrocchie.


Per il solo fatto che abbiamo richiesto ed ottenuto la celebrazione del Rito antico della Santa Messa in Latino i tuoi Pastori ci tengono fuori dell'ovile, ci escludono dalla nostra comunità disubbidendo le istruzioni del Motu Proprio Data Summorum Pontificum.

Il concedere la Messa in un ghetto fuori della Parrocchia è una forma grave e violenta, perché ci estranea completamente dalla nostra vita comunitaria in Parrocchia, e ci esclude del tutto da una assistenza spirituale e formativa. Siamo trattati come degli appestati che potrebbero diffondere una malattia grave e che possa diffondersi.

Un Parroco, un Vescovo non possono essere pastori veri (*) se non fanno un tentativo di accogliere non solo le pecorelle smarrite, ma anche i parrocchiani che vogliono entrare in Parrocchia ed invece viene loro chiusa la porta. Ma per quale motivo? Qual è il motivo per relegare lontano dalla Parrocchia la Messa Antica, quasi come fosse un sottoprodotto della liturgia cattolica, di dignità inferiore, e degna di essere frequentata solo da cattolici di dignità inferiore?

Ci appelliamo all’intercessione della Nostra Signora di Fatima


(*)
DOMINÌCA SECUNDA POST PASCHA - EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Ioánnem, 10, 11-16

In illo témpore: Dixit Iesus pharisæis: Ego sum pastor bonus. Bonus pastor ànimam suam dat pro óvibus suis. Mercenárius autem, et qui non est pastor, cuius non sunt oves própriæ, videt lupum veniéntem, et dimíttit oves, et fugit: et lupus rapit, et dispérgit oves: mercenárius autem fugit, quia mercenárius est, et non pértinet ad eum de óvibus. Ego sum pastor bonus: et cognósco meas, et cognóscunt me meæ. Sicut novit me Pater, et ego agnósco Patrem: et ánimam meam pono pro óvibus meis. Et álias oves hábeo, quæ non sunt ex hoc ovíli: et illas opórtet me addúcere, et vocem meam áudient et fiet unum ovile, et unus pastor.

In quel tempo Gesù disse: Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.


Dai Sermoni di S. Antonio:

«Pasci i miei agnelli» (Gv 21,15-16). Fa' attenzione al fatto che per ben tre volte è detto: «pasci», e neppure una volta «tosa» o «mungi». Se ami me per me stesso, e non te per te stesso, «pasci i miei agnelli» in quanto miei, non come fossero tuoi. Ricerca in essi la mia gloria e non la tua, il mio interesse e non il tuo, perché l'amore verso Dio si prova con l'amore verso il prossimo. Guai a colui che non pasce neppure una volta e poi invece tosa e munge tre o quattro volte. A costui «il re di Sodoma», cioè il diavolo, «dice: Dammi le anime, tutto il resto prendilo per te» (Gn 14,21), tieni cioè per te la lana e il latte, la pelle e le carni, le decime e le primizie. A un tale pastore, anzi lupo, che pasce se stesso, il Signore minaccia: «Guai al pastore, simulacro di pastore, che abbandona il gregge: una spada sta sopra il suo braccio e sul suo occhio destro; tutto il suo braccio si inaridirà e il suo occhio destro resterà accecato» (Zc 11,17).

Il pastore che abbandona il gregge affidatogli, è nella chiesa un simulacro di pastore, come Dagon, posto presso l'Arca del Signore (cf. 1Re 5,2); era un idolo, un simulacro: aveva cioè l'apparenza di un dio, ma non la realtà. Perché dunque occupa quel posto? Costui è veramente un idolo, un dio falso, perché ha gli occhi rivolti alle vanità del mondo, e non vede le miserie dei poveri; ha gli orecchi attenti alle adulazioni dei suoi ruffiani e non sente i lamenti e le grida dei poveri; tiene le narici sulle boccettine dei profumi, come una donna, ma non sente il profumo del cielo e il fetore della geenna; adopera le mani per accumulare ricchezze e non per accarezzare le cicatrici delle ferite di Cristo; usa i piedi per correre a rinforzare le sue difese e riscuotere i tributi, e non per andare a predicare la parola del Signore; e nella sua gola non c'è il canto di lode né la voce della confessione. Quale rapporto ci può essere tra la chiesa di Cristo e questo idolo marcio? «Cos'ha a che fare la paglia con il grano?» (Ger 23,28). «Quale intesa ci può mai essere tra Cristo e Beliar?» (2Cor 6,15).

Tutto il braccio di quest'idolo s'inaridirà per opera della spada del giudizio divino, perché non possa più fare il bene. E il suo occhio destro, cioè la conoscenza della verità, si oscurerà, perché non possa più distinguere la via della giustizia né per sé, né per gli altri. E questi due castighi, provocati dai loro peccati, si abbattono oggi su quei pastori della chiesa che sono privi del valore delle opere buone e non hanno la conoscenza della verità. E allora, ahimè, il lupo, cioè il diavolo, disperde il gregge (cf. Gv 10,12), e il predone, cioè l'eretico, lo rapisce.

Invece il Buon Pastore, che ha dato la vita per il suo gregge (cf. Gv 10,15), di esso sempre sollecito, avendolo comprato a sì caro prezzo, lo affida a Pietro dicendo: «Pasci i miei agnelli». Pascili con la parola della sacra predicazione, con l'aiuto della preghiera fervorosa e con l'esempio della santa vita". (SS. Pietr. e Paol., §4)