Messa secondo il rito straordinario in latino a Bologna
celebrata dal
Cardinale Carlo Caffarra
Cardinale Carlo Caffarra
di don Alfredo Morselli
BOLOGNA, martedì, 4 maggio 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Carlo Caffara, Arcivescovo di Bologna ha celebrato, domenica 2 maggio, la Santa Messa gregoriana, conosciuta anche come Messa di San Pio V, oppure Messa tridentina: si tratta dell'antica forma del rito romano che ha riacquistato pieno diritto di cittadinanza nella Chiesa, dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum, promulgato da Benedetto XVI.
L’Arcivescovo è stato accolto, sulla porta della chiesa parrocchiale di S. Maria della Pietà, dai quattro sacerdoti da lui stesso incaricati di celebrare la S. Messa gregoriana ogni domenica e in tutte le feste di precetto.
La chiesa era gremita di fedeli, circa quattrocento. Un dato questo significativo legato a un evento trascurato dai media locali.
Caffarra è stato infatti il primo Cardinale Vescovo residenziale italiano a celebrare secondo la forma antica del rito romano, da quando è entrata in vigore la riforma liturgica.
Numerosi i sacerdoti e i religiosi presenti. Il Cardinale Caffarra è entrato benedicendo i fedeli, mentre la schola intonava il Christus vincit a quattro voci. Il poporato si è poi recato in sacrestia per indossare i preziosi paramenti sacri settecenteschi conservati con cura dal parroco don Tiziano Trenti.
Ha quindi avuto inizio la processione introitale: l’Arcivescovo ha intonato il Vidi aquam e ha proceduto all'aspersione dei fedeli; quindi, commosso, ha scandito le parole che hanno dato l'inizio a tante Messe per oltre 15 secoli: Introibo ad altare Dei.
La schola, formata da membri della associazione Cenacolo della SS.ma Trinità di Rimini, nel frattempo, ha intonato il Salve festa dies e il Kyriale I Lux et origo, raccomandato per il tempo pasquale.
Molto attesa l'omelia, che non ha trattato problematiche particolari inerenti all'applicazione del motu proprio. Questo approccio è indice di una impostazione che sicuramente è cara al Pontefice: la Messa tridentina deve essere una Messa normale, a fianco del nuovo rito, per cui non c'è altro da fare che spiegare il Santo Vangelo.
"Cari fratelli e sorelle – ha esordito l'Arcivescovo –, il processo intentato a Gesù non si è concluso colla condanna a morte emessa da Pilato. Anzi, esso accade anche oggi, sotto i nostri occhi, e ciascuno di noi ne è coinvolto”.
L’aula in cui si svolge – ha continuato - è “il mondo: la storia cioè e la vita degli uomini. Quale è la materia del contendere? Se Cristo sia credibile nella sua 'pretesa' di essere l’unico salvatore; se Cristo alla fine ha ricevuto o non il riconoscimento della sua giustizia da parte di Dio; se l’ultima parola la dirà il 'principe di questo mondo'".
La celebrazione ha avuto poi il suo corso, senza fretta: le parole scandite con devozione, i canti gregoriani e polifonici, il profumo dell'incenso... ecco il suppositum su cui la grazia ha potuto agire e creare un memorabile evento.
Il Cardinale Caffarra, che è già intervenuto nella sua diocesi proibendo la Comunione in mano nei luoghi in cui sarebbe stata più facile la dissacrazione delle Sacre Specie, si è sicuramente rallegrato nel vedere tantissimi giovani comunicarsi devotamente in ginocchio.
Al termine della Messa l’Arcivescovo si è intrattenuto con i presenti, complimentandosi con i ministranti (di Rimini e di Bologna) e con il coro: "Bravi, ottima esecuzione: veramente chi canta come voi prega due volte".
Dopo la celebrazione, un gruppo di fedeli e alcuni sacerdoti che avevano partecipato al rito, si sono ritrovati per una agape fraterna presso la parrocchia di Stiatico, dove la S. Messa gregoriana viene celebrata anche nei giorni feriali. Pieni di sentimenti di ringraziamento al Signore, si sono messe in cantiere nuove iniziative.
Tra le considerazioni emerse nella discussione, è stata espressa da parte di tutti la stima per un umile Pastore, che, dopo 40 anni che non celebrava la Messa di San Pio V, pur tra gli impegni del governo della Diocesi, la visita pastorale e mille udienze, ha trovato il tempo di ristudiare la Messa antica come se fosse un seminarista.