Il sostituto della Segreteria di Stato celebra la messa a Ozieri
Vicino al Papa in un ascolto di fede
Il sostituto della Segreteria di Stato ha presieduto una celebrazione eucaristica nel pomeriggio di giovedì 30 settembre, nella cattedrale di Ozieri, sua diocesi di origine. Con il presule hanno concelebrato sette vescovi della Sardegna e tutto il clero diocesano, alla presenza di numerosi fedeli. Pubblichiamo integralmente l’omelia dell’arcivescovo, riportata in parte sul quotidiano.
Cari fratelli e sorelle,
desidero anzitutto rivolgere un pensiero di gratitudine a tutti Voi qui convenuti. Ringrazio in primo luogo S.E. Mons. Sergio Pintor per l’invito rivoltomi a presiedere questa solenne celebrazione eucaristica, all’inizio del ministero cui il Santo Padre ha voluto chiamarmi come suo stretto collaboratore, in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato.
Saluto con affetto i confratelli Vescovi, gli amatissimi sacerdoti, religiose, seminaristi e tutti voi, cari fedeli. Un pensiero di cordiale ossequio rivolgo ai Signori Presidenti della Provincia di Sassari e di Tempio-Olbia, ai Signori Sindaci del territorio, in particolar modo al Sindaco di Ozieri, il Sig. Leonardo Ladu, che ringrazio vivamente per le sue affettuose parole di benvenuto.
Mi trovo dal 1984 a servizio della Santa Sede. Questo mi ha portato a conoscere da vicino tante Chiese locali, contribuendo a mantenere saldi e visibili i legami di comunione tra esse e il Santo Padre. Con vari compiti ho prestato servizio nelle Rappresentanze Pontificie in Repubblica Centroafricana, Sudan, Nuova Zelanda, Liberia, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d'America, Angola, Sao Tomè e Principe, Cuba. Questo mi ha permesso di allargare sempre più il cuore, fino ad abbracciare il mondo intero, senza mai dimenticare questa mia carissima terra sarda, dalla quale sono partito e alla quale torno come alla mia prima indimenticabile Chiesa locale, alla quale sono e sempre rimarrò legato.
Nel varcare la soglia di questa Cattedrale i ricordi si fanno vivi e riconoscenti. E’ questa la Chiesa Madre da cui sgorga la fonte della vita sacramentale e l’autorevole ministero dottrinale del Vescovo. Qui l’azione dello Spirito si è fatta concreta nei Pastori che hanno inciso sulla mia vita: Mons. Cogoni, il Vescovo della mia infanzia e giovinezza, dal quale ho ricevuto il sacramento dell’Ordine sacro, Mons. Pisanu che mi fu esempio di saggezza e bontà e che si fece strumento della mia chiamata ad inoltrarmi nel servizio della Santa Sede, Mons. Sanguinetti, del quale rimane vivo e indimenticabile il generoso zelo apostolico e che fu mio con-cosacrante nell’ordinazione episcopale, e infine l’attuale Pastore, Mons. Pintor, che da subito mi ha manifestato amicizia e affetto, di cui è un segno questa solenne celebrazione. Tra i Vescovi, anche se lo è diventato in seguito, non posso non menzionare Mons. Dettori, il quale fu stimato parroco di questa Cattedrale, ove da giovane prete amavo venire per spendere il mio tempo libero dal seminario in attività pastorali, condividendo indimenticabili momenti spirituali ed ecclesiali.
L’essere in questa Cattedrale mi porta ad unirmi spiritualmente alle comunità diocesane di cui i confratelli Vescovi qui presenti sono Pastori. Mi inchino di fronte alle loro responsabilità e al loro zelo di uomini appassionati nella costruzione del Regno di Dio.
Come accennavo – è questo il motivo per cui questa sera siamo riuniti in preghiera – da pochi mesi il Santo Padre mi ha chiamato vicino a Sé per collaborare direttamente con Lui, a servizio della sua missione pastorale universale. In questo nuovo compito, le parole di Gesù nel Vangelo odierno “Chi ascolta voi ascolta me”, acquistano in me una risonanza tutta particolare. Esse mi pongono davanti al Papa in un ascolto di fede più intenso e attento: nella sua parola, nei suoi orientamenti ascolto la voce del Signore che continua a farsi Guida e Pastore del suo popolo.
Ci rendiamo conto che spesso, in una società senza padri né guide sicure, anche la persona del Papa tende ad essere messa in un angolo, e la sua parola ridotta ad una opinione, posta accanto alle tante altre opinioni. Tuttavia, le immagini delle folle dei giovani che hanno acclamato Papa Benedetto a Madrid e dei suoi stessi connazionali che la settimana scorsa gli hanno tributato affetto e riconoscenza, contro le pessimistiche previsioni della vigilia, ci devono far riflettere e convincerci che l’amore verso il Papa e la Chiesa torna di moda e che le nuove generazioni non hanno vergogna di manifestarlo pubblicamente. Talvolta è purtroppo tra i credenti che dobbiamo lamentare come la persona del Papa non sia sempre tenuta nella considerazione che è domandata dal progetto di Cristo sulla sua Chiesa. Se è vero che chi pensa Cristo senza la Chiesa pensa ad una persona immaginaria, mai esistita, è altrettanto vero che chi pensa la Chiesa senza Pietro, pensa ad una realtà che non è quella voluta da Cristo. “Chi abbandonerà la cattedra di Pietro, sulla quale è fondata la Chiesa – si domandava Cipriano già a metà del III secolo –, penserà di essere ancora nella Chiesa?”1.
Pietro è la roccia posta da Gesù come fondamento della Chiesa. “Tu sei Pietro – affermava papa Leone Magno parafrasando le parole di Cristo –, cioè, pur essendo io la pietra irremovibile, la pietra angolare che dei giudei e dei pagani faccio un solo popolo... tuttavia anche tu sei pietra, perché sei consolidato dalla stessa forza, così che, ciò che io posseggo in virtù della potestà, tu l’abbia in comune con me per partecipazione... Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Sulla solidità di questa pietra costruirò un tempio eterno...”2. Come non ricordare in proposito la celebre espressione di Sant’Ambrogio: “Dov’è Pietro, lì è la Chiesa...”? 3. Si comprende la verità dell’espressione non soltanto affettiva, ma teologica, con la quale Caterina da Siena si rivolgeva al successore di Pietro quale “Dolce Cristo in terra”4.
Verrebbe da chiedersi: come è conciliabile una missione così alta con uomini per certi aspetti così deboli? Benedetto XVI è consapevole di essere “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”, come ebbe a dire nel suo primo saluto dalla Loggia centrale della Basilica di san Pietro. Come non cogliere, in questo scarto tra la vastità della missione e la fragilità degli strumenti scelti per condurla a termine, la logica di Dio, che “sceglie ciò che nel mondo è debole... perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”?5.
L’unica condizione richiesta a Pietro e ai suoi successori per pascere il popolo di Dio è amare di più: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” 6. “Quel ‘più’ – disse Paolo VI –... esige e suscita... un primato d’amore... Al primato d’autorità, già conferito a Simon Pietro, Gesù vuole che corrisponda un primato di carità”7. Si tratta di un amore simile a quello del Buon Pastore, che giunge a dare la vita per le sue pecore, al martirio.
Quando penso a Benedetto XVI, quando lo incontro personalmente, quando lo accompagno nei faticosi viaggi, nella fragilità della sua persona sento il suo amore appassionato per Cristo e la sua Chiesa, come pure la saldezza della roccia. Sento la verità dell’affermazione di Leone Magno: “La fermezza che Pietro ha ricevuto da Cristo, dal quale è stato costituito, si trasmette anche ai suoi eredi”8, sino all’attuale Pontefice.
Guardo Benedetto XVI e vedo la lunga successione che lo riporta su quella prima roccia che è Pietro, fino alla pietra angolare che è Cristo. Come sono appropriate le parole di sant’Agostino: “Se si dovesse considerare la successione regolare dei vescovi, che si succedono uno dopo l’altro, con tanta maggiore certezza e vantaggio dovremmo cominciare a contare dallo stesso Pietro, al quale, come rappresentante di tutta la Chiesa, il Signore disse: ‘Su questa pietra edificherò la mia Chiesa...’. A Pietro infatti successe Lino, a Lino Clemente, a Clemente Anacleto, ad Anacleto Evaristo, ad Evaristo Sisto, a Sisto Telèsforo, a Telèsforo Iginio...” e prosegue elencando tutti i successori fino ad Anastasio9. Noi possiamo proseguire elencando Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, fino al nostro Benedetto XVI.
In questa epoca di smarrimento e di mancanza di sicuri riferimenti dottrinali ed etici, la vicinanza con il Santo Padre mi consente di prendere maggiore coscienza anche del suo fondamentale carisma magisteriale. Le chiavi che ha ricevuto indicano anche il potere di dare l’interpretazione autentica della legge di Gesù. È dunque Pietro che prima d’ogni altro dovrà compiere il mandato di Gesù, di “insegnare” ad osservare tutto ciò che egli ha comandato10. Gesù gli ha affidato il compito di confermare i fratelli, gli altri apostoli, pregando che non venisse meno la sua fede11.]]]
Al carisma petrino, Benedetto XVI associa anche il personale carisma di dottore, di teologo, forse perché in questo momento la Chiesa e la società intera hanno bisogno di chi non soltanto riproponga la verità, ma mostri allo stesso tempo la capacità della mente umana di cercarla e di accoglierla, coniugando insieme fede e ragione. “Io penso – ha affermato in Santo Padre al riguardo – che Dio, scegliendo come Papa un professore, abbia voluto mettere in risalto proprio questo elemento della riflessività e della lotta per l’unità tra fede e ragione”.
Benedetto XVI continua la missione di Pietro, l’uomo dell’amore più grande, e insieme l’uomo che conferma nella verità. La prima enciclica ha significativamente richiamato il primato dell’amore che proviene dall’unica sua sorgente divina: “Deus Caritas est”. L’ultima enciclica ha mostrato che l’amore è verità: “Caritas in veritate”.
“La verità va cercata, trovata ed espressa nell'‘economia’ della carità – dice il Papa - ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. In questo modo – egli continua - non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale. (…) Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. (…) Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività”12.
In queste parole sta forse la cifra del pontificato di Benedetto XVI: servire alla carità, illuminata dalla verità e insieme “accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale”.
Una missione esigente e spesso incompresa, eppure illuminata e illuminante. Il concetto di verità oggi è talmente travisato da suscitare sospetto, divenendo quasi sinonimo di intolleranza. Tuttavia, come si esprime il Papa, “mettere semplicemente da parte la verità perché ritenuta irraggiungibile ha effetti veramente devastanti”13. Di qui la sua lotta dichiarata alla “dittatura del relativismo”, che lascia come ultima misura del tutto solo il proprio io e le sue passioni, ma anche la fiducia nell’uomo come “capace di verità” e quindi la passione per la ricerca della verità, non tanto al fine di possederla, cosa impossibile perché essa sempre ci trascende, ma per esserne posseduti. La missione di Benedetto XVI sembra proprio essere, come ha scritto nell’ultima Enciclica: “Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita” mediante “forme esigenti e insostituibili di carità”14.
Pure su di noi incombono le forti parole di Gesù appena ascoltate nel Vangelo, quando si rivolge alle città di Corazìn, Betsàida, Tiro, Sidòne, Cafàrnao: “Guai a te, perché non hai ascoltato…”. Non si può far ignorare, far tacere, non accogliere la verità, la cui pienezza si è manifestata in Colui che ha detto “Io sono la Verità”. In Lui – il Cristo –, la carità nella verità è il Volto stesso della sua Persona, e ciò diviene per noi vocazione ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto”15.
Ricordando il momento nel quale Gesù si definisce la Verità e il testimone della verità, il Santo Padre fa notare il modo con cui Egli difende la verità: “non con le legioni, ma la rende visibile attraverso la sua passione e con essa la rende operante”16. Non sta anche Benedetto XVI pagando la difesa della verità con la sua passione? Per questo vogliamo essergli particolarmente vicini e fargli sentire vicinanza e solidarietà, condividendo con lui l’umile e insieme fermo annuncio della verità, che è amore vissuto e testimoniato.
Potremo così riportare Dio nel cuore della storia, come Egli stesso ci chiede: “Credo che oggi (…) il nostro grande compito sia in primo luogo quello di rimettere di nuovo in luce la priorità di Dio. La cosa importante, oggi, è che si veda di nuovo che Dio c’è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può anche essere razionale quanto si vuole, ma l’uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità; e così crolla l’essenziale. Ecco perché credo che l’accento nuovo che oggi dobbiamo porre è la priorità della questione di Dio” 17 .
Su di noi Vescovi, chiamati ad essere Maestri della fede, ricade la responsabilità di poter rispondere alle attese del Santo Padre.
Anche nella nostra Isola, un tempo terra esente da correnti agnostiche e secolarizzanti, soffia il vento dell’indifferentismo religioso e del relativismo morale. Su di Voi Pastori, ai quali è stato affidato il compito di guidare il gregge di Cristo, incombe la responsabilità di predicare “opportune et inopportune”, di mostrare amore incondizionato e generoso verso i vostri sacerdoti e fedeli, ai quali con coraggio e chiarezza dovrete spezzare il pane della verità. Uniti al Papa e “sub Petro” troverete la forza e le parole per essere guide certe e autorevoli.
Lo spezzare il pane della verità non dovrà essere disgiunto dalla vostra passione per solidarizzare ed elevare la voce in favore delle nostre genti, colpite da una grave crisi economica che investe tutti i settori e in particolar modo l’agro pastorale, edilizio e industriale e che relega la Sardegna tra le Regioni di Italia più povere. Piange il cuore sapere e vedere migliaia di giovani lasciare definitivamente l’Isola per cercare altrove quanto avrebbero dovuto trovare nei loro paesi natii. Siate di stimolo attento e rispettoso verso chi tiene in mano le sorti politiche della nostra terra, affinché si faccia di tutto per riservare un futuro migliore al popolo sardo.
Da parte, mia continuerò ad avere a cuore le sorti del nostro popolo e condividere con voi le preoccupazioni per la sua crescita spirituale, socio-culturale ed economica.
A conclusione di queste mie parole, mi permetto di chiedere la vostra preghiera per essere all’altezza del compito che mi ha affidato il Santo Padre e per essere una persona credente e coraggiosa come Egli mi vuole, in modo che anch’io, insieme a lui, possa rispondere a Gesù che mi chiede se lo amo: “Tu sai tutto di me, tu sai che ti amo”.
Che Maria, la dolce Immacolata venerata in questa Cattedrale e alla quale da seminarista e sacerdote spesso ho elevato lo sguardo per trarre ispirazione e conforto, mi aiuti a tenere fede al mio impegno di amore totale a Cristo e al suo Vicario. Sia Lei, Madre della Chiesa, a proteggere ognuno di noi e a condurci in quel cammino che porta a Cristo, Via,Verità e Vita, al quale sia gloria per sempre. Amen.
1 Cipriano, L’unità della Chiesa, 4.
2 Leone Magno, Serm., 4, 2, PL 54, 150.
3 Exp. in Ps., 40, 30, PL 14, 1134.
4 Lettera 185, in Epistolario, I, Alba 1966, p. 43.
5 1 Cor 1, 27-29.
6 Cf. Gv 21, 15-17.
7 Insegnamenti di Paolo VI, III, 1965, pp. 1110-1111.
8 Serm., 5, 4, PL 54, 155.
9 Epistolae, 53, 2 , PL 33, 196.
10 Cf. Mt 28, 20.
11 Cf. Lc 22, 31-32.
12 Caritas in veritate 2, 4.
13 Luce del mondo, Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, Libreria Editrice Vaticana, 2010, p. 80.
14 Caritas in veritate, 1.
15 Ibidem.
16 Luce del mondo, p. 81.
17 Ibidem, p. 100.
© L'Osservatore Romano 2 ottobre 2011