28 DICEMBRE
Martiri
Festa
I calendari liturgici orientali e occidentali hanno tutti questa festa. Nell’anno liturgico, che si snoda secondo la narrazione cronologica dei fatti evangelici, il racconto della «strage degli innocenti» (Mt 2,13-18) ha trovato la sua logica collocazione accanto al mistero del Natale. La festa e il culto dei santi Innocenti che «confessarono Cristo non con la parola, ma con la loro morte», ci ricorda che il martirio prima di essere un omaggio dell’uomo al suo Dio, è una grazia, un dono gratuito del Signore. Lodare Dio per il sangue di bambini innocenti non appare più un assurdo a chi sa guardare con fede l’Agnello, Gesù Cristo, trionfatore d’ogni male.
I primi capitoli del vangelo di Matteo sottolineano uno dei suoi temi principali: presentare il Cristo come il nuovo Mosè, che ha il diritto di discutere la legge e di dispensare da essa i suoi discepoli. Per questo, Matteo sceglie quelle tradizioni dell’infanzia di Gesù che consentono di stabilire un parallelo fra Cristo e Mosè. La loro nascita coincide con una strage di bambini ebrei (Es 1,8—2,10 e Mt 2,13-18), ambedue vanno in Egitto (Es 3,10 e Mt 2,13-14), ambedue attuano la parola «dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2,15; Os 11,1; Es 12,37-42). Il racconto di Matteo non pone dunque l’accento sulla strage propriamente detta ma piuttosto sulla vocazione del nuovo Mose che e gia tratteggiata dagli avvenimenti della sua infanzia.
I primi capitoli del vangelo di Matteo sottolineano uno dei suoi temi principali: presentare il Cristo come il nuovo Mosè, che ha il diritto di discutere la legge e di dispensare da essa i suoi discepoli. Per questo, Matteo sceglie quelle tradizioni dell’infanzia di Gesù che consentono di stabilire un parallelo fra Cristo e Mosè. La loro nascita coincide con una strage di bambini ebrei (Es 1,8—2,10 e Mt 2,13-18), ambedue vanno in Egitto (Es 3,10 e Mt 2,13-14), ambedue attuano la parola «dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2,15; Os 11,1; Es 12,37-42). Il racconto di Matteo non pone dunque l’accento sulla strage propriamente detta ma piuttosto sulla vocazione del nuovo Mose che e gia tratteggiata dagli avvenimenti della sua infanzia.
Non parlano ancora e già confessano Cristo
Dai «Discorsi» di san Quodvultdeus, vescovo.
(Disc. 2 sul Simbolo; PL 40, 655)
(Disc. 2 sul Simbolo; PL 40, 655)
Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano guidati dalla stella e giungono a Bet1emme per adorare colui che giace nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano a Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nell’altra.
Che cosa temi, o Erode, ora the hai sentito the è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini.
Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l’uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi.
I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza.
Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio.
O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria.
Che cosa temi, o Erode, ora the hai sentito the è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini.
Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l’uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi.
I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza.
Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio.
O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria.