UDIENZA GENERALE
BENEDETTO XVI
Aula Paolo VI
Mercoledì, 9 dicembre 2009
BENEDETTO XVI
Aula Paolo VI
Mercoledì, 9 dicembre 2009
Ruperto di Deutz
Cari fratelli e sorelle,
oggi facciamo conoscenza di un altro monaco benedettino del dodicesimo secolo. Il suo nome è Ruperto di Deutz, una città vicina a Colonia, sede di un famoso monastero. Ruperto stesso parla della propria vita in una delle sue opere più importanti, intitolata La gloria e l’onore del Figlio dell’uomo, che è un commento parziale al Vangelo di Matteo. Ancora bambino, egli fu accolto come “oblato” nel monastero benedettino di San Lorenzo a Liegi, secondo l’usanza dell’epoca di affidare uno dei figli all’educazione dei monaci, intendendo farne un dono a Dio. Ruperto amò sempre la vita monastica. Apprese ben presto la lingua latina per studiare la Bibbia e per godere delle celebrazioni liturgiche. Si distinse per l’integerrima dirittura morale e per il forte attaccamento alla Sede di san Pietro.
I suoi tempi erano segnati da contrasti tra il Papato e l’Impero, a causa della cosiddetta “lotta delle investiture”, con la quale - come ho accennato in altre Catechesi - il Papato voleva impedire che la nomina dei Vescovi e l’esercizio della loro giurisdizione dipendessero dalle autorità civili, che erano guidate per lo più da motivazioni politiche ed economiche, non certo pastorali. Il Vescovo di Liegi, Otberto, resisteva alle direttive del Papa e mandò in esilio Berengario, abate del monastero di San Lorenzo, proprio per la sua fedeltà al Pontefice. In tale monastero viveva Ruperto, il quale non esitò a seguire il suo Abate in esilio e solo quando il Vescovo Otberto rientrò in comunione con il Papa fece ritorno a Liegi e accettò di diventare sacerdote. Fino a quel momento, infatti, aveva evitato di ricevere l’ordinazione da un Vescovo in dissenso con il Papa. Ruperto ci insegna che quando sorgono controversie nella Chiesa, il riferimento al ministero petrino garantisce fedeltà alla sana dottrina e dona serenità e libertà interiore. Dopo la disputa con Otberto, egli dovette abbandonare il suo monastero ancora due volte. Nel 1116 gli avversari lo vollero addirittura processare. Benché assolto da ogni accusa, Ruperto preferì recarsi per un certo tempo a Siegburg, ma poiché le polemiche non erano ancora cessate quando fece ritorno nel monastero di Liegi, decise di stabilirsi definitivamente in Germania. Nominato abate di Deutz nel 1120, vi rimase fino al 1129, anno della sua morte. Se ne allontanò solo per un pellegrinaggio a Roma, nel 1124.

Un’altra controversia, nella quale l’abate di Deutz fu coinvolto, riguarda il problema della conciliazione della bontà e dell’onnipotenza di Dio con l’esistenza del male. Se Dio è onnipotente e buono, come si spiega la realtà del male? Ruperto infatti reagì alla posizione assunta dai maestri della scuola teologica di Laon, che con una serie di ragionamenti filosofici distinguevano nella volontà di Dio l’“approvare” e il “permettere”, concludendo che Dio permette il male senza approvarlo e, dunque, senza volerlo. Ruperto, invece, rinuncia all’uso della filosofia, che ritiene inadeguata di fronte a un problema così grande, e rimane semplicemente fedele alla narrazione biblica. Egli parte dalla bontà di Dio, dalla verità che Dio è sommamente buono e non può che volere il bene. Così egli individua l’origine del male nell’uomo stesso e nell’uso sbagliato della libertà umana. Quando Ruperto affronta questo argomento, scrive delle pagine piene di afflato religioso per lodare la misericordia infinita del Padre, la pazienza e la benevolenza di Dio verso l’uomo peccatore.

Ruperto, inoltre, ha cura di inserire la sua dottrina mariologica in quella ecclesiologica. In altri termini, egli vede in Maria santissima la parte più santa della Chiesa intera. Ecco perché il mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, nel discorso di chiusura della terza sessione del Concilio Vaticano II, proclamando solennemente Maria Madre della Chiesa, citò proprio una proposizione tratta dalle opere di Ruperto, che definisce Maria portio maxima, portio optima – la parte più eccelsa, la parte migliore della Chiesa (cfr In Apocalypsem 1.7, PL 169,1043).
Cari amici, da questi rapidi accenni ci accorgiamo che Ruperto è stato un teologo fervoroso, dotato di grande profondità. Come tutti i rappresentanti della teologia monastica, egli ha saputo coniugare lo studio razionale dei misteri della fede con l’orazione e con la contemplazione, considerata il vertice di ogni conoscenza di Dio. Egli stesso parla qualche volta delle sue esperienze mistiche, come quando confida l’ineffabile gioia di aver percepito la presenza del Signore: “In quel breve momento – egli afferma – ho sperimentato quanto sia vero ciò che egli stesso dice: Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (De gloria et honore Filii hominis. Super Matthaeum 12, PL 168, 1601). Anche noi possiamo, ognuno nel suo modo proprio, incontrare il Signore Gesù, che incessantemente accompagna il nostro cammino, si fa presente nel Pane eucaristico e nella sua Parola per la nostra salvezza.
Come altri teologi del Medioevo, anche Ruperto si domandava: perché il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, si è fatto uomo? Alcuni, molti, rispondevano spiegando l’incarnazione del Verbo con l’urgenza di riparare il peccato dell’uomo. Ruperto, invece, con una visione cristocentrica della storia della salvezza, allarga la prospettiva, e in una sua opera intitolata La glorificazione della Trinità sostiene la posizione che l’Incarnazione, evento centrale di tutta la storia, era stata prevista sin dall’eternità, anche indipendentemente dal peccato dell’uomo, affinché tutta la creazione potesse dare lode a Dio Padre e amarlo come un’unica famiglia radunata attorno a Cristo, il Figlio di Dio. Egli vede allora nella donna incinta dell’Apocalisse l’intera storia dell’umanità, che è orientata a Cristo, così come il concepimento è orientato al parto, una prospettiva che sarà sviluppata da altri pensatori e valorizzata anche dalla teologia contemporanea, la quale afferma che tutta la storia del mondo e dell’umanità è concepimento orientato al parto di Cristo. Cristo è sempre al centro delle spiegazioni esegetiche fornite da Ruperto nei suoi commenti ai Libri della Bibbia, ai quali si dedicò con grande diligenza e passione. Egli ritrova così un’unità mirabile in tutti gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione sino alla consumazione finale dei tempi: “Tutta la Scrittura”, egli afferma, “è un solo libro, che tende allo stesso fine [il Verbo divino]; che viene da un solo Dio e che è stato scritto da un solo Spirito” (De glorificatione Trinitatis et processione Sancti Spiritus I,V, PL 169, 18).