sabato 17 luglio 2010

XVI DOMENICA DEL T.O. Anno C - DOMÍNICA VIII POST PENTECOSTEN - 18 luglio 2010


MISSALE ROMANUM
Domenica, 18 Luglio 2010



VANGELO
Dal Vangelo secondo Luca Lc 10, 38-42

In quel tempo,mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».



EVANGÉLIUM
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam, 16, 1-9

In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis parábolam hanc: Homo quídam erat dives, qui habébat víllicum: et hic diffamátus est apud illum, quasi dissipásset bona ipsius. Et vocávit illum, et ait illi: Quid hoc áudio de te? redde ratiónem villicatiónis tuæ: iam enim non póteris villicáre. Ait áutem víllicus intra se: Quid fáciam, quia dóminus meus áufert a me villicatiónem? fódere non váleo, mendicáre erubésco. Scio quid fáciam, ut, cum amótus fúero a villicatióne, recípiant me in domus suas. Convocátis ítaque síngulis debitóribus dómini sui, dicébat primo: Quantum debes dómino meo? At ille dixit: Centum cados ólei. Dixítque illi: Accipe cautiónem tuam: et sede cito, scribe quinquagínta. Deinde álii dixit: Tu vero quantum debes? Qui ait: Centum coros trítici. Ait illi: Accipe lítteras tuas, et scribe octogínta. Et laudávit dóminus víllicum iniquitátis, quia prudénter fecísset: quia fílii huius sǽculi prudentióres fíliis lucis in generatióne sua sunt. Et ego vobis dico: fácite vobis amícos de mammóna iniquitátis: ut, cum defecéritis, recípiant vos in ætérna tabernácula.

In quel tempo: Gesú disse ai suoi discepoli questa parabola: Vi era un uomo ricco che aveva un fattore, e questi fu accusato presso di lui di avergli dissipato i beni. Allora lo chiamò e gli disse: Che cosa sento dire di te? réndimi conto del tuo operato, perché ormai non potrai piú essere mio fattore. Questi disse fra sé: Cosa farò poiché il padrone mi toglie la fattoria? Non posso zappare, mi vergogno di chiedere l’elemosina. Ma so quello che farò, affinché quando sarò cacciato dalla fattoria, possa essere accolto in casa altrui. Adunati quindi tutti i debitori del suo padrone, diceva al primo: Quanto devi al mio padrone? E questi: Cento orci d’olio. E il fattore: Prendi la tua obbligazione, siediti e scrivi: cinquanta. Poi disse a un altro: E tu, quanto devi? Cento staia di grano. E il fattore: Prendi la tua lettera e segna: ottanta. E il padrone lodò il fattore disonesto che aveva agito con astuzia, poiché i figli del secolo sono piú accorti, fra loro, dei figli della luce. E io dico a voi: fatevi degli amici con le ricchezze dell’iniquità, affinché, quando morrete, gli amici vi accolgano nelle loro eterne dimore.