giovedì 28 ottobre 2010

Benedetto XVI ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione Nordeste V) in visita "ad Limina Apostolorum"


DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
(REGIONE NORDESTE V)
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 28 ottobre 2010



Amati Fratelli nell'Episcopato,

"Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (2 Cor 1, 2). Desidero innanzitutto ringraziare Dio per il vostro zelo e per la vostra dedizione a Cristo e alla sua Chiesa che cresce nel regionale Nordeste 5. Leggendo le vostre relazioni, mi sono potuto rendere conto dei problemi di carattere religioso e pastorale, oltre che umano e sociale, con i quali vi dovete misurare ogni giorno. Il quadro generale ha le sue ombre, ma ha anche segnali di speranza, come monsignor Xavier Gilles mi ha appena riferito nel saluto che mi ha rivolto, esprimendo i sentimenti di tutti voi e del vostro popolo.

Come sapete, negli incontri che si sono succeduti con i diversi regionali della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, ho sottolineato i diversi ambiti e i rispettivi fattori del multiforme servizio evangelizzatore e pastorale della Chiesa nella vostra grande nazione; oggi vorrei parlarvi di come la Chiesa, nella sua missione di fecondare e di fermentare la società umana con il Vangelo, insegna all'uomo la sua dignità di figlio di Dio e la sua vocazione all'unione con tutti gli uomini, dalle quali derivano le esigenze della giustizia e della pace sociale, conformemente alla sapienza divina.
Intanto il dovere immediato di lavorare per un ordine sociale giusto è proprio dei fedeli laici che, come cittadini liberi e responsabili, s'impegnano a contribuire alla retta configurazione della vita sociale, nel rispetto della sua legittima autonomia e dell'ordine morale naturale (cfr. Deus caritas est, n. 29). Il vostro dovere come vescovi, insieme al vostro clero, è mediato, in quanto vi compete contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali necessarie per la costruzione di una società giusta e fraterna. Quando però i diritti fondamentali della persona o la salvezza delle anime lo esigono, i pastori hanno il grave dovere di emettere un giudizio morale, persino in materia politica (cfr. Gaudium et spes, n. 76).

Nel formulare tali giudizi, i pastori devono tener conto del valore assoluto di quei precetti morali negativi che dichiarano moralmente inaccettabile la scelta di una determinata azione intrinsecamente cattiva e incompatibile con la dignità della persona; tale scelta non può essere riscattata dalla bontà di nessun fine, intenzione, conseguenza o circostanza. Pertanto, sarebbe totalmente falsa e illusoria qualsiasi difesa dei diritti umani politici, economici e sociali che non comprendesse l'energica difesa del diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale (cfr. Christifideles laici, n. 38). Inoltre, nel quadro dell'impegno a favore dei più deboli e dei più indifesi, chi è più inerme di un nascituro o di un malato in stato vegetativo o terminale? Quando i progetti politici contemplano, in modo aperto o velato, la decriminalizzazione dell'aborto o dell'eutanasia, l'ideale democratico - che è solo veramente tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana - è tradito nei suoi fondamenti (cfr. Evangelium vitae, n. 74). Pertanto, cari Fratelli nell'episcopato, nel difendere la vita "non dobbiamo temere l'ostilità e l'impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo" (Ibidem, n. 82).

Inoltre, per aiutare meglio i laici a vivere il loro impegno cristiano e socio-politico in modo unitario e coerente, come vi ho detto ad Aparecida, è "necessaria una catechesi sociale ed un'adeguata formazione nella dottrina sociale della Chiesa, essendo molto utile per ciò il Compendio della dottrina sociale della Chiesa". (Discorso inaugurale della V Conferenza generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, n. 3). Ciò significa anche che, in determinate occasioni, i pastori devono pure ricordare a tutti i cittadini il diritto, che è anche un dovere, di usare liberamente il proprio voto per la promozione del bene comune (cfr. Gaudium et spes, n. 75).
Su questo punto politica e fede s'incontrano. La fede ha, senza dubbio, la natura specifica di incontro con il Dio vivo che apre nuovi orizzonti ben al di là dell'ambito proprio della ragione. "Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall'ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana" (Viaggio apostolico nel Regno Unito, Incontro con le autorità civili, 17-IX- 2010).

Una società può essere costruita solo rispettando, promuovendo e insegnando instancabilmente la natura trascendente della persona umana. Così Dio deve trovare "un posto anche nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica" (Caritas in veritate, n. 56). Per questo, amati Fratelli, unisco la mia voce alla vostra in un vivo appello a favore dell'educazione religiosa, e più concretamente dell'insegnamento confessionale e diversificato della religione, nella scuola pubblica statale.

Desidero anche ricordare che la presenza di simboli religiosi nella vita pubblica è allo stesso tempo memoria della trascendenza dell'uomo e garanzia del suo rispetto. Essi hanno un valore particolare nel caso del Brasile, dove la religione cattolica è parte integrante della sua storia. Come non pensare in questo momento all'immagine di Gesù Cristo con le braccia tese sulla baia di Guanabara che rappresenta l'ospitalità e l'amore con cui il Brasile ha sempre saputo aprire le sue braccia a uomini e donne perseguitati e bisognosi provenienti da tutto il mondo? Fu in questa presenza di Gesù nella vita brasiliana che essi s'integrarono armoniosamente nella società, contribuendo all'arricchimento della cultura, alla crescita economica e allo spirito di solidarietà e di libertà.

Amati Fratelli, affido alla Madre di Dio e Nostra Madre, invocata in Brasile con il titolo di Nossa Senhora Aparecida, questi auspici della Chiesa cattolica nella Terra della Santa Croce e di tutti gli uomini di buona volontà in difesa dei valori della vita umana e della sua trascendenza, insieme con le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne della provincia ecclesiastica del Maranhão. Affido tutti alla Sua materna protezione e a voi e al vostro popolo imparto la mia benedizione apostolica.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana





mercoledì 27 ottobre 2010

CATECHESI DEL SANTO PADRE ALL'UDIENZA GENERALE - 27 ottobre 2010


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 ottobre 2010



Santa Brigida di Svezia

Cari fratelli e sorelle,

nella fervida vigilia del Grande Giubileo dell’Anno Duemila, il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II proclamò santa Brigida di Svezia compatrona di tutta l’Europa. Questa mattina vorrei presentarne la figura, il messaggio, e le ragioni per cui questa santa donna ha molto da insegnare – ancor oggi – alla Chiesa e al mondo.

Conosciamo bene gli avvenimenti della vita di santa Brigida, perché i suoi padri spirituali ne redassero la biografia per promuoverne il processo di canonizzazione subito dopo la morte, avvenuta nel 1373. Brigida era nata settant’anni prima, nel 1303, a Finster, in Svezia, una nazione del Nord-Europa che da tre secoli aveva accolto la fede cristiana con il medesimo entusiasmo con cui la Santa l’aveva ricevuta dai suoi genitori, persone molto pie, appartenenti a nobili famiglie vicine alla Casa regnante.

Possiamo distinguere due periodi nella vita di questa Santa.

Il primo è caratterizzato dalla sua condizione di donna felicemente sposata. Il marito si chiamava Ulf ed era governatore di un importante distretto del regno di Svezia. Il matrimonio durò ventott’anni, fino alla morte di Ulf. Nacquero otto figli, di cui la secondogenita, Karin (Caterina), è venerata come santa. Ciò è un segno eloquente dell’impegno educativo di Brigida nei confronti dei propri figli. Del resto, la sua saggezza pedagogica fu apprezzata a tal punto che il re di Svezia, Magnus, la chiamò a corte per un certo periodo, con lo scopo di introdurre la sua giovane sposa, Bianca di Namur, nella cultura svedese.

Brigida, spiritualmente guidata da un dotto religioso che la iniziò allo studio delle Scritture, esercitò un influsso molto positivo sulla propria famiglia che, grazie alla sua presenza, divenne una vera “chiesa domestica”. Insieme con il marito, adottò la Regola dei Terziari francescani. Praticava con generosità opere di carità verso gli indigenti; fondò anche un ospedale. Accanto alla sua sposa, Ulf imparò a migliorare il suo carattere e a progredire nella vita cristiana. Al ritorno da un lungo pellegrinaggio a Santiago di Compostela, effettuato nel 1341 insieme ad altri membri della famiglia, gli sposi maturarono il progetto di vivere in continenza; ma poco tempo dopo, nella pace di un monastero in cui si era ritirato, Ulf concluse la sua vita terrena.

Questo primo periodo della vita di Brigida ci aiuta ad apprezzare quella che oggi potremmo definire un’autentica “spiritualità coniugale”: insieme, gli sposi cristiani possono percorrere un cammino di santità, sostenuti dalla grazia del Sacramento del Matrimonio. Non poche volte, proprio come è avvenuto nella vita di santa Brigida e di Ulf, è la donna che con la sua sensibilità religiosa, con la delicatezza e la dolcezza riesce a far percorrere al marito un cammino di fede. Penso con riconoscenza a tante donne che, giorno dopo giorno, ancor oggi illuminano le proprie famiglie con la loro testimonianza di vita cristiana. Possa lo Spirito del Signore suscitare anche oggi la santità degli sposi cristiani, per mostrare al mondo la bellezza del matrimonio vissuto secondo i valori del Vangelo: l’amore, la tenerezza, l’aiuto reciproco, la fecondità nella generazione e nell’educazione dei figli, l’apertura e la solidarietà verso il mondo, la partecipazione alla vita della Chiesa.

Quando Brigida rimase vedova, iniziò il secondo periodo della sua vita. Rinunciò ad altre nozze per approfondire l’unione con il Signore attraverso la preghiera, la penitenza e le opere di carità. Anche le vedove cristiane, dunque, possono trovare in questa Santa un modello da seguire. In effetti, Brigida, alla morte del marito, dopo aver distribuito i propri beni ai poveri, pur senza mai accedere alla consacrazione religiosa, si stabilì presso il monastero cistercense di Alvastra. Qui ebbero inizio le rivelazioni divine, che l’accompagnarono per tutto il resto della sua vita. Esse furono dettate da Brigida ai suoi segretari-confessori, che le tradussero dallo svedese in latino e le raccolsero in un’edizione di otto libri, intitolati Revelationes (Rivelazioni). A questi libri si aggiunge un supplemento, che ha per titolo appunto Revelationes extravagantes (Rivelazioni supplementari).

Le Rivelazioni di santa Brigida presentano un contenuto e uno stile molto vari. A volte la rivelazione si presenta sotto forma di dialoghi fra le Persone divine, la Vergine, i santi e anche i demoni; dialoghi nei quali anche Brigida interviene. Altre volte, invece, si tratta del racconto di una visione particolare; e in altre ancora viene narrato ciò che la Vergine Maria le rivela circa la vita e i misteri del Figlio. Il valore delle Rivelazioni di santa Brigida, talvolta oggetto di qualche dubbio, venne precisato dal Venerabile Giovanni Paolo II nella Lettera Spes Aedificandi: “Riconoscendo la santità di Brigida la Chiesa, pur senza pronunciarsi sulle singole rivelazioni, ha accolto l'autenticità complessiva della sua esperienza interiore” (n. 5).

Di fatto, leggendo queste Rivelazioni siamo interpellati su molti temi importanti. Ad esempio, ritorna frequentemente la descrizione, con dettagli assai realistici, della Passione di Cristo, verso la quale Brigida ebbe sempre una devozione privilegiata, contemplando in essa l’amore infinito di Dio per gli uomini. Sulla bocca del Signore che le parla, ella pone con audacia queste commoventi parole: “O miei amici, Io amo così teneramente le mie pecore che, se fosse possibile, vorrei morire tante altre volte, per ciascuna di esse, di quella stessa morte che ho sofferto per la redenzione di tutte” (Revelationes, Libro I, c. 59). Anche la dolorosa maternità di Maria, che la rese Mediatrice e Madre di misericordia, è un argomento che ricorre spesso nelle Rivelazioni.

Ricevendo questi carismi, Brigida era consapevole di essere destinataria di un dono di grande predilezione da parte del Signore: “Figlia mia – leggiamo nel primo libro delle Rivelazioni –, Io ho scelto te per me, amami con tutto il tuo cuore ... più di tutto ciò che esiste al mondo” (c. 1). Del resto, Brigida sapeva bene, e ne era fermamente convinta, che ogni carisma è destinato ad edificare la Chiesa. Proprio per questo motivo, non poche delle sue rivelazioni erano rivolte, in forma di ammonimenti anche severi, ai credenti del suo tempo, comprese le Autorità religiose e politiche, perché vivessero coerentemente la loro vita cristiana; ma faceva questo sempre con un atteggiamento di rispetto e di fedeltà piena al Magistero della Chiesa, in particolare al Successore dell’Apostolo Pietro.

Nel 1349 Brigida lasciò per sempre la Svezia e si recò in pellegrinaggio a Roma. Non solo intendeva prendere parte al Giubileo del 1350, ma desiderava anche ottenere dal Papa l’approvazione della Regola di un Ordine religioso che intendeva fondare, intitolato al Santo Salvatore, e composto da monaci e monache sotto l’autorità dell’abbadessa. Questo è un elemento che non deve stupirci: nel Medioevo esistevano fondazioni monastiche con un ramo maschile e un ramo femminile, ma con la pratica della stessa regola monastica, che prevedeva la direzione dell’Abbadessa. Di fatto, nella grande tradizione cristiana, alla donna è riconosciuta una dignità propria, e – sempre sull’esempio di Maria, Regina degli Apostoli – un proprio posto nella Chiesa, che, senza coincidere con il sacerdozio ordinato, è altrettanto importante per la crescita spirituale della Comunità. Inoltre, la collaborazione di consacrati e consacrate, sempre nel rispetto della loro specifica vocazione, riveste una grande importanza nel mondo d’oggi.

A Roma, in compagnia della figlia Karin, Brigida si dedicò a una vita di intenso apostolato e di orazione. E da Roma si mosse in pellegrinaggio in vari santuari italiani, in particolare ad Assisi, patria di san Francesco, verso il quale Brigida nutrì sempre grande devozione. Finalmente, nel 1371, coronò il suo più grande desiderio: il viaggio in Terra Santa, dove si recò in compagnia dei suoi figli spirituali, un gruppo che Brigida chiamava “gli amici di Dio”.

Durante quegli anni, i Pontefici si trovavano ad Avignone, lontano da Roma: Brigida si rivolse accoratamente a loro, affinché facessero ritorno alla sede di Pietro, nella Città Eterna.

Morì nel 1373, prima che il Papa Gregorio XI tornasse definitivamente a Roma. Fu sepolta provvisoriamente nella chiesa romana di San Lorenzo in Panisperna, ma nel 1374 i suoi figli Birger e Karin la riportarono in patria, nel monastero di Vadstena, sede dell’Ordine religioso fondato da santa Brigida, che conobbe subito una notevole espansione. Nel 1391 il Papa Bonifacio IX la canonizzò solennemente.

La santità di Brigida, caratterizzata dalla molteplicità dei doni e delle esperienze che ho voluto ricordare in questo breve profilo biografico-spirituale, la rende una figura eminente nella storia dell’Europa. Proveniente dalla Scandinavia, santa Brigida testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli di questo Continente. Dichiarandola compatrona d’Europa, il Papa Giovanni Paolo II ha auspicato che santa Brigida – vissuta nel XIV secolo, quando la cristianità occidentale non era ancora ferita dalla divisione – possa intercedere efficacemente presso Dio, per ottenere la grazia tanto attesa della piena unità di tutti i cristiani. Per questa medesima intenzione, che ci sta tanto a cuore, e perché l’Europa sappia sempre alimentarsi dalle proprie radici cristiane, vogliamo pregare, cari fratelli e sorelle, invocando la potente intercessione di santa Brigida di Svezia, fedele discepola di Dio e compatrona d’Europa. Grazie per l’attenzione.


Saluti:

Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier les jeunes et les groupes paroissiaux! Je vous exhorte, chers époux chrétiens, à montrer au monde la beauté du mariage vécu selon les valeurs évangéliques. Quant à vous, chers jeunes, ayez à cœur de nourrir votre foi chrétienne pour la faire grandir. Bon pèlerinage à tous, avec ma bénédiction!

I am pleased to welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present today. In particular, I extend greetings to the Bridgetine Sister here for their General Chapter. Upon all of you, I invoke God’s abundant blessings.

Gerne heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Gäste willkommen. Besonders grüße ich die katholischen Zeitungsverleger in Begleitung von Bischof Fürst, die Selbsthilfegruppe für krebskranke Menschen in Freising mit Weihbischof Haßlberger sowie die Pilger aus Innsbruck mit Bischof Scheuer. Bitten wir die heilige Birgitta um ihre Fürsprache, daß auch wir heute – sei es als Familie, Ordensleute oder Priester uns ganz vom Evangelium formen lassen und aus der Kraft des Glaubens die Gesellschaft mitgestalten. Der Heilige Geist stärke euch alle.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a las Religiosas Carmelitas Misioneras Teresianas; a los miembros de la Cofradía de Nuestra Señora de la Cabeza, de Andújar; al grupo de la parroquia de Nuestra Señora del Rescate, de Ujarrás, en Costa Rica, así como a los demás grupos provenientes de España, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos a llevar una intensa vida de oración, a ejemplo de Santa Brígida de Suecia, copatrona de Europa. Muchas gracias.

Amados peregrinos de língua portuguesa, queridos fiéis brasileiros de Itatiba, França, Paciência, São Paulo e peregrinos vindos de Portugal: a todos dou as boas vindas, feliz e agradecido pela vossa visita amiga. O Pai do Céu derrame os seus dons sobre vós e vossas famílias, que de coração abençôo. Obrigado!

Saluto in lingua lituana:

Nuoširdžiai sveikinu maldininkus iš Lietuvos. Šventosios Brigitos Švedės asmenybė ir dvasinis skelbimas liudija kaip labai krikščionybė yra suaugusi su visų Europos tautų gyvenimu. Josios pavyzdys ir užtarimas telydi jus kiekvieną. Iš širdies jus laiminu!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini lituani. La figura e il messaggio spirituale di santa Brigida di Svezia, testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli del Continente Europeo. Il suo esempio e la sua intercessione accompagnino ciascuno di voi. Di cuore vi benedico!

Saluto in lingua polacca:

Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Siostry i Bracia! Jutro przypada święto apostołów Szymona i Judy Tadeusza. Tradycja mówi o ich posłudze apostolskiej w różnych krajach i męczeńskiej śmierci w Persji. Święty Juda Tadeusz jest znany jako orędownik w sprawach beznadziejnych. Niech pobyt w Rzymie będzie dla was okazją do dziękczynienia za dziedzictwo wiary otrzymane od Apostołów. Wam i waszym bliskim z serca błogosławię.

Traduzione italiana:

aluto cordialmente i polacchi qui presenti. Sorelle e Fratelli! Domani celebreremo la festa dei Santi Simone e Giuda Taddeo, Apostoli. La tradizione parla del loro ministero in diversi paesi e della morte per martirio subito in Persia. San Giuda Taddeo è conosciuto come mediatore nei problemi difficili cosiddetti “senza speranza”. Il soggiorno a Roma sia per voi l’occasione per ringraziare per il patrimonio della fede trasmesso dagli Apostoli. Benedico di cuore voi e vostri cari.

Saluto in lingua romena:

Adresez un cordial salut pelerinilor români. Figura şi mesajul Sfintei Brigita a Suediei, mărturiseşte cum creştinismul a pătruns profund în viaţa tuturor popoarelor continentului european. Exemplul şi mijlocirea sa să vă însoţească pe fiecare dintre voi. Vă binecuvântez din inimă! Lăudat să fie Isus Cristos!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini rumeni. La figura e il messaggio spirituale di santa Brigida di Svezia, testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli del Continente Europeo. Il suo esempio e la sua intercessione accompagnino ciascuno di voi. Di cuore vi benedico! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne z Farnosti svätého Jakuba vo Veľkom Šariši.
Bratia a sestry, minulú nedeľu sme slávili Svetový deň misií. Je to výzva na obnovu našej aktívnej spolupráce na misijných dielach Cirkvi. Buďte aj vy misionármi Kristovej Radostnej zvesti, najmä svojimi modlitbami a obetami. Všetkých vás žehnám.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana :

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente a quelli provenienti dalla Parrocchia di S. Giacomo in Veľký Šariš.
Fratelli e sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la Giornata Missionaria Mondiale. Essa costituisce un invito a rinnovare la nostra attiva cooperazione alle opere missionarie della Chiesa. Siate anche voi missionari della Buona Novella di Cristo, specialmente con le vostre preghiere ed opere. A tutti la mia benedizione.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua russa:

Сердечно приветствую российских паломников. Личность и духовное послание святой Бригитты Шведской свидетельствует о том, что христианство глубоко пропитало жизнь всех народов европейского континента. Пусть её пример и её заступничество сопровождают каждого из вас. От всего сердца благословляю!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini russi. La figura e il messaggio spirituale di santa Brigida di Svezia, testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli del Continente Europeo. Il suo esempio e la sua intercessione accompagnino ciascuno di voi. Di cuore vi benedico!

Saluto in lingua ungherese:

Nagy szeretettel köszöntöm a magyar híveket, különösképpen is a budaőrsi, a mogyoródi, a nyíregyházi és a gyulafehérvári csoport tagjait. Október hónap végén járunk, amely a Szent Rózsafüzér hónapja. Újítsátok meg a Szűzanyával való kapcsolatotokat e nemes imádság végzése közben.
Szívesem adom Kedves Mindannyiotokra apostoli áldásomat.
Dicsértessék a Jézus Krisztus!

Traduzione italiana:
Con grande affetto saluto i fedeli di lingua ungherese, specialmente i membri dei gruppi provenienti da Budaőrs, Mogyoród, Nyíregyháza e Alba Iulia.
Si sta concludendo il mese di ottobre, dedicato al Santo Rosario. Vi invito a riscoprire la comunione con la Vergine Maria, per mezzo di questa nobile preghiera.
Volentieri imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ucraina:

Щиро вітаю українських паломників. Постать та духовне послання святої Бригіди Шведської свідчать про те, як християнство глибоко проникло у життя всіх народів Європейського континенту! Нехай кожного з вас супроводжує її приклад та заступництво. Щиро вас благословлю!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini Ucraini. La figura e il messaggio spirituale di santa Brigida di Svezia, testimonia come il cristianesimo abbia profondamente permeato la vita di tutti i popoli del Continente Europeo. Il suo esempio e la sua intercessione accompagnino ciascuno di voi. Di cuore vi benedico!

Saluto in lingua croata:
Upućujem srdačan pozdrav svim hrvatskim hodočasnicima, a na poseban način vjernicima iz župe Svete Stošije iz Biograda na Moru.
U vašoj domovini budite apostoli mira i suživota kako biste se zvali sinovima Božjim. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini croati, in modo particolare ai fedeli della parrocchia di Sant’Anastasia di Biograd na Moru. Nella vostra patria siate gli apostoli della pace e della convivenza, per essere chiamati figli di Dio. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Srdečně vítám členy modlitební skupiny otce Pia a Sekulárního institutu "Servi della sofferenza", z brněnské diecéze.
Milovaní, nechť tato pouť do Říma k hrobům apoštolů Petra a Pavla ve vás rozhojní touhu po duchovní dokonalosti.
K tomu vám rád žehnám.
Chvála Kristu!

Traduzione italiana:

Un cordiale benvenuto ai membri del Gruppo di preghiera di Padre Pio e dell'Istituto secolare "Servi della sofferenza", della Diocesi di Brno.
Carissimi, possa questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo accrescere in voi il desiderio di perfezione spirituale. Con questi voti, volentieri vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Sulmona-Valva, guidati dal Vescovo Mons. Angelo Spina, qui convenuti per ricambiare la visita, che ho avuto la gioia di compiere nella loro terra nello scorso mese di luglio. Cari amici, ancora una volta vi ringrazio per l’affetto con cui mi avete accolto, ed auspico che da quel nostro incontro scaturisca per la vostra Comunità diocesana una rinnovata e generosa adesione a Cristo e alla sua Chiesa. Saluto il pellegrinaggio promosso dalle Suore del Preziosissimo Sangue e guidato dall’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Enrico Masseroni, in occasione della beatificazione di Alfonsa Clerici ed esorto ciascuno a proseguire, sull'esempio della nuova Beata, nell'impegno di testimonianza evangelica. Saluto i rappresentanti del Gruppo di preghiera “Madonna Pellegrina di Schoenstatt” di Sant’Angelo di Alife, accompagnati dal loro Pastore, Mons. Valentino Di Cerbo, ed assicuro la mia preghiera perché si rafforzi in ciascuno il fermo desiderio di annunciare a tutti Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. Saluto le Suore dell’Ordine del Santissimo Salvatore e Santa Brigida – Brigidine, riunite per il loro Capitolo generale e prego il Signore perché da questa assemblea scaturiscano generosi propositi di vita evangelica per l’intero Istituto.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, celebreremo domani la festa dei santi Apostoli Simone e Giuda Taddeo. La loro gloriosa testimonianza sostenga voi tutti nel rispondere generosamente alla chiamata del Signore.


APPELLO

Nelle ultime ore, un nuovo terribile tsunami si è abbattuto sulle coste dell’Indonesia, colpita anche da un’eruzione vulcanica, provocando numerosi morti e dispersi. Ai familiari delle vittime esprimo il più vivo cordoglio per la perdita dei loro cari ed a tutta la popolazione indonesiana assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera.

Sono, inoltre, vicino alla cara popolazione del Benin, colpita da continue alluvioni, che hanno lasciato molte persone senza tetto e in precarie situazioni igienico-sanitarie. Sulle vittime e sull’intera Nazione invoco la benedizione ed il conforto del Signore.

Alla comunità internazionale chiedo di prodigarsi per fornire il necessario aiuto e per alleviare le pene di quanti soffrono per queste devastazioni.


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"Dal satellite Planck uno sguardo nuovo sull'universo" di Piero Benvenuti

Mappa del cielo che mostra la radiazione emessa dell'universo primordiale

I risultati del progetto dell'Agenzia Spaziale Europea evidenziano
l'inadeguatezza dei tradizionali modelli fisico-razionali del cosmo

Dal satellite Planck
uno sguardo nuovo sull'universo

di Piero Benvenuti
Università di Padova

Il profondo legame, naturalmente religioso, che unisce l'uomo al cielo stellato affonda le sue radici nelle origini stesse dell'umanità e da sempre l'osservazione della volta celeste ha stimolato l'uomo a riflettere sulla sua collocazione nel cosmo. Anche oggi chi ha la possibilità, allontanandosi dalle luci delle città, di ammirare il cielo così come lo vedevano tutte le notti i nostri antenati, spogliandosi di ogni orpello tecnologico e offrendosi idealmente nudo alla luce delle stelle, non può non confrontare la propria minuscola esistenza con la maestosità silenziosa dell'universo.

Risuonano nella mente i versi del Salmista, "Chi è l'uomo perché qualcuno se ne ricordi? (...) eppure l'hai fatto poco meno di un dio!".

L'uomo si rende conto di avere una potenzialità che eccede ciò che osserva attorno a sé e, per uscire dal senso di angoscia che lo assale di fronte all'immensità, sin dall'antichità ha cercato di costruirsi un modello di universo pienamente soddisfacente, un modello cioè che rendesse conto dei fenomeni che osservava ripetersi in cielo con astronomica regolarità, ma contemporaneamente lo collocasse idealmente al "centro", non lo dimenticasse come un insignificante granello di pulviscolo cosmico.

Ben presto però l'accumularsi di dati astronomici e la loro complessità (pensiamo allo strano moto dei pianeti sullo sfondo del cielo stellato) ha imposto di demandare a un piccolo gruppo di specialisti, gli astronomi, il compito di costruire e aggiornare con nuove osservazioni il modello di universo.

Come nota acutamente il filosofo della scienza Thomas S. Kuhn nel suo libro La rivoluzione copernicana, questa necessità si è rivelata un'arma a doppio taglio perché se è vero che gli astronomi, dedicandosi totalmente all'osservazione dei fenomeni celesti contribuiscono a un più rapido e coerente progresso della conoscenza, essi hanno anche il potere, sulla base di dati e ragionamenti inoppugnabili, di modificare radicalmente i precedenti modelli cosmologici, scardinando e distruggendo una rassicurante visione del mondo divenuta ormai patrimonio culturale comune.

Ciò è vero più che mai oggi, quando il progresso della cosmologia si basa su osservazioni ottenute con sofisticati strumenti spaziali che, collocati in orbita al di fuori dell'atmosfera terrestre, hanno la possibilità di osservare tutte le radiazioni emesse dai corpi celesti, dal lontano infrarosso e dalle microonde fino alle radiazioni x e Gamma.

Queste nuove "finestre" hanno rivelato un universo sconosciuto, difficilmente immaginabile fino a qualche decina d'anni fa e il compito di collocare in un quadro razionale e coerente tutte le nuove osservazioni è divenuto formidabile anche per gli esperti cosmologi. Di conseguenza, ancor più formidabile è l'impresa di comunicare ai non specialisti le caratteristiche del nuovo modello di universo usando un linguaggio comprensibile, ma al tempo stesso scientificamente corretto.

Le difficoltà di comunicazione aumentano di giorno in giorno perché i fenomeni celesti osservati dai nuovi strumenti spaziali si manifestano in lunghezze d'onda lontane dalla nostra naturale capacità sensoriale, per cui è necessario, per visualizzarli, ricorrere a metafore o rappresentazioni simboliche. Inoltre i dati osservativi si accumulano con una tale vorticosa rapidità da creare molto spesso confusione o sconcerto.

Un esempio concreto è offerto dalla mappa del cielo ottenuta con il satellite Planck (riprodotta a colori in alto). Essa mostra la radiazione emessa dall'universo primordiale, quando era costituito da una massa uniforme e indifferenziata di idrogeno ed elio ionizzati. Il gas in quelle condizioni, molto simili a quelle che osserviamo alla superficie del nostro Sole, è opaco alla radiazione e solo successivamente, quando il gas si sarà raffreddato per effetto dell'espansione dell'universo diventando neutro, tale radiazione può cominciare a viaggiare in tutte le direzioni nel cosmo fino a raggiungerci oggi, dopo 13,7 miliardi di anni.

A questo punto la tentazione dello scienziato divulgatore è quella di spiegare in poche righe, sperando di riuscire a mantenere l'attenzione del lettore, come sia possibile determinare con tanta precisione e sicurezza un intervallo di tempo così grande, quale sia il significato delle molteplici strutture che vediamo nella mappa e quali informazioni esse ci forniscano sull'universo. Per esempio in che modo queste osservazioni abbiano permesso di ipotizzare che ciò che vediamo sia solo il 5 per cento di tutto ciò che esiste e il rimanente 95 per cento sia costituito di materia ed energia oscura.

Il rischio, cui si è già accennato, è quello di confondere il quadro generale con dettagli sicuramente interessanti, ma il più delle volte incomprensibili per la necessaria semplificazione con la quale sono presentati. Un'alternativa, forse più utile, potrebbe essere quella di evidenziare solo le caratteristiche essenziali del modello cosmologico emergente dai dati di Planck e degli altri strumenti spaziali e terrestri, confrontandole con le grandi categorie del pensiero filosofico classico: essere e divenire, materia e forma, potenza e atto, esperienza sensibile e trascendenza.

Potremmo allora dire che la caratteristica principale del cosmo, scoperta all'inizio del secolo scorso e ormai consolidata, è la sua evoluzione globale. Materia ed energia, unitamente allo spazio-tempo, si trasformano espandendosi da una situazione di estrema densità e temperatura, ma anche di grande omogeneità, fino al quadro attuale che mostra la materia differenziata e concentrata in stelle e galassie separate da distanze immense e immerse in uno spazio praticamente vuoto. Coniugando l'espansione dell'universo con la finitezza della velocità della luce, l'evoluzione del cosmo nel tempo ci appare come una sequenza di immagini separate nello spazio: più guardiamo lontano, più risaliamo nel passato fino a giungere all'istante immortalato da Planck.

Ciò che stupisce e su cui dovremmo riflettere profondamente è il continuo emergere nel cosmo di strutture (potremmo forse chiamarle forme) di una complessità sempre crescente, ma archetipicamente simili in tutto l'universo. È come se le galassie, le stelle, le coorti di pianeti che ruotano attorno a tutte le stelle, fossero l'attuazione di una potenzialità iscritta en archè che necessariamente deve esprimersi dipanandosi nello spazio-tempo fino all'emergenza fatale della coscienza.

Considerando l'evoluzione del cosmo da questo punto di vista, ci si rende subito conto quanto la descrizione "cronologica", pur necessaria in un modello fisico-razionale del cosmo, sia inadeguata: periodi convulsi, durante i quali le "emergenze" si susseguono freneticamente in miliardesimi di secondo, sono seguiti da fasi desertiche lunghe centinaia di milioni di anni in cui nulla sembra accadere. Forse dovremmo riscoprire l'antica saggezza ebraica e greca che distinguevano tra zéman e eth, tra chrònos e kairòs, e rileggere la storia dell'universo come una sequenza "kairologica", nella quale le emergenze avvengono nel "tempo opportuno", quando i "tempi sono maturi", come ci ricorda la sapienza di Qoelet.

Allora potremmo lasciare ai cosmologi, com'è corretto, il chrònos lineare come parametro fondamentale dei loro modelli fisici per inanellare cause ed effetti, e riconoscere invece a un livello diverso, nel kairòs, le emergenze (i primi aminoacidi, la prima cellula, il primo barlume di coscienza) che sono miracoli non per un intervento demiurgico che modifica le leggi dell'evoluzione, ma perché l'uomo li riconosce come tali nella Grazia.

Ci sono alcuni scienziati, come il fisico inglese Steven Hawking, che non ammettono questo diverso livello di interpretazione dei fatti che il metodo scientifico via via evidenzia nel divenire universale, ma ve ne sono moltissimi altri, e tra questi una gran parte dei fisici che stanno analizzando i dati di Planck, che, senza interferire con il loro rigoroso metodo, cercano in questi una coerenza olistica che eccede la sola conoscenza scientifica. Allora, mentre scoprono e caratterizzano le minime variazioni di densità e temperatura del fondo cosmico, i semi da cui nasceranno galassie, stelle, pianeti, risuona loro con rinnovata forza il Salmo 139: "Non ti erano nascoste le mie ossa / quando venivo formato nel segreto, / ricamato nelle profondità della terra [dell'universo]. / Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; / erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati / quando ancora non ne esisteva uno".

Ed ecco che il ricamo arabescato dell'universo primordiale prende vita, si stacca dalla pagina e ci avvolge come un grembo materno. Davvero non esistevano giorni in quel chrònos, perché non c'era una Terra che ruotasse attorno a se stessa alternando il giorno e la notte e non c'era Uomo che li vedesse, ma nel kairòs la Potenza creativa già ci abbracciava amorevolmente dall'inizio fino alla fine dei tempi, in saecula saeculorum.

E oggi noi abbiamo la possibilità, anche grazie alle scoperte di Planck, di riconoscere liberamente il divenire dell'Atto creativo e di concludere con il Salmista: "Io ti rendo grazie: / hai fatto di me una meraviglia stupenda; / meravigliose sono le tue opere, / le riconosce pienamente l'anima mia".

(©L'Osservatore Romano - 27 ottobre 2010)






martedì 26 ottobre 2010

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 97ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011 (27 settembre 2010)


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
PER LA GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (2011)

“Una sola famiglia umana”


Cari Fratelli e Sorelle,

la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato offre l’opportunità, per tutta la Chiesa, di riflettere su un tema legato al crescente fenomeno della migrazione, di pregare affinché i cuori si aprano all’accoglienza cristiana e di operare perché crescano nel mondo la giustizia e la carità, colonne per la costruzione di una pace autentica e duratura. “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34) è l’invito che il Signore ci rivolge con forza e ci rinnova costantemente: se il Padre ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto, ci chiama anche a riconoscerci tutti come fratelli in Cristo.

Da questo legame profondo tra tutti gli esseri umani nasce il tema che ho scelto quest’anno per la nostra riflessione: “Una sola famiglia umana”, una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze. Il Concilio Vaticano II afferma che “tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr At 17,26); essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti” (Dich. Nostra aetate, 1). Così, noi “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).

La strada è la stessa, quella della vita, ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle sue diverse espressioni: interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate. In vari casi la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria. Il fenomeno stesso della globalizzazione, poi, caratteristico della nostra epoca, non è solo un processo socio-economico, ma comporta anche “un’umanità che diviene sempre più interconnessa”, superando confini geografici e culturali. A questo proposito, la Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 42). Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione.

“In una società in via di globalizzazione, il bene comune e l’impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell’intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell’uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio” (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 7). E’ questa la prospettiva con cui guardare anche la realtà delle migrazioni. Infatti, come già osservava il Servo di Dio Paolo VI, “la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” è causa profonda del sottosviluppo (Enc. Populorum progressio, 66) e – possiamo aggiungere – incide fortemente sul fenomeno migratorio. La fraternità umana è l’esperienza, a volte sorprendente, di una relazione che accomuna, di un legame profondo con l’altro, differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini. Assunta e vissuta responsabilmente, essa alimenta una vita di comunione e condivisione con tutti, in particolare con i migranti; sostiene la donazione di sé agli altri, al loro bene, al bene di tutti, nella comunità politica locale, nazionale e mondiale.

Il Venerabile Giovanni Paolo II, in occasione di questa stessa Giornata celebrata nel 2001, sottolineò che “[il bene comune universale] abbraccia l’intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista. È in questo contesto che va considerato il diritto ad emigrare. La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo, nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita” (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni 2001, 3; cfr Giovanni XXIII, Enc. Mater et Magistra, 30; Paolo VI, Enc. Octogesima adveniens, 17). Al tempo stesso, gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana. Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale. “Si tratterà allora di coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 13).

In questo contesto, la presenza della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino nella storia in mezzo a tutti gli altri popoli, è fonte di fiducia e di speranza. La Chiesa, infatti, è “in Cristo sacramento, ossia segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1); e, grazie all’azione in essa dello Spirito Santo, “gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani” (Idem, Cost. past. Gaudium et spes, 38). E’ in modo particolare la santa Eucaristia a costituire, nel cuore della Chiesa, una sorgente inesauribile di comunione per l’intera umanità. Grazie ad essa, il Popolo di Dio abbraccia “ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap 7,9) non con una sorta di potere sacro, ma con il superiore servizio della carità. In effetti, l’esercizio della carità, specialmente verso i più poveri e deboli, è criterio che prova l’autenticità delle celebrazioni eucaristiche (cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, 28).

Alla luce del tema “Una sola famiglia umana”, va considerata specificamente la situazione dei rifugiati e degli altri migranti forzati, che sono una parte rilevante del fenomeno migratorio. Nei confronti di queste persone, che fuggono da violenze e persecuzioni, la Comunità internazionale ha assunto impegni precisi. Il rispetto dei loro diritti, come pure delle giuste preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale, favoriscono una convivenza stabile ed armoniosa.

Anche nel caso dei migranti forzati la solidarietà si alimenta alla “riserva” di amore che nasce dal considerarci una sola famiglia umana e, per i fedeli cattolici, membri del Corpo Mistico di Cristo: ci troviamo infatti a dipendere gli uni dagli altri, tutti responsabili dei fratelli e delle sorelle in umanità e, per chi crede, nella fede. Come già ebbi occasione di dire, “accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell’intolleranza e del disinteresse” (Udienza Generale del 20 giugno 2007: Insegnamenti II,1 (2007), 1158). Ciò significa che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita.

Un particolare pensiero, sempre accompagnato dalla preghiera, vorrei rivolgere infine agli studenti esteri e internazionali, che pure sono una realtà in crescita all’interno del grande fenomeno migratorio. Si tratta di una categoria anche socialmente rilevante in prospettiva del loro rientro, come futuri dirigenti, nei Paesi di origine. Essi costituiscono dei “ponti” culturali ed economici tra questi Paesi e quelli di accoglienza, e tutto ciò va proprio nella direzione di formare “una sola famiglia umana”. E’ questa convinzione che deve sostenere l’impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l’attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze economiche o il disagio di sentirsi soli nell’affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficoltà di inserimento. A questo proposito, mi piace ricordare che “appartenere ad una comunità universitaria … significa stare nel crocevia delle culture che hanno plasmato il mondo moderno” (Giovanni Paolo II, Ai Vescovi Statunitensi delle Provincie ecclesiastiche di Chicago, Indianapolis e Milwaukee in visita “ad limina”, 30 maggio 1998, 6: Insegnamenti XXI,1 [1998], 1116). Nella scuola e nell’università si forma la cultura delle nuove generazioni: da queste istituzioni dipende in larga misura la loro capacità di guardare all’umanità come ad una famiglia chiamata ad essere unita nella diversità.

Cari fratelli e sorelle, il mondo dei migranti è vasto e diversificato. Conosce esperienze meravigliose e promettenti, come pure, purtroppo, tante altre drammatiche e indegne dell’uomo e di società che si dicono civili. Per la Chiesa, questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell’umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano. Non perdiamo la speranza, e preghiamo insieme Dio, Padre di tutti, perché ci aiuti ad essere, ciascuno in prima persona, uomini e donne capaci di relazioni fraterne; e, sul piano sociale, politico ed istituzionale, si accrescano la comprensione e la stima reciproca tra i popoli e le culture. Con questi auspici, invocando l’intercessione di Maria Santissima Stella maris, invio di cuore a tutti la Benedizione Apostolica, in modo speciale ai migranti ed ai rifugiati e a quanti operano in questo importante ambito.

Da Castel Gandolfo, 27 settembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

lunedì 25 ottobre 2010

L'udienza di Benedetto XVI ai partecipanti al convegno internazionale su Erik Peterson


L'udienza di Benedetto XVI ai partecipanti al convegno internazionale su Erik Peterson

In cerca di una città futura

"Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura". Per Benedetto XVI questa citazione presa dalla Lettera agli Ebrei (13, 14) potrebbe essere il motto ideale per definire la vita di Erik Peterson, il teologo tedesco - una delle figure più eminenti del XX secolo - alla cui opera è dedicato il convegno in corso in questi giorni a Roma in occasione del cinquantesimo anniversario della morte e i cui partecipanti sono stati ricevuti in udienza, nella mattinata di lunedì 25 ottobre nella Sala Clementina.

Dopo aver rivolto il suo personale saluto al cardinale Karl Lehmann, vescovo di Mainz, e ai familiari di Peterson, il Papa ha ripercorso con rapidi tratti la biografia dello studioso di Amburgo sottolineando come la difficile situazione politica in Germania dopo la prima guerra mondiale, ormai priva di certezze, si riflettesse anche nel dibattito teologico. In quel contesto il protestante Peterson decise di lavorare in campo storico e di affrontare specialmente problemi di storia delle religioni.

Di lì partì il suo cammino di ricerca durante il quale giunse sempre più alla certezza che non c'è nessuna storia staccata da Dio e che in questa storia la Chiesa ha un posto speciale e trova il suo significato.

Benedetto XVI ha messo in evidenza due capisaldi della riflessione teologica petersoniana: anzitutto il carattere vincolante della Sacra Scrittura, la cui testimonianza rimane viva nella Chiesa e costituisce il fondamento per le convinzioni religiose permanentemente valide della Chiesa stessa. Convinzioni - emerge qui il secondo aspetto fondamentale - che si manifestano continuamente nella liturgia quale spazio vissuto della Chiesa per la lode di Dio in una relazione indissolubile con la Gerusalemme celeste.

In questa tensione verso il futuro si ritrova quindi il richiamo alla Lettera agli Ebrei: "Non abbiamo quaggiù una città stabile", ed Erik Peterson - ha ricordato Benedetto XVI non ha mai trovato un vero posto in tutta la sua vita, dove poter ottenere riconoscimento e stabile dimora. E proprio la precarietà della sua esistenza (acuita dalla perdita dell'insegnamento dopo la sua conversione al cattolicesimo) ha determinato il fatto che molte delle cose da lui pensate e scritte siano rimaste frammentarie.

Particolarmente prezioso, perciò, per il Papa è stato e continua a essere l'impegno di quanti stanno lavorando all'edizione della sua opera e alla sua traduzione in varie lingue (italiano, francese, spagnolo, inglese, ungherese e perfino cinese). Un'opera nella quale emerge chiaramente come il suo pensiero non si ferma mai ai dettagli, ma sa contemplare sempre l'insieme della teologia.

"Non abbiamo quaggiù una città stabile" e perciò Peterson, anche quando non aveva la sicurezza di uno stipendio fisso, non esitò, una volta giunto a Roma, a sposarsi e a formare una famiglia, confidando nella provvidenza di Dio ed esprimendo in modo concreto la sua convinzione interiore che noi, pur essendo stranieri sulla terra, troviamo tuttavia un sostegno nella comunione dell'amore, e che nell'amore stesso vi è qualcosa che dura per l'eternità.

Andiamo infatti in cerca di una città futura.

(©L'Osservatore Romano - 25-26 ottobre 2010)



Pace e libertà religiosa in Medio Oriente: così il Papa al termine del Sinodo. La nuova evangelizzazione tema dell'assemblea sinodale nel 2012


Mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. È il vibrante appello lanciato stamani da Benedetto XVI, durante la Messa conclusiva del Sinodo speciale per il Medio Oriente, celebrata nella Basilica Vaticana, alla presenza dei Padri sinodali. Nella sua omelia, il Papa ha ribadito anche la necessità di garantire “un’autentica libertà religiosa e di coscienza” e di proseguire il cammino ecumenico e il dialogo con l'islam. Poi, il Santo Padre ha annunciato il Sinodo Ordinario per il 2012, dedicato alla nuova evangelizzazione. Il Vangelo è stato letto in latino ed in greco, mentre i fedeli hanno pregato per l’abbattimento dei muri “del pregiudizio e dell’inimicizia” e per il sostegno ai “perseguitati a causa del Vangelo”. Il servizio di Isabella Piro: (AUDIO)

“Non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente.”

Con queste parole forti Benedetto XVI riassume le speranze raccolte dal Sinodo per il Medio Oriente. Un Sinodo dedicato alla “comunione con Gesù e alla testimonianza del suo amore”, ricorda il Papa, in cui i vescovi hanno “condiviso le gioie e i dolori, le preoccupazioni e le speranze dei cristiani del Medio Oriente”. A loro è andata la riflessione costante dei lavori dell’Assemblea:

“Il pensiero va a tanti fratelli e sorelle che vivono nella regione mediorientale e che si trovano in situazioni difficili, a volte molto pesanti, sia per i disagi materiali, sia per lo scoraggiamento, lo stato di tensione e talvolta di paura. La Parola di Dio oggi ci offre anche una luce di speranza consolante, là dove presenta la preghiera”.

Il legame tra preghiera e giustizia diventa allora fondamentale, continua il Pontefice, perché “il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata in Dio”, che vuole intervenire “per restituire un futuro di libertà, un orizzonte di speranza”.

Poi, Benedetto XVI enumera le sfide della Chiesa cattolica nel Medio Oriente. La prima è la comunione, sia interna che esterna, che si vuole perseguire con “profonda convinzione”, favorendo anche la partecipazione dei fedeli perché si aprano “alle dimensioni della Chiesa universale”:

“Abbiamo bisogno di umiltà, per riconoscere i nostri limiti, i nostri errori ed omissioni, per poter veramente formare 'un cuore solo e un’anima sola'. Una più piena comunione all’interno della Chiesa Cattolica favorisce anche il dialogo ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali”.

La seconda sfida riguarda la presenza dei cristiani nel Medio Oriente: è vero, dice il Papa, sono poco numerosi, ma sono portatori della Buona Novella dell’amore di Dio per l’uomo, della Parola di salvezza:

“Questa Parola di salvezza (…) è l’unica Parola in grado di rompere il circolo vizioso della vendetta, dell’odio, della violenza. Da un cuore purificato, in pace con Dio e con il prossimo, possono nascere propositi ed iniziative di pace a livello locale, nazionale ed internazionale. In tale opera, alla cui realizzazione è chiamata tutta la comunità internazionale, i cristiani, cittadini a pieno titolo, possono e debbono dare il loro contributo con lo spirito delle beatitudini, diventando costruttori di pace ed apostoli di riconciliazione a beneficio di tutta la società”.

Da troppo tempo, sottolinea Benedetto XVI, in Medio Oriente perdurano conflitti, guerre, violenze, terrorismo. La pace, dono di Dio, è anche il risultato di uno sforzo collettivo: degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali ed internazionali, perché “non bisogna mai rassegnarsi alla mancanze della pace. La pace è possibile. La pace è urgente”:

“La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente. (…) Preghiamo per la pace in Terra Santa. Preghiamo per la pace nel Medio Oriente, impegnandoci affinché tale dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà si diffonda nel mondo intero”.

La terza sfida della Chiesa cattolica nel Medio Oriente, dice ancora il Papa, è la promozione di “un’autentica libertà religiosa e di coscienza”, spesso assai limitata, mentre è un diritto fondamentale della persona umana che ogni Stato è chiamato a rispettare e un contributo che i cristiani possono apportare alla società:

“Allargare questo spazio di libertà diventa un’esigenza per garantire a tutti gli appartenenti alle varie comunità religiose la vera libertà di vivere e professare la propria fede. Tale argomento potrebbe diventare oggetto di dialogo tra i cristiani e i musulmani, dialogo la cui urgenza ed utilità è stata ribadita dai Padri sinodali”.

Inoltre, per rispondere ad una “profonda esigenza” del Medio Oriente e non solo, Benedetto XVI annuncia la prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata all’evangelizzazione:

“Ho deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nel 2012, al seguente tema: Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.

Infine, il Papa rassicura i fedeli del Medio Oriente: “Non siete mai soli – dice loro – la Santa Sede e tutta la Chiesa vi accompagnano”.

© Copyright Radio Vaticana  25/10/2010

domenica 24 ottobre 2010

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL'ANGELUS - 24 ottobre 2010


BENEDETTO XVI
ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 24 ottobre 2010

[Croato, Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


Cari fratelli e sorelle!

Con la solenne Celebrazione di questa mattina nella Basilica Vaticana si è conclusa l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, sul tema: “La Chiesa Cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza”. In questa domenica, inoltre, ricorre la Giornata Missionaria Mondiale, che ha per motto: “La costruzione della comunione ecclesiale è la chiave della missione”. Colpisce la somiglianza tra i temi di questi due eventi ecclesiali. Entrambi invitano a guardare alla Chiesa come mistero di comunione che, per sua natura, è destinato a tutto l’uomo e a tutti gli uomini. Il Servo di Dio Papa Paolo VI così affermava: “La Chiesa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella Santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione” (Esort. Ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, 14: AAS 68, [1976], p. 13). Per questo la prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nel 2012, sarà dedicata al tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. In ogni tempo e in ogni luogo – anche oggi nel Medio Oriente – la Chiesa è presente e opera per accogliere ogni uomo e offrirgli in Cristo la pienezza della vita. Come scriveva il teologo italo-tedesco Romano Guardini: “La realtà «Chiesa» implica tutta la pienezza dell’essere cristiano che si sviluppa nella storia, in quanto essa abbraccia la pienezza dell’umano che è in rapporto con Dio” (Formazione liturgica, Brescia 2008, 106-107).

Cari amici, nella Liturgia odierna si legge la testimonianza di san Paolo riguardo al premio finale che il Signore consegnerà “a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione” (2 Tm 4,8). Non si tratta di un’attesa inoperosa o solitaria, al contrario! L’Apostolo ha vissuto in comunione con Cristo risorto per “portare a compimento l’annuncio del Vangelo” così che “tutte le genti lo ascoltassero” (2 Tm 4,17). Il compito missionario non è rivoluzionare il mondo, ma trasfigurarlo, attingendo la forza da Gesù Cristo che “ci convoca alla mensa della sua Parola e dell’Eucaristia, per gustare il dono della sua Presenza, formarci alla sua scuola e vivere sempre più consapevolmente uniti a Lui, Maestro e Signore” (Messaggio per la 84.ma Giornata Missionaria Mondiale). Anche i cristiani di oggi – come è scritto nella lettera A Diogneto – “mostrano come sia meravigliosa e … straordinaria la loro vita associata. Trascorrono l’esistenza sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere oltrepassano le leggi … Sono condannati a morte, e da essa traggono vita. Pur facendo il bene, sono … perseguitati e crescono di numero ogni giorno». (V, 4.9.12.16; VI, 9 [SC 33], Paris 1951, 62-66).

Alla Vergine Maria, che da Gesù Crocifisso ha ricevuto la nuova missione di essere Madre di tutti coloro che vogliono credere in Lui e seguirlo, affidiamo le comunità cristiane del Medio Oriente e tutti i missionari del Vangelo.


Dopo l'Angelus

Sono lieto di ricordare che ieri, a Vercelli, è stata proclamata beata Suor Alfonsa Clerici, della Congregazione del Preziosissimo Sangue di Monza, nata a Lainate, presso Milano, nel 1860, e morta a Vercelli nel 1930. Rendiamo grazie a Dio per questa nostra Sorella, che Egli ha guidato alla perfetta carità.

Je suis heureux de saluer les pèlerins francophones, en particulier ceux du Diocèse de Sion. En célébrant aujourd’hui la Journée mondiale des missions, nous nous rappelons que tous les baptisés sont appelés à annoncer la Bonne Nouvelle du salut, en renforçant les liens de communion entre eux et en effectuant une constante conversion personnelle et communautaire. En ce jour s’achève aussi l’Assemblée Spéciale pour le Moyen-Orient du Synode des Évêques. Je vous invite à prier pour tous les peuples de cette région, demandant au Seigneur de susciter partout dans le monde des hommes et des femmes de paix et de réconciliation. Bon dimanche à tous!

To the English-speaking pilgrims gathered for this Angelus prayer I offer warm greetings. We give thanks to God for the blessings received during the Special Assembly for the Middle East of the Synod of Bishops, which concluded this morning in St. Peter’s Basilica. We also celebrate today World Mission Sunday, which reminds us that ecclesial communion is the key to our task of proclaiming the Gospel. Entrusting this mission to the intercession of our Mother Mary, I invoke upon you and your families God’s abundant blessings.

Sehr herzlich grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache, besonders die Teilnehmer und Gäste des Festivals Pro Musica e Arte Sacra. Heute feiern wir den Weltmissionssonntag. Die Kirche hat von Christus den Auftrag erhalten, allen Völkern in aller Welt das Evangelium zu verkünden und Botschafter seines Heils und seines Friedens zu sein. Wir alle haben teil an dieser Sendung und tragen Verantwortung dafür, daß Gottes Wort die Menschen erreicht. So wollen wir die Mission der Kirche durch unser Gebet und unseren persönlichen Einsatz unterstützen. Dabei helfe euch der Heilige Geist.


Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular a los fieles peruanos y de otros países latinoamericanos de la Hermandad del Señor de los Milagros, de Roma. En este domingo, la Iglesia celebra la Jornada Mundial de las Misiones. Invito a todos a orar al Señor por aquellos que han entregado generosamente su vida a la evangelización de los pueblos, a menudo entre grandes dificultades. Confío a todos los misioneros del mundo a la protección maternal de la Santísima Virgen María, que en el transcurso de este mes invocamos especialmente con el título de Nuestra Señora del Rosario, para que no les falte nunca nuestro apoyo espiritual y material en el desempeño de su hermosa tarea apostólica. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków. Dzisiaj Kościół przeżywa dwa ważne wydarzenia: zakończenie Synodu Biskupów dla Bliskiego Wschodu i Światowy Dzień Misyjny. W Polsce pod hasłem: „Misje – świadectwo miłości i komunii” będziecie obchodzić także Tydzień Misyjny. Polecając waszej modlitwie te wydarzenia życzę, by przyczyniły się one do wzrostu jedności Kościoła i dzielenia się ewangelicznym świadectwem wiary. Z serca wam błogosławię i życzę dobrej niedzieli.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. La Chiesa vive oggi due eventi importanti: la chiusura del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e la Giornata Missionaria Mondiale. In Polonia celebrerete anche la Settimana Missionaria il cui motto è: “Le missioni – testimonianza d’amore e di comunione”. Raccomandandoli alla vostra preghiera auguro che questi eventi contribuiscano alla crescita della comunione nella Chiesa e alla condivisione della testimonianza evangelica della fede. Vi benedico di cuore e vi auguro una buona domenica.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare quelli che hanno preso parte all’iniziativa “Le Vie di Roma nel Lazio”, per valorizzare gli antichi itinerari di pellegrinaggio verso Roma. Saluto le Suore di Carità dell’Assunzione con un gruppo della Fraternità di Comunione e Liberazione, e i partecipanti all’Ecorally San Marino-Città del Vaticano. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana


Omelia del Santo Padre Benedetto alla Santa Messa per la conclusione del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, 24 ottobre 2010


CAPPELLA PAPALE PER LA CONCLUSIONE
DELL'ASSEMBLEA SPECIALE DEL SINODO DEI VESCOVI
PER IL MEDIO ORIENTE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Domenica, 24 ottobre 2010

Libretto della Celebrazione

[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore,
cari fratelli e sorelle!

A distanza di due settimane dalla Celebrazione di apertura, ci siamo radunati nuovamente nel giorno del Signore, intorno all’Altare della Confessione della Basilica di San Pietro, per concludere l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Nei nostri cuori c’è una profonda gratitudine a Dio che ci ha donato questa esperienza davvero straordinaria, non solo per noi, ma per il bene della Chiesa, del Popolo di Dio che vive nelle terre tra il Mediterraneo e la Mesopotamia. Come Vescovo di Roma, desidero partecipare questa riconoscenza a voi, venerati Padri sinodali: Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi. Ringrazio in particolare il Segretario Generale, i quattro Presidenti Delegati, il Relatore Generale, il Segretario Speciale e tutti i collaboratori, che in questi giorni hanno lavorato senza risparmio.


Stamani abbiamo lasciato l’Aula del Sinodo e siamo venuti "al tempio per pregare"; per questo, ci riguarda direttamente la parabola del fariseo e del pubblicano raccontata da Gesù e riportata dall’evangelista san Luca (cfr 18,9-14). Anche noi potremmo essere tentati, come il fariseo, di ricordare a Dio i nostri meriti, magari pensando all’impegno di queste giornate. Ma, per salire al Cielo, la preghiera deve partire da un cuore umile, povero. E quindi anche noi, al termine di questo evento ecclesiale, vogliamo anzitutto rendere grazie a Dio, non per i nostri meriti, ma per il dono che Lui ci ha fatto. Ci riconosciamo piccoli e bisognosi di salvezza, di misericordia; riconosciamo che tutto viene da Lui e che solo con la sua Grazia si realizzerà quanto lo Spirito Santo ci ha detto. Solo così potremo "tornare a casa" veramente arricchiti, resi più giusti e più capaci di camminare nelle vie del Signore.


La prima lettura e il Salmo responsoriale insistono sul tema della preghiera, sottolineando che essa è tanto più potente presso il cuore di Dio quanto più chi prega è in condizione di bisogno e di afflizione. "La preghiera del povero attraversa le nubi", afferma il Siracide (35,21); e il salmista aggiunge: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti" (34,19). Il pensiero va a tanti fratelli e sorelle che vivono nella regione mediorientale e che si trovano in situazioni difficili, a volte molto pesanti, sia per i disagi materiali, sia per lo scoraggiamento, lo stato di tensione e talvolta di paura. La Parola di Dio oggi ci offre anche una luce di speranza consolante, là dove presenta la preghiera, personificata, che "non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità" (Sir 35,21-22). Anche questo legame tra preghiera e giustizia ci fa pensare a tante situazioni nel mondo, in particolare nel Medio Oriente. Il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata in Dio, che vuole intervenire per aprire una via di uscita, per restituire un futuro di libertà, un orizzonte di speranza.

Questa fiducia nel Dio vicino, che libera i suoi amici, è quella che testimonia l’apostolo Paolo nell’epistola odierna, tratta dalla Seconda Lettera a Timoteo. Vedendo ormai prossima la fine della vita terrena, Paolo traccia un bilancio: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede" (2 Tm 4,7). Per ognuno di noi, cari fratelli nell’episcopato, questo è un modello da imitare: ci conceda la Bontà divina di fare nostro un simile consuntivo! "Il Signore – prosegue san Paolo – mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero" (2 Tm 4,16-17). E’ una parola che risuona con particolare forza in questa domenica in cui celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale! Comunione con Gesù crocifisso e risorto, testimonianza del suo amore. L’esperienza dell’Apostolo è paradigmatica per ogni cristiano, specialmente per noi Pastori. Abbiamo condiviso un momento forte di comunione ecclesiale. Ora ci lasciamo per tornare ciascuno alla propria missione, ma sappiamo che rimaniamo uniti, rimaniamo nel suo amore.

L’Assemblea sinodale che oggi si chiude ha tenuto sempre presente l’icona della prima comunità cristiana, descritta negli Atti degli Apostoli: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola" (At 4,32). E’ una realtà sperimentata nei giorni scorsi, in cui abbiamo condiviso le gioie e i dolori, le preoccupazioni e le speranze dei cristiani del Medio Oriente. Abbiamo vissuto l’unità della Chiesa nella varietà delle Chiese presenti in quella Regione. Guidati dallo Spirito Santo, siamo diventati "un cuore solo e un’anima sola" nella fede, nella speranza e nella carità, soprattutto durante le Celebrazioni eucaristiche, fonte e culmine della comunione ecclesiale, come pure nella Liturgia delle Ore, celebrata ogni mattina in uno dei 7 Riti cattolici del Medio Oriente. Abbiamo così valorizzato la ricchezza liturgica, spirituale e teologica delle Chiese Orientali Cattoliche, oltre che della Chiesa Latina. Si è trattato di uno scambio di doni preziosi, di cui hanno beneficiato tutti i Padri sinodali. E’ auspicabile che tale esperienza positiva si ripeta anche nelle rispettive comunità del Medio Oriente, favorendo la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche degli altri Riti cattolici e quindi ad aprirsi alle dimensioni della Chiesa universale.


La preghiera comune ci ha aiutato anche ad affrontare le sfide della Chiesa Cattolica nel Medio Oriente. Una di esse è la comunione all’interno di ogni Chiesa sui iuris, come pure nei rapporti tra le varie Chiese Cattoliche di diverse tradizioni. Come ci ha ricordato l’odierna pagina del Vangelo (cfr Lc 18,9-14), abbiamo bisogno di umiltà, per riconoscere i nostri limiti, i nostri errori ed omissioni, per poter veramente formare "un cuore solo e un’anima sola". Una più piena comunione all’interno della Chiesa Cattolica favorisce anche il dialogo ecumenico con le altre Chiese e Comunità ecclesiali. La Chiesa Cattolica ha ribadito anche in quest’Assise sinodale la sua profonda convinzione di proseguire tale dialogo, affinché si realizzi compiutamente la preghiera del Signore Gesù "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17,21).

Ai cristiani nel Medio Oriente si possono applicare le parole del Signore Gesù: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12,32). Infatti, anche se poco numerosi, essi sono portatori della Buona Notizia dell’amore di Dio per l’uomo, amore che si è rivelato proprio in Terra Santa nella persona di Gesù Cristo. Questa Parola di salvezza, rafforzata con la grazia dei Sacramenti, risuona con particolare efficacia nei luoghi in cui, per divina Provvidenza, è stata scritta, ed è l’unica Parola in grado di rompere il circolo vizioso della vendetta, dell’odio, della violenza. Da un cuore purificato, in pace con Dio e con il prossimo, possono nascere propositi ed iniziative di pace a livello locale, nazionale ed internazionale. In tale opera, alla cui realizzazione è chiamata tutta la comunità internazionale, i cristiani, cittadini a pieno titolo, possono e debbono dare il loro contributo con lo spirito delle beatitudini, diventando costruttori di pace ed apostoli di riconciliazione a beneficio di tutta la società.


Da troppo tempo nel Medio Oriente perdurano i conflitti, le guerre, la violenza, il terrorismo. La pace, che è dono di Dio, è anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali ed internazionali, in particolare degli Stati più coinvolti nella ricerca della soluzione dei conflitti. Non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente. "Chiedete pace per Gerusalemme" – ci dice il Salmo (122,6). Preghiamo per la pace in Terra Santa. Preghiamo per la pace nel Medio Oriente, impegnandoci affinché tale dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà si diffonda nel mondo intero.


Un altro contributo che i cristiani possono apportare alla società è la promozione di un’autentica libertà religiosa e di coscienza, uno dei diritti fondamentali della persona umana che ogni Stato dovrebbe sempre rispettare. In numerosi Paesi del Medio Oriente esiste la libertà di culto, mentre lo spazio della libertà religiosa non poche volte è assai limitato. Allargare questo spazio di libertà diventa un’esigenza per garantire a tutti gli appartenenti alle varie comunità religiose la vera libertà di vivere e professare la propria fede. Tale argomento potrebbe diventare oggetto di dialogo tra i cristiani e i musulmani, dialogo la cui urgenza ed utilità è stata ribadita dai Padri sinodali.


Durante i lavori dell’Assemblea è stata spesso sottolineata la necessità di riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono allontanate dalla Chiesa. Spesso è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente. Si tratta di un tema assai diffuso, soprattutto nei Paesi di antica cristianizzazione. Anche la recente creazione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione risponde a questa profonda esigenza. Per questo, dopo aver consultato l’episcopato del mondo intero e dopo aver sentito il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, ho deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nel 2012, al seguente tema: "Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

Cari fratelli e sorelle del Medio Oriente! L’esperienza di questi giorni vi assicuri che non siete mai soli, che vi accompagnano sempre la Santa Sede e tutta la Chiesa, la quale, nata a Gerusalemme, si è diffusa nel Medio Oriente e in seguito nel mondo intero. Affidiamo l’applicazione dei risultati dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente, come pure la preparazione di quella Generale Ordinaria, all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina della Pace. Amen.

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