Benedetto XVI
e la sua "ars celebrandi"
di Lluís Martínez Sistach
Cardinale arcivescovo di Barcellona
Nella dedicazione della basilica della Sagrada Familia a Barcellona, domenica 7 novembre 2010, è stata esemplare l'ars celebrandi - ossia "l'arte di celebrare rettamente, e la partecipazione piena, attiva e fruttuosa di tutti i fedeli", come si legge nell'esortazione apostolica Sacramentum caritatis (n. 38) - in primo luogo per la dignità e il modo di celebrare di Benedetto XVI. Dal momento in cui ha posto la mano sulla porta del futuro Pórtico de la Gloria, stando accanto a lui, ho potuto vedere l'emozione riflessa sul suo volto. Già in quella porta era evidente la congiunzione fra il linguaggio della fede e il linguaggio dell'arte.
Forse molti lettori ricorderanno questa immagine: il Papa posa la mano su alcune lettere, scolpite con moderna sensibilità estetica dallo scultore Josep Maria Subirachs, autore delle sculture della facciata della Passione. Le lettere sulle quali il Papa ha posto la mano, come a indicare il permesso di aprire quella "casa di Dio e porta del cielo" che sarebbe stata dedicata al Signore, erano niente meno che la supplica del Padrenostro, "dacci oggi il nostro pane quotidiano" - pane quotidiano e Pane eucaristico -, in cinquanta lingue, fra le quali il catalano. Un bel segno di cattolicità e di attaccamento alla Chiesa locale nella quale era nata quell'ammirevole opera.
Benedetto XVI ha percorso lentamente il lungo corridoio centrale della basilica, mentre l'assemblea - settemila persone all'interno e sessantamila all'esterno del tempio - interpretava il canto d'ingresso, con un solo cuore e una sola voce. E, una volta giunto alla sede presidenziale, abbiamo potuto vedere che il suo sguardo contemplativo percorreva quel bosco di palme di pietra e si soffermava su molti dettagli di quella chiesa unica al mondo, frutto dei tre libri ai quali - come il Pontefice avrebbe detto nell'omelia - s'ispirò Gaudí per erigere questo monumento in onore di Dio: il libro della natura, il libro delle Sacre Scritture e il libro della liturgia.
È stata una celebrazione indimenticabile per tutti, e in primo luogo per il Santo Padre, che mi ha detto: "Della celebrazione di questa mattina conserverò un ricordo indelebile". È nota la sensibilità estetica di Benedetto XVI. Già in diversi testi, prima di giungere al Pontificato, aveva affermato che l'esperienza della bellezza è un cammino verso il mistero e, in definitiva, verso Dio. Egli insegna che, al di là della conoscenza razionale, c'è la conoscenza che offre la bellezza, che descrive come una forma superiore di conoscenza, visto che riguarda l'essere umano in tutta la sua profondità, lo strappa alla banalità, lo pone di fronte a se stesso e al mistero del mondo. E allo stesso mistero di Dio, fonte di ogni bellezza, come ha insegnato nella sua storica udienza agli artisti nella Cappella Sistina.
Il capolavoro di Antoni Gaudí non poteva avere una esegesi migliore dell'omelia di quella celebrazione, un testo bellissimo, che conserveremo come un dono ammirevole del nostro stimatissimo Papa. A Barcellona serbiamo anche un grato ricordo dell'interpretazione opportuna e originale, che ha fatto della celebrazione il direttore della Sala Stampa della Santa Sede parlando ai giornalisti: "la liturgia di questa mattina è stata l'espressione più solenne, più articolata fra uomo e Dio che ho visto in questi cinque anni di Pontificato".
Mons. Lluís Martínez Sistach |
Ha contribuito molto a ciò la realizzazione curatissima del rito della dedicazione di una chiesa, considerata dagli esperti il gioiello della riforma liturgica. Desidero anche esprimere la nostra gratitudine al maestro delle cerimonie pontificie, come pure ai suoi collaboratori, per la loro così saggia e comprensiva collaborazione con le persone incaricate di preparare la cerimonia. La parte musicale meriterebbe una riflessione a parte. Per noi è stato molto significativo fare la professione di fede con il canto del simbolo degli apostoli dinanzi al successore di Pietro, che li aveva confermati nella fede, e farlo con una melodia molto popolare in Catalogna, musicata dal sacerdote di Vic, Lluís Romeu. E cantare il "Virolai" alla Vergine di Montserrat, patrona delle nostre diocesi, che è come l'inno dei cattolici catalani.
Per il disegno del tempio della Sagrada Familia Antoni Gaudí s'ispirò alla descrizione della Gerusalemme celeste del libro sacro dell'Apocalisse. In quella splendida cornice, quel giorno, il nostro amato Papa Benedetto, il rito della dedicazione così ricco di simboli, il nostro Antoni Gaudí, che speriamo sia il primo architetto beatificato nella storia della Chiesa, il suo tempio originalissimo e unico al mondo e l'assemblea attiva e partecipe, in quelle tre ore hanno scritto insieme un bellissimo inno di lode e gloria a Dio che ci ha fatto pregustare la liturgia del cielo.
Il Papa ha presieduto e celebrato il rito con grande devozione e ci ha dato un alto esempio di quello che è l'ars celebrandi, come ha scritto il teologo Josep Maria Rovira Belloso, "Benedetto XVI ha mostrato la sua profonda misericordia. La sua voce si è eclissata dietro la sua fede "umile e gioiosa". Per questo il Papa è venuto a Barcellona e a Santiago de Compostela. Per insegnarci che è bello vivere di fronte a Dio". Noi, soprattutto nella diocesi di Barcellona, abbiamo ora una sfida e un impegno ai quali ci stiamo già dedicando: far sì che quello che il Papa ci ha mostrato e ci ha detto quella domenica sia, anche per noi, un "ricordo indelebile".
(©L'Osservatore Romano - 1 gennaio 2011)