UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI - Mercoledì, 10 febbraio 2010
[Francese, Inglese, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]
San Antonio di Padova
Cari fratelli e sorelle,
due settimane fa ho presentato, la figura di Francesco di Assisi. Questa mattina vorrei parlare di un altro santo appartenente alla prima generazione dei Frati Minori: Antonio di Padova o, come viene anche chiamato, da Lisbona, riferendosi alla sua città natale. Si tratta di uno dei santi più popolari in tutta la Chiesa Cattolica, venerato non solo a Padova, dove è stata innalzata una splendida Basilica che raccoglie le sue spoglie mortali, ma in tutto il mondo. Sono care ai fedeli le immagini e le statue che lo rappresentano con il giglio, simbolo della sua purezza, o con il Bambino Gesù tra le braccia, a ricordo di una miracolosa apparizione menzionata da alcune fonti letterarie.
Antonio ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana, con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico e, principalmente, di fervore mistico.
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Diventato Superiore provinciale dei Frati Minori dell’Italia settentrionale, continuò il ministero della predicazione, alternandolo con le mansioni di governo. Concluso l’incarico di Provinciale, si ritirò vicino a Padova, dove già altre volte si era recato. Dopo appena un anno, morì alle porte della Città, il 13 giugno 1231. Padova, che lo aveva accolto con affetto e venerazione in vita, gli tributò per sempre onore e devozione. Lo stesso Papa Gregorio IX, che dopo averlo ascoltato predicare lo aveva definito "Arca del Testamento", lo canonizzò nel 1232, anche in seguito ai miracoli avvenuti per sua intercessione.
Nell’ultimo periodo di vita, Antonio mise per iscritto due cicli di "Sermoni", intitolati rispettivamente "Sermoni domenicali" e "Sermoni sui Santi", destinati ai predicatori e agli insegnanti degli studi teologici dell’Ordine francescano. In essi egli commenta i testi della Scrittura presentati dalla Liturgia, utilizzando l’interpretazione patristico-medievale dei quattro sensi, quello letterale o storico, quello allegorico o cristologico, quello tropologico o morale, e quello anagogico, che orienta verso la vita eterna. Si tratta di testi teologico-omiletici, che riecheggiano la predicazione viva, in cui Antonio propone un vero e proprio itinerario di vita cristiana. È tanta la ricchezza di insegnamenti spirituali contenuta nei "Sermoni", che il Venerabile Papa Pio XII, nel 1946, proclamò Antonio Dottore della Chiesa, attribuendogli il titolo di "Dottore evangelico", perché da tali scritti emerge la freschezza e la bellezza del Vangelo; ancora oggi li possiamo leggere con grande profitto spirituale.
In essi, egli parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima. Secondo l’insegnamento di questo insigne Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti, indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti: obsecratio, oratio, postulatio, gratiarum actio. Potremmo tradurli così: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio, colloquiare affettuosamente con Lui, presentargli i nostri bisogni, lodarlo e ringraziarlo.
In questo insegnamento di sant’Antonio sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza.
Scrive ancora Antonio: "La carità è l’anima della fede, la rende viva; senza l’amore, la fede muore" (Sermones Dominicales et Festivi II, Messaggero, Padova 1979, p. 37).
Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di sant’Antonio. Egli conosce bene i difetti della natura umana, la tendenza a cadere nel peccato, per cui esorta continuamente a combattere l’inclinazione all’avidità, all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della generosità, dell’umiltà e dell’obbedienza, della castità e della purezza. Agli inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo. "O ricchi - così egli esorta - fatevi amici… i poveri, accoglieteli nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi negli eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della sicurezza, e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà" (Ibid., p. 29).
Non è forse questo, cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: "L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona" (n. 45).
Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, in modo particolare, quello della Natività, che gli suscitano sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.
Anche la visione del Crocifisso gli ispira pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovarvi un significato che arricchisce la vita. Scrive Antonio: "Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore... In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce" (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).
Cari amici, possa Antonio di Padova, tanto venerato dai fedeli, intercedere per la Chiesa intera, e soprattutto per coloro che si dedicano alla predicazione. Questi, traendo ispirazione dal suo esempio, abbiano cura di unire solida e sana dottrina, pietà sincera e fervorosa, incisività nella comunicazione. In quest’anno sacerdotale, preghiamo perché i sacerdoti e i diaconi svolgano con sollecitudine questo ministero di annuncio e attualizzazione della Parola di Dio ai fedeli, soprattutto attraverso le omelie liturgiche. Siano esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio raccomandava: "Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia la mente" (Sermones Dominicales et Festivi III, p. 59).
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