sabato 16 ottobre 2010

La pacifica convivenza di cristiani e musulmani in Medio Oriente: Il modello Giordania


La pacifica convivenza di cristiani e musulmani in Medio Oriente

Il modello Giordania

Roma, 16. Non un'utopia, ma una concreta possibilità. La pacifica convivenza tra cristiani e musulmani in Medio Oriente è da tempo una realtà in Giordania, proprio ai confini di una delle aree più conflittuali del pianeta. Tanto che ormai si parla di "modello Giordania", per indicare un esempio di dialogo e di convivenza tra religioni. Della significativa realtà giordana e della straordinaria portata delle opere sociali dei cristiani nell'area mediorientale si è parlato a "Sguardi sui cristiani del Medio Oriente", lo spazio culturale promosso a Roma dalla Custodia di Terra Santa, dall'Azione cattolica italiana e dal Forum internazionale di Azione cattolica in occasione del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente.

Un'opportunità per approfondire la conoscenza della realtà mediorientale al di là dei soliti luoghi comuni. Come quello, per esempio, che sostiene che la Terra Santa sia una regione soltanto conflittuale. Dimenticando, appunto, la Giordania, Paese che accoglie e assiste circa 500.000 profughi, soprattutto iracheni, e nel quale il dialogo tra musulmani e la piccola minoranza cristiana (3-4% della popolazione) è un esercizio concreto.

Di questo Paese, e della sua Chiesa vivace e matura, hanno raccontato il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, il suo ausiliare e vicario per la Giordania, Salim Sayegh, e Huda Muhasher, presidente della Caritas giordana.

Proprio la Muhasher ha spiegato il ruolo decisivo dei cristiani nella società civile giordana soprattutto attraverso quello speciale "dialogo" che nasce dalle opere. "Le nostre opere sono tante, e come laici abbiamo in esse un grande ruolo. La Caritas, nata inizialmente per rispondere ai gravi problemi causati dalla guerra dei sei giorni, da lì in poi ha fatto fronte a tutte le più gravi emergenze nazionali, compresa oggi quella degli immigrati. Abbiamo due fronti caritativi: uno verso i giordani, per i quali la Caritas è stata fondata, e uno verso tutti gli stranieri che arrivano nel Paese e che hanno bisogno di aiuto. Siamo un esempio di convivenza tra cristiani e musulmani: la maggior parte dei fondi che abbiamo ricevuto negli ultimi anni è stata destinata ai profughi iracheni e non ai giordani, e non abbiamo registrato reazioni negative a questo fatto". La Caritas giordana, tra le altre cose, ha progetti importanti per l'assistenza ai disabili - ai quali collaborano anche i musulmani - ed è l'unica organizzazione impegnata nelle carceri locali.

Il vescovo Sayegh ha definito la Giordania "un Paese sereno, nel quale la Chiesa è una cosa necessaria per far vivere insieme cristiani e musulmani. Pensiamo alle scuole: i musulmani desiderano che i loro figli frequentino le scuole cristiane, e di questo la comunità cristiana è orgogliosa. I rapporti sono buoni e da noi il fondamentalismo è un fatto molto limitato. E speriamo anche di migliorare".

Per Twal, "la Giordania gode di stabilità politica, economica e anche familiare, perché ci sono tante famiglie solide e numerose". E sottolinea anche come "molti si limitano a considerare la Terra Santa come composta soltanto da Israele e dai Territori palestinesi, e quindi segnata completamente dal conflitto. Invece la Giordania fa pienamente parte della Terra Santa, e i pellegrinaggi non dovrebbero dimenticarlo, sull'esempio dei tre Papi che, nella loro visita ai luoghi santi, sono tutti partiti dalla Giordania".

(©L'Osservatore Romano - 17 ottobre 2010)