venerdì 9 settembre 2011

A Perugia si apre la Sagra Musicale Umbra "La musica contemporanea deve incontrare il sacro" (Gianfranco Ravasi)




A Perugia si apre la Sagra Musicale Umbra

La musica contemporanea
deve incontrare il sacro


di Gianfranco Ravasi

La Sagra Musicale Umbra apre la sua sessantaseiesima edizione con un momento di riflessione sul rapporto tra arte e trascendenza. Sabato 10 settembre, nell’aula magna dell’Università per stranieri di Perugia, si svolge il «Colloquium: Musica e Fede», moderato dal compositore e nostro critico musicale Marcello Filotei. I lavori saranno presieduti e aperti dal cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, del quale riportiamo alcune considerazioni sul tema. Tra i partecipanti al dibattito figurano, tra gli altri, i compositori Salvatore Sciarrino e Giorgio Battistelli, i musicologi Quirino Principe e Giovanni Carli Ballola, il filosofo della musica Giovanni Guanti e il direttore del New College Choir di Oxford, del quale anticipiamo la relazione al link

Flaubert usava un’immagine vigorosa per definire lo stato dell’arte dei suoni: «Noi spesso battiamo su una caldaia incrinata una musica da far ballare gli orsi e invece vorremmo commuovere le stelle!». È un po’ ciò che accade talvolta nella liturgia, soprattutto in questi ultimi tempi. Ed è ingiusto accusare la riforma del concilio Vaticano II perché nella Sacrosanctum Concilium (nn. 112-121) si offrivano indicazioni significative, a partire dall’asserto di base: «La musica è parte integrante della liturgia, esprime dolcemente la preghiera, favorisce l’unanimità; e il repertorio accumulato nei secoli costituisce un patrimonio di valore da conservare».

Le direttrici concrete, poi, passavano attraverso capitoli che sarebbero tutti non solo da condividere ma da attuare in pienezza: la funzione delle scholae cantorum, la seria formazione musicale del clero e degli operatori pastorali, il ruolo del canto gregoriano, l’esaltazione dell’organo come strumento principe del culto cattolico (e anche protestante), il dialogo con la contemporaneità.

Quest’ultimo capitolo, che è decisivo, è stato purtroppo e spesso malamente e affrettatamente declinato; eppure è in sé necessario, come ha attestato la grande eredità della tradizione. Solo per fare un esempio, si pensi, infatti, all’innovazione impressionante (e forse allora anche scandalizzante) introdotta dalla polifonia rispetto alla purezza monodica del canto gregoriano. Ma questo avveniva ad alto livello con autori di grande originalità e preparazione, ed è ciò che è mancato ai nostri giorni. La musica contemporanea con la sua nuova grammatica deve incontrarsi col sacro, che ha canoni, testi e temi propri, per un incrocio che permetta una nuova fioritura.

Il percorso è, certo, arduo e lungo, sia a causa del divorzio che si è operato tra culto e musica di qualità, sia per la secolarizzazione e l’allontanamento radicale della società da ogni visione religiosa, sia per l’auto-reclusione della liturgia in forme scontate o superficialmente innovative oppure di mero ricalco del passato. L’impegno è, dunque, necessario e grave proprio per impedire quello che già nel vi secolo minacciava un originale scrittore cristiano come Cassiodoro che nelle sue Institutiones ammoniva: «Se continueremo a commettere ingiustizia, Dio ci lascerà senza la musica».

© L'Osservatore Romano 10 settembre 2011