Noi cattolici e il bene di tutti
di Francesco D'Agostino
L’ingresso nel nuovo governo Monti di alcuni illustri rappresentanti del 'mondo cattolico' è stato oggetto non solo di commenti politici (tutti legittimi), ma anche di alcuni commenti ideologici, che vanno invece rispediti ai mittenti. Spicca, tra questi, quello di Adriano Prosperi su 'Repubblica' del 19 novembre, che invita i nuovi ministri di area cattolica a dare al più presto prova di sé e a chiarire se possono o no essere caratterizzati come «cattolici adulti». Solo costoro infatti potrebbero dare, come governanti, una testimonianza di fede «che può andare d’accordo con la Costituzione». Tutti gli altri cattolici, evidentemente, no. Colpisce che un’espressione, come quella di «cattolici adulti», nata in un contesto ben diverso da quello odierno, potesse tornare a essere utilizzata con tanto semplicismo. Si tratta infatti di un’espressione infelice. Se esistono «cattolici adulti», esistono allora, di necessità, anche «cattolici bambini». Quest’ultima espressione potrebbe anche essere accettabile, ma solo in una prospettiva mistica, che ricordi che oggetto primario della tenerezza di Gesù sono appunto i bambini. In una prospettiva politica, invece, l’espressione è inaccettabile, perché da essa trasuda il disprezzo verso quei cattolici che ragionano (legittimamente) in modo politicamente diverso dagli autodefinitisi «adulti», e che per ciò solo sarebbero caratterizzati da infantilismo psicologico, da immaturità politica, da indebita e cieca sottomissione all’autorità ecclesiastica. Se però all’espressione «cattolici adulti» proprio non si vuole rinunciare, cerchiamo almeno di depurarla da queste valenze inaccettabili.
È 'politicamente adulto' il cattolico: a) che si assume sempre le sue responsabilità, davanti a Dio e davanti agli uomini e si guarda bene dallo scaricarle furbescamente su altri, in specie sui più deboli; b) che considera la politica non come mera gestione del potere, ma come un impegno per il bene comune di tutti i cittadini, credenti e non credenti, un impegno da portare avanti nel più completo disinteresse per il tornaconto personale, un impegno così arduo, che può, in casi straordinari, essere addirittura una via per la santificazione; c) che rispetta fino in fondo il principio di democrazia e di laicità e non cede alle suggestioni dell’autoritarismo; d) che è pronto ad ascoltare le legittime richieste che possono provenire dalla Chiesa e a difenderle, tranne nel caso in cui queste richieste (indipendentemente dalla buona fede di chi le possa avanzare) si configurino come rivolte ad ottenere privilegi, incompatibili con la tutela del bene comune, anzi passibili di introdurre nella comunità civile controversie e lacerazioni; e) che non 'sacralizza' ideologicamente la Costituzione come se fosse il vangelo di una nuova religione civile e l’unico contenitore possibile e immaginabile di 'valori', ma la considera laicamente come il patto fondamentale che unisce democraticamente tutti i cittadini e che per ciò solo merita rispetto e fedeltà.
Quanto detto comporta che l’impegno per la difesa dei valori 'non negoziabili' non è un tratto che caratterizzerebbe esclusivamente i presunti «cattolici bambini», chiusi in un ottuso clericalismo, e da cui i «cattolici adulti» dovrebbero tenersi ben lontani. Le questioni inerenti al pieno rispetto della vita umana, dall’inizio alla fine, alla difesa e valorizzazione del matrimonio e della famiglia, alla libertà di credere, pensare ed educare e, dunque, su questa base all’affermazione e alla tutela dei diritti degli anziani, dei giovani, dei lavoratori, degli immigrati non hanno carattere confessionale. Quando il cardinal Bagnasco – a Todi e altrove – indica ai suoi ascoltatori il dovere di difendere i valori non negoziabili, altro non fa che ricordare quali sono gli impegni che tutti gli uomini, credenti e non credenti, devono assumersi per difendere la nostra comune umanità. Il cristiano, e in particolare quello che assume incarichi politici, non opera per il bene dei 'suoi', ma opera per il bene di 'tutti'.
Si possono, ovviamente, avere legittime divergenze di opinione su come difendere in concreto i «valori non negoziabili», ma non sul fatto che essi vadano difesi. Soprattutto non è accettabile che si continui a propagadandare l’idea che l’impegno per la difesa di tali valori segni in Italia, e altrove, uno spartiacque tra cattolici e laici o, peggio ancora, tra «cattolici adulti» e «cattolici bambini ». Non ci stancheremo mai di ripeterlo, nella speranza che prima o poi queste considerazioni vengano comprese e accolte in tutta la loro importanza: è su di esse, non dimentichiamocelo mai, che si fonda l’unica possibilità di istituire in generale una corretta relazione tra 'cristianesimo' e 'politica'.
Fonte: Copyright 2011 © Avvenire 23 novembre 2011