Un interminabile applauso
di Gianluca Biccini
Forse l’ha ispirato la grigia architettura dell’edilizia popolare nelle città simbolo di regimi senza anima, come quelli nazista e comunista, che proprio qui a Berlino hanno provato a imporre una visione del mondo che esclude il divino dall’orizzonte umano; fatto sta che il riferimento di Benedetto XVI ai fabbricati «di cemento armato senza finestre in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio» è destinato a restare tra le immagini più suggestive del linguaggio ratzingeriano.
Se il discorso al Reichstag di giovedì pomeriggio doveva costituire una sorta di prova d’esame per il viaggio nella sua terra natale, il Papa lo ha superato a pieni voti. Lo testimoniano gli applausi strappati anche ai più scettici tra i parlamentari venuti ad ascoltarlo e i commenti positivi della maggior parte dei media tedeschi che stanno soppiantando le critiche iniziali.
Perché non solo alla fine gli scranni parlamentari vuoti erano molti di meno rispetto a quelli preannunciati da qualche politico in cerca di visibilità, ma anche perché tutto il discorso — interrotto più volte in segno di approvazione — è stato una vera e propria lectio magistralis sui fondamenti dello Stato liberale di diritto, destinata a travalicare i confini della Germania per parlare all’Europa intera. Ad altri spetterà ora raccogliere il suo invito a una discussione pubblica sull’argomento e analizzare a fondo queste parole, perché ignorare la memoria culturale del vecchio continente significa spalancare le porte al dominio esclusivo della ragione positivista, che finisce con il mettere fuori gioco l’uomo e la sua dignità.
Una risposta l’ha già data l’Aula del Reichstag, sulla cui facciata troneggia la scritta a grandi caratteri «Dem Deutschem wolke», dove Benedetto XVI è stato accolto da un minuto e mezzo di applausi tributatigli dai parlamentari alzatisi in piedi. Durante il discorso poi l’assemblea ha battuto le mani per altre tre volte, sottolineandone i passaggi più significativi ed apprezzati. Non solo, ma in un paio di occasioni il Papa ha anche strappato un sorriso ai presenti: quando all’inizio i commessi non gli hanno indicato il podio da cui doveva parlare e Benedetto XVI si è avviato allo scranno del presidente, salvo poi venire indirizzato al leggio collocato nel centro della grande sala; e quando ha scherzato sulla propria età avanzata, citando Hans Kelsen (1881-1973), grande teorico del positivismo giuridico, aggiungendo a braccio di sorprendersi «che a 84 anni si possa essere così ragionevole». Particolarmente apprezzati infine gli accenni al movimento ecologista, valsi al Pontefice tedesco le prime pagine dei maggiori quotidiani — il che non era affatto scontato alla vigilia — e numerosi servizi televisivi con tanto di approfondimenti e interviste a politici e gente comune. Anche per questo la conclusione dello storico discorso è stata suggellata da un’ovazione.
Al suo arrivo nel palazzo — che fu incendiato da Hitler e che ha visto sventolare anche la bandiera rossa delle truppe d’occupazione sovietiche — Benedetto XVI era stato accolto dal presidente del Bundestag, la Camera bassa, Norbert Lammert che lo ha poi accompagnato — insieme con il cardinale Bertone — nella sala 1S014, dove si è svolto un breve incontro con le cinque più alte cariche federali: il capo dello Stato, il cancelliere, i presidenti di Bundestag, Bundesrat (il senato presieduto da Hannelore Kraft) e Tribunale costituzionale. Gli sono stati poi presentati i capi dei gruppi parlamentari e i membri dell’ufficio di presidenza. E in segno di riconoscenza il Papa ha lasciato in dono un facsimile del «Papiro Bodmer VIII» che contiene le due lettere di Pietro. L’originale fu donato a Paolo VI nel 1969 e da allora è conservato nella Biblioteca apostolica vaticana.
Successivamente Benedetto XVI ha incontrato una quindicina di rappresentanti della Comunità ebraica di Berlino, quella che ha offerto il suo tributo di morte alla follia nazista con ben cinquantamila vittime. Attualmente con undicimila membri, soprattutto immigrati giunti dall’ex Unione sovietica alla fine della Guerra fredda, è la più numerosa della Germania, unico Paese del continente europeo dove il loro numero è in crescita. Il cordiale incontro si è svolto nel ricordo di quello svoltosi a Colonia, il 19 agosto 2005, con la più antica comunità ebraica della Germania.
La giornata berlinese di Benedetto XVI si è poi conclusa con la solenne messa serale all’aperto, nello stadio Olimpico, dove ai fedeli della capitale si sono uniti quelli provenienti dalle altre diocesi tedesche e dalle vicine Austria e Polonia. Decine di migliaia di persone che si erano prenotate con largo anticipo, rendendo inadeguato il piazzale di fronte al castello di Charlottenburg scelto inizialmente.
Gli organizzatori hanno dunque puntato sull’Olympiastadion. Nell’impianto sportivo voluto da Hitler per quelle che avrebbero dovuto essere le Olimpiadi della supremazia ariana, e nel quale una targa commemorativa ricorda l’epopea dell’atleta di colore Jesse Owens, che si impose di fronte agli ammutoliti gerarchi schierati sulle tribune, aveva celebrato messa anche Giovanni Paolo II. Era il 23 giugno 1996 e Papa Wojtyła, dopo aver beatificato due martiri del nazismo simbolo della resistenza cristiana a quell’ideologia di morte (i presbiteri Bernhard Lichtenberg e Karl Leisner, quest’ultimo ordinato sacerdote nel lager di Dachau da un altro prigioniero, il vescovo di Clermont-Ferrand), annunciò, all’Angelus, l’intenzione di convocare una seconda assemblea straordinaria per l’Europa del sinodo dei Vescovi.
Quindici anni dopo, nonostante qualche goccia di pioggia durante l’attesa, c’erano di nuovo tanti giovani per la messa di Papa Ratzinger, grazie anche alla decisione dell’arcidiocesi di Berlino di disporre la chiusura di diciannove scuole cattoliche della capitale e del Brandeburgo, per consentire agli ottomila studenti che le frequentano di parteciparvi. E grazie a un permesso speciale anche gli allievi cattolici delle strutture didattiche pubbliche hanno potuto lasciare le lezioni in anticipo.
Ad essi si sono aggiunti tanti dei polacchi che vivono in Germania, oltre a quelli provenienti dalla Polonia stessa — idealmente guidati dai cardinali Dziwisz, Nycz e Glemp giunti con altri vescovi loro connazionali — che dista poche ore di pullman o di treno.
Dopo il giro in papamobile sulla pista di atletica dello stadio, Benedetto XVI è stato accolto dal sindaco di Berlino, Klaus Wowereit, fresco di conferma elettorale. Il primo cittadino è infatti stato rieletto domenica scorsa per la terza volta alla guida della capitale. E in tale veste ha accompagnato il Papa al podio per la firma del Libro d’Oro della città.
Al termine della messa, celebrata «per la Santa Chiesa» alla presenza della statua bronzea mariana che si venera nel vicino santuario di Haltbuchhorst, il Pontefice, in sagrestia, ha salutato i funzionari del Protocollo federale incaricati della visita.
Infine, calate le ombre della sera sulle rive della Sprea, con la porta di Brandeburgo illuminata a giorno, mentre i berlinesi facevano ritorno alle loro case, il Papa è rientrato in nunziatura per il pernottamento.
© L'Osservatore Romano 24 settembre 2011