A Desio un convegno per celebrare i novant’anni dall’elezione di Pio XI
«Ci vuole un Papa missionario»
disse Ratti a Roncalli
di Alberto Guasco
A novant’anni di distanza dalla sua elezione al soglio di Pietro, molto lavoro storiografico è stato compiuto sulla figura di Achille Ratti. Quel lavoro, di maggiore o minor valore, ha conosciuto tempi differenti e differenti intensità. Nell’orgia di trionfalismo seguita, nel 1929, alla stipula dei Patti del Laterano, a leggere bene la stampa del tempo molti temi peculiari del pontificato rattiano venivano già chiaramente delineati.
Il 6 giugno 1929, ad esempio, la rivista «Gioventù Italica» dedicava ad Achille Ratti un fascicolo omaggio che presentava il Pontefice come il Papa dell’Azione cattolica, dei giovani, dei Patti del Laterano, degli studi, dell’unità delle Chiese, dell’Oriente, del pensiero sociale, delle missioni, delle encicliche.
Dieci anni dopo, all’indomani della morte del Pontefice, con l’agilità del giornalista e lo spessore dello storico, Luigi Salvatorelli riprendeva quelle costole d’indagine nel volume Pio XI e la sua eredità pontificale (Torino, Einaudi, 1939). Lo stesso — certo con un differente respiro ecclesiale — fece il nunzio Roncalli, nell’omelia funebre pronunciata in memoria di Papa Ratti il 19 febbraio 1939 nella basilica del Santo Spirito a Istanbul, ricordando il Pontefice defunto con quattro attributi: il signum sanctitatis (il fervore religioso di Ratti); la gloria honoris, ovvero la ricerca della libertà della Chiesa a livello giuridico (i concordati), magisteriale (la cultura e le encicliche) e apostolico (Azione Cattolica e attività missionaria); l’opus virtutis: (la fede di Ratti); e infine l’ammirazione del mondo (nel rapporto con le folle).
A vent’anni dalla morte di Pio XI molti, se non tutti, di questi temi ritornano nei discorsi pubblici in cui, tra il 1958 e il 1963, Giovanni XXIII fa riferimento al proprio predecessore, anche se in tono diverso rispetto ai canoni del tempo. Diverso, va da sé, dai canoni dell’anticlericalismo che segnano Il manganello e l’aspersorio, pamphlet polemico firmato nel 1957 da Ernesto Rossi, che — spiace dirlo di un uomo di levatura intellettuale e morale — fa torto all’intelligenza del suo autore.
Chi è dunque il Ratti del Roncalli Papa? Ratti è in primo luogo l’uomo di cultura, il dottore e il prefetto dell’Ambrosiana conosciuto dal chierico Angelo Roncalli fin da giovane sacerdote, quando «si trovava assai spesso con D. Achille Ratti all’Ambrosiana, per studi e ricerche d’archivio»; è l’erudito al quale don Roncalli — che lo ricorderà in due discorsi del 1960 e del 1961 — inviò i propri lavori, La Misericordia Maggiore di Bergamo e le altre istituzioni e Atti della Visita Apostolica di San Carlo.
Ratti è poi il Papa dell’azione religiosa, anzi dell’Azione cattolica: Roncalli lo chiama «il Patriarca» e «il restauratore» dell’Ac, alludendo naturalmente alla riforma associativa del 1923 e rievocando più volte nei propri discorsi il suo ruolo di «precorritore delle rinnovate esigenze dei tempi», il suo impegno «per la cristiana formazione della gioventù» e la sua concezione di Azione cattolica quale «cooperazione dei laici all’apostolato gerarchico», secondo un’impostazione «missionaria» e «apostolica».
Conseguenza diretta, per Roncalli Ratti è il Papa delle missioni. Dopo la già citata omelia funebre del 1939, per almeno altre tre volte nei suoi discorsi ufficiali Giovanni XXIII riporta la confidenza fattagli da Ratti alla vigilia del conclave 1922: della necessità di un Papa missionario — così in un discorso del 3 aprile 1960 «ebbe modo di parlarne al Cardinale Ratti alla vigilia del Conclave, (...) auspicando un Papa particolarmente dedito alle moltiplicate iniziative per diffondere il Vangelo in tutte le latitudini».
Il 23 maggio 1961 ribadì che «mentre lo accompagnava dalla residenza romana al Conclave avevano convenuto circa la necessità di pregare perché il Signore desse alla Chiesa un Papa missionario come lo esigevano i tempi. Il Cardinale Ratti diceva che era impossibile che un Papa non fosse sollecito particolarmente per le missioni e le opere di pace (...) E Pio XI si dedicò alle Missioni immediatamente e con fervido entusiasmo; cosa straordinaria per molti che vedevano in lui il bibliotecario, dedito alle vecchie carte». E nuovamente accennò a tale particolare il 25 novembre 1962.
© L'Osservatore Romano 5 febbraio 2012