Per la nuova evangelizzazione
Segno di Dio
nel cuore della metropoli
di Lluis Martínez Sistach
Cardinale arcivescovo di Barcellona
Antoni Gaudí, quando iniziò la costruzione della basilica della Sagrada Familia, disse profeticamente che questo tempio sarebbe stato al centro della città di Barcellona. La basilica, pur nascendo in quello che era un quartiere periferico della città, a motivo della costante espansione urbanistica s’innalza ora nel centro geografico di Barcellona, in un punto equidistante dai monti e dal mare, e dai due fiumi che limitano il suo spazio urbano, il Besós e il Llobregat. Il geniale architetto aveva visto giusto.
La Sagrada Familia sorge al centro di una città cosmopolita che partecipa alla secolarizzazione propria delle grandi città dell’Occidente europeo. Alcuni si chiedono cosa significhi erigere un tempio come quello della Sagrada Familia nella società moderna. Quest’opera meravigliosa attrae milioni di persone da tutto il mondo perché la «nuova architettura» di Gaudí riposa su ciò che lo spirito umano cerca con insistenza: la proporzione, l’armonia. In definitiva, la bellezza. Possiamo dire che la basilica è una cartografia del sacro, una grande mappa aperta dove il mondo può leggere i grandi interrogativi della vita, dell’origine e della fine, del cielo e della terra.
Benedetto XVI, nell’omelia di dedicazione di questo tempio, ha affermato: «Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice di quest’opera d’arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezza e la Bellezza medesime».
La costruzione di una chiesa è un’opera dal profondo significato in un’epoca in cui l’uomo pretende di edificare la sua vita voltando le spalle a Dio, come se Dio non esistesse. È la presenza della trascendenza nella vita secolare della città. Il Papa, nella stessa omelia di dedicazione, riferendosi a Gaudí, ha detto che «aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa». Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: «Una chiesa [è] l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo».
La presenza della bellezza e della simbologia della basilica della Sagrada Familia è un annuncio dei grandi misteri di Gesù Cristo: l’incarnazione, la passione, la morte, la risurrezione e l’ascensione alla gloria celeste, che occupano le due facciate terminate della Nascita e della Passione e che occuperanno quella della Gloria in costruzione. Il presidente del dicastero della Nuova Evangelizzazione, l’arcivescovo Rino Fisichella, ha detto che nella Sagrada Familia «ritroviamo una grande icona di ciò a cui il nuovo dicastero intende dedicarsi. Le sue torri obbligano a guardare verso il cielo. Essa coesiste con un mare di edifici moderni e ci indica che la città e il tempio non sono due mondi estranei, ma che sono fatti l’uno per l’altro».
In mezzo a una città europea e moderna, e in un tempo in cui il laicismo sembra deciso a confinare l’espressione della fede nell’ambito privato, ostacolando la visibilità della fede e delle comunità religiose, la basilica, visibile da ogni angolo della città, è un invito a non fermarsi alla dimensione orizzontale dell’esistenza umana, ma a levare lo sguardo verso l’alto.
Era proprio questo il «sogno di Gaudí» mentre plasmava questa «cattedrale» tanto originale e unica al mondo. Contemplando già nella sua immaginazione le torri che oggi sono come l’emblema della città di Barcellona, diceva: «Queste iscrizioni saranno come una fascia elicoidale che salirà lungo le torri. Tutti coloro che le leggeranno, persino gli increduli, intoneranno l’inno alla Santissima Trinità, man mano che scopriranno il loro contenuto: il Sanctus, Sanctus, Sanctus che, mentre lo leggeranno, guiderà il loro sguardo verso il cielo».
Non vi è alcun dubbio sull’intenzione evangelizzatrice del nostro geniale architetto, il servo di Dio Antoni Gaudí. Sono certo che il suo desiderio di portare i non credenti alla confessione della gloria di Dio era ispirato dal suo sentimento di rispetto verso di loro e dalla bontà del suo cuore. La basilica, per la sua singolare bellezza e per la sua ricchissima simbologia biblica e liturgica, continua a offrire a molti dei suoi visitatori, nel centro di Barcellona, un cortile dei gentili dove essere evangelizzati e a molti altri un incontro personale con il Signore mediante la catechesi di pietra dei suoi portici, delle sue navate e delle sue torri.
La dedicazione della basilica è stata unita alla visita all’opera benefico-sociale del Nen Déu. Il Papa ha sottolineato la relazione esistente fra queste due realtà, dicendo che «sono come due simboli, nella Barcellona di oggi, della fecondità di quella stessa fede, che segnò anche le profondità di questo popolo e che, attraverso la carità e la bellezza del mistero di Dio, contribuisce a creare una società più degna dell’uomo. In effetti, la bellezza, la santità e l’amore di Dio portano l’uomo a vivere nel mondo con speranza».
(©L'Osservatore Romano 1 giugno 2011)