Solennità di Nostra Signora della Guardia - Vigilia
Genova, Santuario di N.S. della Guardia,
28 agosto 2011
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore
con gioia siamo saliti al nostro santuario dopo il tradizionale pellegrinaggio a piedi. E' in sé una piccola cosa, ma ha un grande valore simbolico: ci ricorda che la vita terrena è un andare verso il Cielo. Se vivessimo veramente in questo orizzonte, daremmo alle cose il loro giusto peso, ed esse starebbero al loro posto nonostante le lusinghe del mondo. Scopriremmo che prendersi cura dell'anima è più importante che curare l'efficienza del corpo. Ci renderemmo conto che "la sola vera vecchiaia (oggi esorcizzata in tutti i modi) è l'egoismo" (Madeleine Delbrel).
"Insegnaci a contare i nostri giorni / e giungeremo alla sapienza del cuore" recita il salmo 90. Abbiamo tutti bisogno, a qualunque età, di diventare sapienti, di stare sulla strada della formazione continua, dell'educazione cristiana. Siamo, infatti, tutti insidiati da una cultura che semina menzogne e fa pensare che l'uomo vero è colui che ha potere e denaro, che le regole sono nemiche della libertà, che bisogna lasciarsi guidare dalle sensazioni più che dalla ragione, che il bene morale è ciò che conviene senza sacrificio. E' un'aria che corrode il modo di concepire la vita, la famiglia, il lavoro, il senso del dovere e di Dio stesso.
I segnali dello smarrimento sono evidenti: chi sono? E' giusto essere onesto, sacrificarmi per gli altri, farmi una famiglia, mettere al mondo dei figli? Quale futuro avanza? Come cristiani non possiamo stare a guardare. Ecco perché i Vescovi italiani hanno messo al centro del decennio pastorale l'impegno dell'educazione.
Se parliamo dell'educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, ci chiediamo: a chi tocca questo affascinante e impegnativo compito? In primissimo luogo ai genitori: da che mondo è mondo, sono loro i primi e insostituibili educatori dei figli per diritto naturale. Nessuno si può e si deve sostituire quando essi ci sono. La Chiesa e lo Stato devono affiancarsi ma non sostituirsi in questo diritto-dovere insito nella generazione stessa. Il compito non è facile, non lo è mai stato, tanto meno ai nostri giorni. Ma la grazia di Dio non manca. Essi devono accendere nei figli l'uomo e il figlio di Dio che è in ciascuno. Sì, perché concepire e dare alla luce una vita, è un "miracolo" di Dio al quale ai genitori è dato di partecipare; ma essi devono anche "dare alla luce" una persona e un cristiano. E questo è un altro miracolo che chiede la forza della grazia e una gestazione lenta, paziente, spesso sofferta, che muta negli anni e che terminerà solo in Cielo. L'educazione è proprio questo: generare l' uomo spirituale e morale, l'uomo del corpo ma anche dell'anima.
Vorrei, questa sera, mettere in rilievo un aspetto di fondo. Se pensiamo alla nostra famiglia, sentiamo – in un modo o in un altro - un'onda di calore. Questo calore benefico crescerà in noi quanto più andremo avanti negli anni, anche quando i nostri genitori saranno in Cielo. Forse, anche nelle nostre famiglie ci sono state difficoltà e prove, e non parlo di quelle legate a lavoro, malattie, o altre disagi; parlo delle difficoltà interne. Non sempre tutto è ideale né dei caratteri, né delle situazioni affettive: ciò nonostante, la famiglia ha tenuto duro, ha retto alle inevitabili usure e stanchezze, agli alti e bassi. E noi, figli di ieri o di oggi, abbiamo intuito che su quella realtà, su quel piccolo nucleo, noi potevamo contare. Sentivamo che, in mezzo alle durezze dell'esistenza, c'era una zona franca, un punto certo nel quale trovare attenzione e ascolto, richiamo e incoraggiamento. Sapevamo che, in quel grembo, qualcuno aveva fiducia in noi nonostante i nostri limiti, errori, insuccessi o paure. Non era un nido dove fuggire dal mondo reale, una bolla virtuale dove ci veniva risparmiata la parola severa, le regole, o dove venivamo messi al riparo dalle difficoltà. Al contrario! Era un luogo dove si faceva verità su di noi in modo saggio, dove si scopriva il nome giusto delle cose, la distinzione tra bene e male, tra doveri e diritti: un luogo dove l'intreccio di presenza certa e di amore solido ci ricostituiva le forze. E così, dentro a quel grembo esigente e accogliente, abbiamo imparato la fiducia in noi stessi, negli altri, nella vita. Abbiamo imparato a non avere paura delle prove, dei dolori, ma ad affrontarli, a superarli e a portarli con l'aiuto di Dio, dei vivi e dei nostri morti.
Cari ragazzi di Genova, si è appena conclusa la Giornata Mondiale della Gioventù, grande intuizione educativa che la Chiesa pone a vostro servizio: mentre ringraziamo il Signore e il Santo Padre Benedetto XVI, ricordate che un giorno, diventati adulti e vecchi, ripenserete alla famiglia che vi ha generati e formati, e vi sentirete investiti da quell'onda calda e benefica che continuerà a darvi coraggio e forza. Il Vangelo del matrimonio e della famiglia è anche tutto questo: grembo fecondo e scuola di umanità e di fede, piccola chiesa che vive nelle case della nostra Città. Su di voi genitori e sui vostri figli, da questo santuario invochiamo la benedizione di Maria Santissima. Sia Lei la celeste Guardiana delle vostre case.
"Insegnaci a contare i nostri giorni / e giungeremo alla sapienza del cuore" recita il salmo 90. Abbiamo tutti bisogno, a qualunque età, di diventare sapienti, di stare sulla strada della formazione continua, dell'educazione cristiana. Siamo, infatti, tutti insidiati da una cultura che semina menzogne e fa pensare che l'uomo vero è colui che ha potere e denaro, che le regole sono nemiche della libertà, che bisogna lasciarsi guidare dalle sensazioni più che dalla ragione, che il bene morale è ciò che conviene senza sacrificio. E' un'aria che corrode il modo di concepire la vita, la famiglia, il lavoro, il senso del dovere e di Dio stesso.
I segnali dello smarrimento sono evidenti: chi sono? E' giusto essere onesto, sacrificarmi per gli altri, farmi una famiglia, mettere al mondo dei figli? Quale futuro avanza? Come cristiani non possiamo stare a guardare. Ecco perché i Vescovi italiani hanno messo al centro del decennio pastorale l'impegno dell'educazione.
Se parliamo dell'educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, ci chiediamo: a chi tocca questo affascinante e impegnativo compito? In primissimo luogo ai genitori: da che mondo è mondo, sono loro i primi e insostituibili educatori dei figli per diritto naturale. Nessuno si può e si deve sostituire quando essi ci sono. La Chiesa e lo Stato devono affiancarsi ma non sostituirsi in questo diritto-dovere insito nella generazione stessa. Il compito non è facile, non lo è mai stato, tanto meno ai nostri giorni. Ma la grazia di Dio non manca. Essi devono accendere nei figli l'uomo e il figlio di Dio che è in ciascuno. Sì, perché concepire e dare alla luce una vita, è un "miracolo" di Dio al quale ai genitori è dato di partecipare; ma essi devono anche "dare alla luce" una persona e un cristiano. E questo è un altro miracolo che chiede la forza della grazia e una gestazione lenta, paziente, spesso sofferta, che muta negli anni e che terminerà solo in Cielo. L'educazione è proprio questo: generare l' uomo spirituale e morale, l'uomo del corpo ma anche dell'anima.
Vorrei, questa sera, mettere in rilievo un aspetto di fondo. Se pensiamo alla nostra famiglia, sentiamo – in un modo o in un altro - un'onda di calore. Questo calore benefico crescerà in noi quanto più andremo avanti negli anni, anche quando i nostri genitori saranno in Cielo. Forse, anche nelle nostre famiglie ci sono state difficoltà e prove, e non parlo di quelle legate a lavoro, malattie, o altre disagi; parlo delle difficoltà interne. Non sempre tutto è ideale né dei caratteri, né delle situazioni affettive: ciò nonostante, la famiglia ha tenuto duro, ha retto alle inevitabili usure e stanchezze, agli alti e bassi. E noi, figli di ieri o di oggi, abbiamo intuito che su quella realtà, su quel piccolo nucleo, noi potevamo contare. Sentivamo che, in mezzo alle durezze dell'esistenza, c'era una zona franca, un punto certo nel quale trovare attenzione e ascolto, richiamo e incoraggiamento. Sapevamo che, in quel grembo, qualcuno aveva fiducia in noi nonostante i nostri limiti, errori, insuccessi o paure. Non era un nido dove fuggire dal mondo reale, una bolla virtuale dove ci veniva risparmiata la parola severa, le regole, o dove venivamo messi al riparo dalle difficoltà. Al contrario! Era un luogo dove si faceva verità su di noi in modo saggio, dove si scopriva il nome giusto delle cose, la distinzione tra bene e male, tra doveri e diritti: un luogo dove l'intreccio di presenza certa e di amore solido ci ricostituiva le forze. E così, dentro a quel grembo esigente e accogliente, abbiamo imparato la fiducia in noi stessi, negli altri, nella vita. Abbiamo imparato a non avere paura delle prove, dei dolori, ma ad affrontarli, a superarli e a portarli con l'aiuto di Dio, dei vivi e dei nostri morti.
Quel nucleo generatore – la famiglia – non era però un nucleo dai confini cangianti e dai tempi incerti, che non avrebbe potuto darci sicurezza affettiva. Ma era un nucleo definito e stabile, su cui sapevamo di poter contare come su roccia ferma e affidabile. E' questa la vera identità e la missione della famiglia che nel nostro Paese, nonostante tutto, rappresenta ancora un punto di riferimento. Come sappiamo, esistono tendenze che mirano a snaturare il volto della famiglia, rendendola un soggetto plurimo e ondivago, senza il sigillo oggettivo del matrimonio. Si vuole far accreditare culturalmente situazioni dove i rapporti si possono fare e disfare in nome dell'autenticità dei sentimenti o addirittura del bene dei figli. Ma, ci dobbiamo chiedere: una realtà incerta e variabile può dare sicurezza? E ancora: i figli non hanno forse diritto a qualunque sacrificio pur di tenere salda la coppia e la famiglia? Non è forse questo l'atto di amore e di educazione più grande dei genitori? E anche il loro preciso dovere? E laddove questo accade, non è nata un'unione più forte e matura, e anche più bella e felice? E i figli non ne hanno forse giovato per la loro educazione? Per questo lo Stato, che di per sé deve difendere e costruire il bene comune, ha il compito grave di salvaguardare e di promuovere il bene primario della famiglia, per cui un uomo e una donna si scelgono nell'amore e si consacrano totalmente e per sempre l'uno all'altra con il vincolo del matrimonio. Ci si sposa per se stessi in forza del proprio amore – certo! - ma anche per la comunità intera, nella quale ognuno – individuo e nucleo – vive con legami virtuosi di reciprocità solidale, e verso la quale ha diritti e doveri. Chi ha responsabilità della cosa pubblica deve saper guardare lontano, alle conseguenze delle proprie decisioni, se non vuole porre premesse disgregative della stabilità futura, sia delle persone che della società.
Angelo Card. Bagnasco
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