La festa della Trasfigurazione nella tradizione siro-occidentale
Oggi il Signore trasfigurato
rinnova Adamo
di Manuel Nin
Nella tradizione siro-occidentale la grande festa della Trasfigurazione del Signore sottolinea con immagini molto belle il manifestarsi della divinità di Cristo per mezzo della sua umanità: «Signore Dio, facci degni di festeggiare in santità, di salmodiare in purezza, e di cantarti con canti di gioia, nella festa della manifestazione della gloria della tua divinità sul monte Tabor. La tua grazia, infatti, ci fa passare dal male al bene, dal peccato alla giustizia». La trasfigurazione manifesta la divinità di Cristo, in qualche modo a misura della capacità dei discepoli.
Nel vespro il sedro, composizione liturgica siriaca in prosa poetica, descrive i fatti avvenuti sul Tabor: «Tu, Signore, hai voluto che lo spirito umano possa avvicinarsi alla tua maestà, e hai voluto anche che risplenda la tua luce eterna, il tuo Figlio unigenito, e splenda nella creazione per illuminare coloro che sedevano nelle tenebre e nell’ombra della morte. E lui apparve sulla terra nella nostra natura umana per restaurare in essa la maestosa immagine della tua conoscenza».
Con una lunga serie di frasi che iniziano con «oggi», il sedro enumera poi i fatti salvifici: «Oggi gli angeli scendono per onorare il Figlio unigenito che ha mutato il suo aspetto per manifestare al mondo la ricchezza della sua gloria. Oggi Pietro, Giacomo e Giovanni si rallegrano perché hanno visto la gloria della sua maestà e sono stati presi da timore e spavento davanti alla sua visione. Oggi Elia il Tesbita arriva e adora il Signore dei profeti che è venuto per autenticare le sue profezie. Oggi Mosè, il capo dei profeti, si alza dalla tomba e viene per vedere il Signore che gli apparve nel roveto ardente e non consumato. Oggi i discepoli comprendono che il tuo Figlio unigenito ha il potere sui viventi e sui morti, e sanno che morirà anche lui e vivrà, e con la sua morte vivificherà i popoli e le nazioni».
I testi accostano diversi passi dell’Antico e del Nuovo Testamento come prefigurazione della redenzione di Cristo: «Oggi arriva Elia il profeta per intercedere presso il tuo Figlio amato per la salvezza degli uomini e lo supplica dicendo: Signore, se la salita di Isacco verso il sacrificio ha santificato l’altare, come la tua salita al Golgota non santificherà tutti gli uomini? Alzati, Signore, sull’altare prefigurato da Melchisedec, perché tu sei il pane vivente e l’offerta santa che accetti olocausti e sacrifici. Vieni, Signore, per crocifiggere il peccato e uccidere la morte, e che Adamo sia bagnato dal tuo sangue vivificante. Oggi Mosè il profeta supplica il tuo Figlio amato, dicendo: scendi, Signore, verso Adamo il tuo figlio amato, e rinnova l’immagine della sua gloria, perché la somiglianza della tua maestà era stata cancellata. Adamo ti aspetta e geme dicendo che tu devi venire a ridargli la gioia, a lui e a coloro che con lui giacciono in prigione».
Anche Efrem mette il Tabor in parallelo col Golgota: «Quando Simone salì sul Tabor — per fortuna all’insaputa dei crocifissori — cercò di persuadere il Signore: Signore, è bello di essere quassù, senza coloro che ci potrebbero disturbare! È bello per noi essere coi giusti nella tenda della beatitudine. Ed è riposante essere con Mosè ed Elia, e non nel tempio, pieno di odio e di amarezza».
E facendo l’elogio di Pietro Efrem gli mette accanto Giacomo e Giovanni: «Beato sei tu, Simone, tu che sei stato come il capo e la lingua del corpo dei tuoi fratelli! Questo corpo è costituito dai discepoli e i figli di Zebedeo ne erano gli occhi. Beati loro che chiesero al loro maestro dei troni dopo aver contemplato il suo trono. Per mezzo di Simone fu udita la rivelazione che veniva da Dio ed essa diventa pietra che non si muove».
Spesso Efrem torna sull’immagine del corpo degli apostoli con Pietro come capo, accostando sempre Tabor e Golgota: «L’odore del regno riempiva Simone, ed era a lui dolce. Vide la gloria del Signore e non la sua ignominia, e si rallegrò della presenza di Mosè e di Elia e dell’assenza di Caifa ed Erode. Simone, malgrado la sua ignoranza, parlò con molta saggezza, e riconobbe Mosè ed Elia. Lo Spirito, manifestandosi per mezzo della bocca di Simone, disse delle cose che lo stesso Simone ignorava prima. Luce dello Spirito e libertà umana agirono insieme».
Efrem presenta infine la trasfigurazione del Signore come prefigurazione della sua risurrezione: «Trasformò il suo volto sulla montagna, prima di morire, affinché i discepoli non dubitassero della trasformazione del suo volto dopo la sua morte e credessero che colui che ha mutato i vestiti con cui era ricoperto risusciterà anche i corpi con cui era rivestito».
© L'Osservatore Romano 6 agosto 2011