La sonda della Nasa Dawn ha raggiunto l’asteroide Vesta tra Marte e Giove
per indagare sulle origini del sistema solare
Appuntamento all’alba
di Maria Maggi
L’asteroide Vesta fu scoperto dall’astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers il 29 marzo 1807 dal suo osservatorio di Brema. È l’unico della Cintura degli asteroidi tra Marte e Giove visibile a occhio nudo. Tra questi è il secondo oggetto più massiccio con un diametro di 530 chilometri. Olbers concesse al grande matematico Carl Friedrich Gauss il piacere di battezzare il nuovo asteroide, che ebbe il nome della dea romana Vesta. Era la dea del focolare domestico, venerata in ogni casa, il cui culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro.
Il 16 luglio scorso questo asteroide è stato raggiunto dalla sonda della Nasa Dawn che, mediante il docile motore a propulsione ionica, lentamente, con un movimento a spirale, gli sta ruotando attorno. È la prima volta che una sonda spaziale entra in orbita attorno a un asteroide della Fascia principale.
Le prime fotografie di Dawn arrivate a Terra sono molto spettacolari anche se riprese da distanze ancora elevate. Dopo aver raccolto una grande quantità di immagini e dati, Dawn riaccenderà i suoi motori e si sposterà in un’orbita più bassa, eventualmente arrivando a soli 160 chilometri, più in basso dei satelliti che ruotano attorno alla Terra.
Si sapeva già che Vesta era un corpo roccioso, probabilmente più simile alla Luna o a Mercurio che ai piccoli asteroidi avvicinati da sonde fino a ora. Per esempio, c’è un enorme cratere d’impatto al polo sud, e dentro al cratere c’è una montagna, che da sola è molto più grande dell’asteroide Eros (visitato dalla sonda della Nasa Near Shoemaker, che si è posata sulla sua superficie il 12 febbraio 2001). Il telescopio spaziale Hubble aveva catturato alcune immagini di Vesta durante il suo periodo di rotazione di 5 ore e 20 minuti: si notavano alcune differenze in luminosità e colore nella superficie dell’asteroide. Queste caratteristiche indicavano la presenza di strutture superficiali in larga scala che la sonda Dawn osserverà con dovizia di particolari durante la sua visita.
La missione Dawn, che durerà un anno, potrà raccogliere i dati sulle temperature, e gli scienziati riusciranno così a dedurre delle medie più precise di quelle attualmente disponibili.
Naturalmente le analisi della sonda non si fermeranno alle temperature e lo studio dell’asteroide sarà notevolmente approfondito. Saranno presi dati per accertare la teoria che considera Vesta un proto-pianeta. L’asteroide, infatti, stava per diventare un pianeta vero e proprio, quando Giove ne interruppe la crescita: il gigante gassoso era diventato così massiccio che la sua gravità risucchiò buona parte del materiale della Cintura degli asteroidi, cosicché gli oggetti rimasti non poterono più accrescersi significativamente. Vesta, quindi, con una superficie che si ritiene essere tra le più antiche dell’intero sistema solare, ci potrebbe insegnare moltissimo riguardo a come avviene la formazione dei pianeti.
Gli studiosi del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, che seguono la missione, stanno lavorando per interpretare, nelle prime immagini inviate da Dawn, le caratteristiche del suolo con crateri, increspature e vallate, che si estendono per grandi distanze. Il lavoro di mappatura fotografica e spettroscopica della superficie dell’asteroide, appena cominciato, avrà la durata di circa un anno.
Tra gli obiettivi scientifici primari della missione vi sono quelli di stabilire quali effetti abbiano i raggi cosmici sull’asteroide, di determinarne la composizione mineralogica e la struttura interna, di trovare eventuali segni di passata attività vulcanica. Ai primordi del sistema solare, infatti, si pensa che Vesta fosse abbastanza caldo da fondere al proprio interno. Questo avrebbe permesso la differenziazione dell’asteroide. Si suppone che Vesta possieda una struttura interna: un nucleo metallico di ferro e nichel, un mantello roccioso sovrastante di olivina e una crosta superficiale di roccia basaltica. Queste ipotesi sulla struttura e sulla storia geologica di Vesta sono dedotte dall’analisi di «campioni» di questo pianetino, perché esiste una vasta collezione di oltre 200 meteoriti, provenienti da esso, accessibile agli scienziati. Le fotocamere, inoltre, cercheranno piccole lune presenti nelle vicinanze di Vesta.
Anche l’Italia contribuisce a questa missione tramite lo spettrometro Vir (Visible and InfraRed mapping spectrometer), fornito dall’Agenzia spaziale italiana, ha iniziato a raccogliere dati scientifici nei primi giorni di agosto.
Dawn, che percorrerà in tutto 4,8 miliardi di chilometri, è stata lanciata il 27 settembre del 2007 da Cape Canaveral. Dopo aver orbitato intorno a Vesta, nel luglio 2012 inizierà una seconda lunga fase di viaggio a una velocità di 6,7 chilometri al secondo per raggiungere nel 2015 la seconda destinazione nella Cintura degli asteroidi: il pianeta nano Cerere. Seguirà una procedura di avvicinamento e inserzione in orbita simile a quella adottata nel caso di Vesta. Cerere è il più grande inquilino della affollata Cintura, ora «promosso» a pianeta nano proprio per le sue dimensioni: infatti ha 940 chilometri di diametro.
Cerere fu scoperto il 1° gennaio 1801 dall’astronomo Giuseppe Piazzi, dal suo osservatorio di Palermo. Quando lo vide, pensò che fosse il pianeta mancante tra Marte e Giove, secondo la famosa «regola di Bode». Gli diede il nome di Cerere, divinità romana della terra e della fertilità. Un anno dopo Olbers scoprì un oggetto celeste simile a Cerere, che chiamò Pallade. L’astronomo tedesco, riflettendo sulle strettissime analogie tra le orbite di questi due corpi celesti, pensò che non fosse casuale e ipotizzò che essi fossero frammenti di un primitivo pianeta disintegratosi per cause ignote. Nel 1804 l’astronomo tedesco Karl Ludwig Harding scoprì un terzo pianetino: Giunone. Dopo tre anni avvenne la scoperta di Vesta. In seguito furono trovati decine di migliaia di asteroidi con orbite tra Marte e Giove. Si rinforzò così l’ipotesi di un antico pianeta disintegratosi. Ora, però, gli scienziati sono convinti che gli asteroidi non abbiano mai fatto parte di un unico pianeta. La teoria corrente, infatti, ipotizza che i corpi celesti Cerere e Vesta siano vestigia del fondamentale passaggio intermedio, nel processo di formazione del sistema solare, dai planetesimi primordiali ai pianeti odierni. In particolare lo spettrometro Vir indagherà la superficie di entrambi gli asteroidi per mapparne il suolo e avere così una migliore comprensione sulla composizione mineralogica, cercando di scoprirne i meccanismi di formazione ed evoluzione.
Proprio grazie alle immagini e ai dati inviati da Dawn gli esperti sperano di ottenere preziose informazioni sugli albori del nostro sistema solare. Dawn in inglese significa «alba».
© L'Osservatore Romano 26 agosto 2011