La Vergine riferimento esemplare di fronte alla Parola di Dio
Maria è un patrimonio
dei cristiani e dell’umanità
di Salvatore M. Perrella
Solo avendo presente l’habitat e il contesto vitale della Rivelazione cristico/trinitaria e biblica, la Chiesa può accogliere Maria quale madre, serva e megafono della Parola, che rende sapienti, familiari e prossimi di Dio e a Dio non solo i credenti, perché capaci di portare bene e bontà al mondo, opponendo una forte resistenza al pervasivo male. Infatti osservava Benedetto XVI nella sua prima omelia sull’Assunta, pochi mesi dopo la sua elezione al pontificato: «Maria vive della parola di Dio, è pervasa dalla parola di Dio. E questo essere immersa nella parola di Dio, questo essere totalmente familiare con la parola di Dio le dà poi anche la luce interiore della sapienza. Chi pensa con Dio pensa bene, e chi parla con Dio parla bene. Ha criteri di giudizio validi per tutte le cose del mondo. Diventa sapiente, saggio e, nello stesso tempo, buono; diventa anche forte e coraggioso, con la forza di Dio che resiste al male e promuove il bene nel mondo. E, così, Maria parla con noi, parla a noi, ci invita a conoscere la parola di Dio, ad amare la parola di Dio, a vivere con la parola di Dio, a pensare con la parola di Dio».
Maria, sorella nostra, rammenta cordialmente ai credenti e alla stessa Chiesa che, se ci si lascia orientare come lei dalla Parola, diventiamo, per grazia, rifrangenze della sola Luce che illumina e scalda il cuore e la vita.
Benedetto XVI ha promulgato una corposa esortazione postsinodale dal significativo titolo Verbum Domini. Come abbiamo già rilevato, Papa Ratzinger ha proposto delle cogenti riflessioni mariologiche assai utili per comprendere e accogliere esistenzialmente nella vita della Chiesa e di ogni singolo la Parola che ha posto la sua casa fra noi. Al Papa teologo sta a cuore la vitalità della Parola di Dio, che è essenzialmente la persona del Cristo e il suo Vangelo. Anche nell’Angelus di domenica 26 ottobre 2008, giorno conclusivo del Sinodo, egli ribadiva il fatto, non del tutto scontato, che «una buona esegesi biblica esige sia il metodo storico-critico sia quello teologico, perché la Sacra Scrittura è Parola di Dio in parole umane. Questo comporta che ogni testo debba essere letto e interpretato tenendo presenti l’unità di tutta la Scrittura, la viva tradizione della Chiesa e la luce della fede. Se è vero che la Bibbia è anche un’opera letteraria, anzi, il grande codice della cultura universale, è anche vero che essa non va spogliata dell’elemento divino, ma deve essere letta nello stesso Spirito in cui è stata composta. Esegesi scientifica e lectio divina sono dunque entrambe necessarie e complementari per ricercare, attraverso il significato letterale, quello spirituale, che Dio vuole comunicare a noi oggi».
Il XII Sinodo dei Vescovi è stato un’occasione importante per sottolineare la centralità della Parola nella vita della Chiesa e di ogni credente, ma anche un momento per riflettere sulle modalità di interpretazione biblica, sugli approcci pastorali alla Scrittura, sulla lectio divina come struttura portante della preghiera cristiana. La Madre dell’Umiliato-Esaltato, nella profezia di Simeone (cfr. Luca, 2, 34-35), comprese che la sua vita e il suo stesso servizio materno-messianico sarebbero stati attraversati dalla spada della Parola: ferita e gioia; ferita orientata alla gioia piena perché si vive interamente, nella forza del Pneuma divino, il mistero e la passione pro nobis del Figlio di Dio e nel contempo Figlio dell’uomo grazie a Maria. A tal riguardo il biblista Aristide Serra annota: «La spada (Luca, 2, 35a) non ha un simbolismo univoco. Secondo una consistente linea interpretativa della tradizione greco-latina, essa coniugava la “parola di Dio” con la “sofferenza di Maria”. Indicazione da non trascurare. È noto che i biblisti tendono a dissociare i due aspetti, e pongono l’alternativa quando vedono nella “spada” di Simeone una figura o della “parola di Dio” o del “dolore di Maria”. Non potrebbe rappresentare invece l’una e l’altra cosa insieme? Quindi non un aut aut, ma un et et. […] Nella comune sensibilità di pastori e fedeli, la profezia di Simeone è interpretata in funzione del dolore di Maria. Eppure il simbolismo polivalente della “spada” consiglierebbe di associare l’immagine della “Madre Addolorata” a quella della “Madre Fedele”. La santa Vergine sempre, e soprattutto nella passione del Figlio, permise che la sua persona fosse attraversata dalla “spada” dello spirito che è la parola di Dio (Efesini, 6, 17): parola annunciata e portata a compimento dal Figlio».
Era quindi congeniale che l’argomento del rapporto tra la Parola di Dio e la Madre di Gesù fosse presente nei lavori preparatori e celebrativi del Sinodo, sia mediante i Lineamenta, abbozzo inviato dalla segreteria del Sinodo ai padri sinodali perché lo esaminassero apportandovi emendazioni e aggiunte, sia attraverso l’Instrumentum laboris, testo-base di riferimento per le discussioni in aula da parte dei partecipanti.
Il Magnificat sgorgato dal cuore e dalle labbra della Madre del Messia testimonia esemplarmente come Dio e la sua Parola sanno formare e performare il credente conformandolo alla sua volontà, senza per questo mortificare la libertà della persona ma trasfigurandola, realizzando così una mirabile osmosi e sintonia fra il Creatore e la creatura; in tal senso Maria, madre della Parola incarnata, essendo penetrata intimamente dalla Parola sino a identificarsi pienamente in essa, è l’archetipo ecclesiale e antropologico a cui la Chiesa nella sua azione apostolica e pastorale fa costante riferimento. Il Papa a tal riguardo, dopo la citazione del n. 41 della sua enciclica Deus caritas est riguardante il cantico di Maria, così scrive nel n. 28 della Verbum Domini tesaurizzando e citando la Propositio 55 del Sinodo dei Vescovi del 2008: «Il riferimento alla Madre di Dio ci mostra come l’agire di Dio nel mondo coinvolga sempre la nostra libertà perché nella fede la Parola divina ci trasforma. Anche la nostra azione apostolica e pastorale non potrà mai essere efficace se non impariamo da Maria a lasciarci plasmare dall’opera di Dio in noi: “L’attenzione devota e amorosa alla figura di Maria come modello e archetipo della fede della Chiesa, è di importanza capitale per operare anche oggi un concreto cambiamento di paradigma nel rapporto della Chiesa con la Parola, tanto nell’atteggiamento di ascolto orante quanto nella generosità dell’impegno per la missione e l’annuncio”. Contemplando nella Madre di Dio un’esistenza totalmente modellata dalla Parola, ci scopriamo anche noi chiamati ad entrare nel mistero della fede, mediante la quale Cristo viene a dimorare nella nostra vita».
La vicenda storica e di fede di Maria declina la potenza e l’efficacia di Dio e della sua Parola; potenza ed efficacia che hanno realizzato ed epifanizzato nella Donna dell’Alleanza «grandi cose» (cfr. Luca, 1, 49) che la Chiesa, il credente e la stessa teologia sulla base della Rivelazione divina e biblica scoprono, meditano e studiano con animo grato, visto ch’esse hanno importanti influssi per tutti. Al credente e alla Chiesa dei nostri giorni è chiesto di ripercorrere lo stesso itinerario teologale e discepolare di Maria, immagine del sapiente esemplare che, seppur con qualche difficoltà, ha compreso come la ricerca di Dio attraverso Gesù e la sua Parola è sempre parziale ma deve sempre e comunque continuare.
La fede, e questo è molto importante, non è acquisizione pacifica di certezze; è, invece, un cammino, che, come è stato per l’ebrea-credente Maria di Nazaret, conosce la fatica della ricerca e dell’incomprensione, la gioia del ritrovamento e la soddisfazione della scoperta del Dio di Cristo, sempre imprevedibile e diverso, che diventa, per somma umiltà, se lo accogliamo, il Dio-con-noi, per noi e in noi. Maria, madre del Signore e della Chiesa, nella sua maternità spirituale-ecclesiale, sprona e indica a tutti i membri della comunità dei discepoli e delle discepole la via per divenire sempre più vere persone sinodali, cioè persone che per vocazione, missione ed entusiasmo, si industriano con umiltà, sapienza e carità pastorale a «camminare insieme» (syn-odós), nella consapevolezza che il cristianesimo è una fraternità essenzialmente sinodale ed esodale. In questa impresa sinodale, la Madre di Gesù, che sin dal Cenacolo pentecostale ha condiviso con gli Apostoli il pathos e l’amore del pellegrinaggio di fede dei discepoli e delle discepole, soprattutto per i «dispersi figli di Dio» (Giovanni, 11, 52), alla ricerca della vera meta, non può che benedire e intercedere perché esso vada a buon fine.
Santa Maria di Nazaret è patrimonio inestimabile del cristianesimo; una testimone di Cristo, un’amica sincera e cordiale che ha servito in terra e ora serve in cielo nella comunione dei santi l’intero popolo di Dio e l’umanità affidatale dal grande cuore e dall’infinito amore di Gesù (cfr. Giovanni, 19, 25-27). Allo stesso tempo la Vergine nazaretana, madre del Verbo divino che ha «permesso» col suo fiat a Dio di entrare in modo inedito, efficace e permanente nella nostra storia di individui e di persone comunitarie, è un grande patrimonio dell’umanità.
© L'Osservatore Romano 9 agosto 2011