martedì 21 settembre 2010

Cattolici e anglicani insieme per riscoprire le radici cristiane dell'Europa


L'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams in un'intervista a Radio Vaticana

Cattolici e anglicani insieme
per riscoprire le radici cristiane dell'Europa

"È un peccato che il mondo veda solamente le liti o le piccole cose negative, mentre passa inosservato l'immenso peso della preghiera quotidiana, della comprensione, dell'amore e dell'amicizia che c'è tra noi ". In queste parole dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams - nell'intervista rilasciata alla Radio Vaticana dopo gli incontri a Londra con Benedetto XVI - c'è il senso di quanto ha caratterizzato tutto il viaggio del Papa nel Regno Unito: dall'annuncio, alla vigilia, alla realizzazione. Proprio il primate della Comunione anglicana ha testimoniato come fossero sbagliate le previsioni dei tanti profeti di sventura, come l'accoglienza del popolo britannico nei confronti del Pontefice sia stata calorosa oltre ogni aspettativa e come la positività degli appuntamenti ecumenici sia stata più forte di ogni ingiustificata reticenza.

L'arcivescovo di Canterbury ha definito i momenti ecumenici della visita come "un'occasione estremamente felice", sottolineando l'accoglienza "enormemente positiva" che "il Papa ha avuto dai vescovi anglicani, dalla gente in strada e naturalmente a Westminster Hall". Quindi ha fatto riferimento alla "commovente" celebrazione ecumenica dei vespri nell'Abbazia di Westminster, per cui per la Comunione anglicana la presenza del Pontefice nel Regno Unito ha costituito "un'occasione davvero benedetta".

I primi ad averla colta sono stati gli stessi Benedetto XVI e l'arcivescovo Williams. Ne hanno approfittato per discutere insieme di tanti argomenti comuni. E non "questioni - ha precisato quest'ultimo rispondendo a una domanda sui contenuti dell'incontro privato con il Papa - che vengono discusse per consuetudine nei dialoghi ufficiali": sarebbe stato infatti "un peccato - ha spiegato - dedicare il nostro tempo in privato a parlare solo delle difficoltà. Quindi, abbiamo parlato dei cristiani in Terra Santa con lo sguardo rivolto al prossimo Sinodo.

Abbiamo parlato di alcune delle grandi aree di conflitto, dove stiamo cercando di lavorare insieme; di come le gerarchie anglicane e cattoliche abbiano lavorato insieme in Sudan, testimoni e portatori di pace, e di come sia urgente rafforzare tutto questo. Abbiamo infine parlato su come impegnarci in un dialogo razionale con il mondo laico". Il discorso cioè è uscito dalle questioni interne e si è allargato sulla necessità di una testimonianza comune, di una maggiore cooperazione, perché nella società attuale rimangono grandi divisioni e contrasti che a volte investono le Chiese cristiane. Anche in questo senso l'arcivescovo di Canterbury ha cercato di smorzare i toni, lasciando intuire che spesso le cose non sono proprio come vengono raccontate. "Per un titolo di giornale - ha detto in proposito - il conflitto è sempre una storia migliore che non l'armonia.

In questi giorni tanti mi hanno fatto notare come un avvenimento come quello che stiamo vivendo in questi giorni, sarebbe stato totalmente inimmaginabile quaranta o cinquanta anni fa, e anche agli inizi del concilio Vaticano II. Dunque vuol dire che qualcosa è davvero accaduto. E parte di questo qualcosa è un ritorno alle radici, qualcosa di cui il Papa e io abbiamo parlato in privato. Sono alcuni dei nostri entusiasmi teologici in comune, è l'eredità dei Padri. Abbiamo avuto la possibilità di pregare di nuovo insieme davanti al sacrario di Edoardo il Confessore. È certamente un quadro molto positivo".

In questo senso la visita di Benedetto XVI ha offerto a cattolici e anglicani l'opportunità di mostrare agli occhi del mondo intero questo nuovo corso. "La mia preghiera e la mia speranza - ha concluso l'arcivescovo di Canterbury - è che questa visita inciti a promuovere la fede nel Paese, e la gente a riconoscere le tante persone assolutamente comuni che credono in Dio, credono nella vita sacramentale della Chiesa e fondano su tutto ciò la propria esistenza".

(©L'Osservatore Romano - 22 settembre 2010)