Il discorso del Papa ai vescovi della regione Leste 1
della Conferenza episcopale brasiliana in visita "ad limina"
Il perdono ricostruisce l'uomo
e favorisce il rinnovamento della società
Il nucleo della crisi spirituale che attraversa il nostro tempo è in gran parte radicato nell'oscuramento della grazia del perdono. Il Papa ha colto l'occasione della visita >sf00ad limina dei vescovi della regione Leste 1 della Conferenza episcopale del Brasile, ricevuti in udienza a Castel Gandolfo sabato mattina 25 settembre, per ricordare la necessità di riscoprire la forza del perdono cristiano nel processo di rinnovamento dell'uomo e della società. Un impegno che il Papa affida in particolare ai giovani.
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
(REGIONE LESTE I)
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Sabato, 25 settembre 2010
[Italiano, Portoghese]
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
(REGIONE LESTE I)
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Sabato, 25 settembre 2010
[Italiano, Portoghese]
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Vi do il benvenuto, lieto di ricevervi tutti nel corso della visita ad limina Apostolorum che state realizzando a nome e a favore delle vostre diocesi del regionale Leste I, per rafforzare i vincoli che le uniscono al Successore di Pietro. Proprio di questo si è fatto eco monsignor Rafael Cifuentes nelle parole di saluto che mi ha rivolto a nome vostro e per le quali lo ringrazio, apprezzando molto le preghiere ogni giorno levate al cielo per me e per l'intera Chiesa dalle varie comunità familiari, parrocchiali, religiose e diocesane delle province ecclesiastiche di Rio de Janeiro e di Niterói. Su tutti e su ognuno discenda, radiosa, la benevolenza del Signore: "Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace" (Nm 6, 25-26).
Sì, amati Fratelli, il fulgore di Dio s'irradia da tutto il vostro essere e dalla vostra vita, come avvenne a Mosè (cfr. Es 34, 29 e 25) e ancor di più, poiché ora noi riflettiamo "come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore" (2 Cor 3, 18). Così sentivano i Padri conciliari quando, al termine del Concilio Vaticano II, presentarono la Chiesa in questi termini: "Ricca di un lungo passato sempre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo... Guardatela, e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico dei giovani" (Messaggio del Concilio Vaticano II ai giovani). Lasciando trasparire il volto di Cristo, la Chiesa è la gioventù del mondo.
Sarà però molto difficile convincere qualcuno di ciò, se la generazione giovane di oggi non si riflette in essa. Per questo, come certamente vi sarete resi conto, un tema ricorrente nei miei colloqui con voi è la situazione dei giovani nelle varie diocesi. Confidando nella provvidenza divina che presiede amorevolmente i destini della storia, non smettendo mai di preparare i tempi futuri, sono lieto di vedere risplendere il domani nei giovani di oggi. Già il venerabile Papa Giovanni Paolo II, vedendo Roma diventare "giovane con i giovani", nell'anno 2000, li salutò come "sentinelle del mattino" (Lettera apostolica, Novo Millennio ineunte, n. 9; cfr. Omelia nella Veglia di Preghiera della XI Giornata Mondiale della Gioventù, 19 agosto 2000, n. 6), con il compito di risvegliare i propri fratelli affinché prendessero il largo nel vasto oceano del terzo millennio. E, a dimostrarlo, riaffiora inoltre nella memoria l'immagine delle lunghe file di giovani che attendevano di confessarsi nel Circo Massimo e che hanno ridato a molti sacerdoti la fiducia nel sacramento delle Penitenza.
Come ben sapete, amati Pastori, la crisi spirituale del nostro tempo affonda le proprie radici nell'oscuramento della grazia del perdono. Quando questo non viene riconosciuto come reale ed efficace, si tende a liberare la persona dalla colpa, facendo in modo che le condizioni per l'esistenza di quest'ultima non si verifichino mai. Ma, nel loro intimo, le persone così "liberate" sanno che non è vero, che il peccato esiste e che loro stesse sono peccatrici. Sebbene alcune correnti della psicologia abbiano grande difficoltà ad ammettere che, fra i sensi di colpa, vi possano essere anche quelli dovuti a una vera colpa, chi è così freddo da non provare sentimenti di colpa neppure quando dovrebbe provarli, cerchi, con ogni mezzo, di recuperare tali sensi di colpa, perché nell'ordinamento spirituale sono necessari per la salute dell'anima. Di fatto Gesù è venuto per salvare non coloro che si sono già liberati da soli pensando di non aver bisogno di Lui, ma quanti sentono di essere peccatori e hanno bisogno di Lui (cfr. Lc 5, 31-32).
La verità è che tutti noi abbiamo bisogno di Lui, quale Scultore divino che rimuove gli strati di polvere e d'immondizia che si sono posati sull'immagine di Dio iscritta in noi. Abbiamo bisogno del perdono, che costituisce il fulcro di ogni vera riforma: rinnovando la persona nel suo intimo, diviene anche il centro del rinnovamento della comunità. In effetti, se vengono tolte la polvere e l'immondizia che rendono irriconoscibile in me l'immagine di Dio, io divento veramente simile all'altro, che è a sua volta immagine di Dio, e soprattutto divento simile a Cristo, che è l'immagine di Dio senza alcun difetto o limite, il modello in base al quale tutti noi siamo stati creati. San Paolo lo esprime in modo molto concreto: "non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Vengo strappato dal mio isolamento e accolto in una nuova comunità-soggetto; e il mio "io" è inserito nell'"io" di Cristo ed è così unito a quello di tutti i miei fratelli. Solo a partire da questa profondità di rinnovamento dell'individuo nasce la Chiesa, nasce la comunità che unisce e sostiene nella vita e nella morte. Essa è una compagnia nella salita, nella realizzazione di quella purificazione che ci rende capaci della vera altezza dell'essere uomini, della compagnia di Dio. Man mano che si realizza la purificazione, anche la salita - che all'inizio è ardua - diviene sempre più gioiosa. Questa gioia deve trasparire sempre più dalla Chiesa, contagiando il mondo, poiché essa è la gioventù del mondo.
Venerati Fratelli, una simile opera non possiamo realizzarla con le nostre forze; sono necessarie la luce e la grazia che provengono dallo Spirito di Dio e agiscono nell'intimo dei cuori e delle coscienze. Che esse sostengano voi e le vostre diocesi nella formazione delle menti e dei cuori! Portate il mio saluto affettuoso ai vostri giovani e ai loro animatori, sacerdoti, religiosi e laici. Alzino il loro sguardo verso l'Immacolata Concezione, Nossa Senhora Aparecida, alla cui protezione vi affido. Di cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i vostri fedeli diocesani.
(©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2010)