Staminali adulte
tra scienza e cultura
di Fabio Colagrande
Promuovere la ricerca sulle cellule staminali adulte, ampliare la conoscenza sui possibili campi terapeutici e sostenere la riflessione culturale sulle implicazioni antropologiche, etiche, sociali e culturali di tali ricerche. Erano questi gli intenti dell’accordo raggiunto nel maggio 2010 dal Pontificio Consiglio della Cultura e dalla società biofarmaceutica statunitense NeoStem con il contributo della Fondazione statunitense Stem for Life. Una collaborazione volta a sviluppare programmi educativi, pubblicazioni e corsi accademici con un approccio interdisciplinare per facoltà teologiche e filosofiche, comprese quelle di bioetica. Tra le iniziative annunciate, c’era anche il convegno internazionale «Cellule staminali adulte: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultura» in programma in Vaticano per il novembre 2011. Questa tre giorni — che farà il punto sui possibili usi terapeutici delle staminali adulte e sugli sviluppi della medicina rigenerativa valutandone anche gli impatti culturali, — viene presentata il 16 giugno nella Sala Stampa della Santa Sede. Il simposio si occuperà di tre aree fondamentali: applicazioni cliniche della scienza sulle cellule staminali; considerazioni etiche della medicina rigenerativa; implicazioni culturali della medesima, inclusi l’impatto socio-culturale e la formazione. Per approfondire in anteprima gli obiettivi del convegno, abbiamo rivolto alcune domande a uno degli organizzatori, Tomasz Trafny, direttore del Dipartimento Scienza e fede del Pontificio Consiglio della Cultura.
Perché il dicastero della cultura ha scelto di indagare la ricerca sulle cellule staminali adulte?
Quando nel 1982 Giovanni Paolo II fondò il nostro dicastero, indicò come parte integrale della sua missione il dialogo con le diverse espressioni della cultura contemporanea, scienza compresa. Siamo perciò impegnati nel promuovere un serio dialogo tra scienze naturali, filosofia e teologia. Le ricerche sulle staminali adulte fanno parte di un nuovo e dinamico ramo della medicina, conosciuto come medicina rigenerativa, che secondo le previsioni giocherà nei prossimi decenni un ruolo importante non solo nella lotta contro le malattie degenerative, ma anche nel ridefinire gli obiettivi della stessa scienza medica, le sue potenzialità e, ciò che è particolarmente interessante per noi, la percezione dell’essere umano in un contesto culturale soggetto a forti cambiamenti.
Perché avete scelto come vostri partner in questa iniziativa la Società biofarmaceutica NeoStem e la Fondazione Stem for life?
Condividiamo con loro la sensibilità per i valori etici, in particolare per la tutela della vita umana in ogni stadio del suo sviluppo, e l’interesse a indagare l’impatto culturale che le scoperte scientifiche possono avere nel campo della medicina rigenerativa.
Può darci qualche anticipazione sul simposio del prossimo autunno?
La conferenza, che stiamo organizzando con l’importante contributo del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e della Pontificia Accademia per la Vita, avrà un carattere divulgativo di alto profilo e sarà indirizzata a coloro che non hanno una specifica preparazione in campo medico. Vorremmo presentare ai partecipanti lo stato dell’arte della ricerca sulle staminali adulte, le applicazioni cliniche che in alcuni casi già portano notevoli benefici ai pazienti, illustrare e discutere alcuni problemi e sfide che nascono nell’ampio orizzonte di interazioni tra la ricerca scientifica e la cultura. Per questo pensiamo di invitare vescovi, ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, nonché ministri della salute di diversi Paesi. Speriamo, inoltre, siano presenti alcuni dei nostri sostenitori con cui condividiamo la stessa sensibilità verso la realtà dei valori etici e il desiderio di promuovere il dialogo tra scienza e religione. Vorremmo in sostanza creare una solida rete di istituzioni coinvolte nelle nostre iniziative e che a loro volta si impegnino a tenere aggiornate altre realtà, garantendo anche al singolo individuo l’accesso alle informazioni e, perché no, ai possibili percorsi formativi su questi temi.
La medicina rigenerativa coinvolge la riflessione filosofica e teologica?
Nel 1964, un anno prima di essere insignito del Nobel per la fisica, Richard Feynman fece un’affermazione che per quei tempi non era affatto ovvia. Durante una conferenza a Firenze disse che «niente in biologia indica la necessità della morte». Oggi i ricercatori esplorano l’orizzonte delle potenzialità delle cellule staminali considerandole una chiave per la rigenerazione del tessuto corporeo, una speranza nella lotta contro le malattie degenerative. C’è chi è abbagliato dal miraggio della ricetta dell’eterna giovinezza e c’è persino chi, lungo questa strada, insegue il mito dell’immortalità. Come si capisce, sono ricerche che nel tempo susciteranno sempre più importanti interrogativi di tipo filosofico e teologico: si dovranno addirittura fronteggiare tentativi di ridefinizione del concetto di essere umano. Qualcuno, infatti, potrebbe mettere in discussione l’idea di unicità e integrità del corpo che, in una nuova ottica distorta, potrebbe diventare un insieme costituito da parti facilmente scomponibili e assemblabili a piacere. Ecco allora che alcuni scienziati si spingono a domandarsi fino a che punto è possibile intervenire nella struttura organica di un organismo vivente, specialmente dell’essere umano. In tutto questo è chiaramente coinvolta una riflessione filosofica anche sulla dimensione escatologica della nostra esistenza. Sono domande che già oggi dobbiamo esplorare confrontandoci con le scienze e con una seria indagine filosofica e teologica.
Cosa risponde a chi accusa la Chiesa di oscurantismo per la netta condanna all’uso delle staminali embrionali?
Dobbiamo essere molto chiari sul fatto che la Chiesa non può rinunciare alla propria identità e missione. Le accuse di oscurantismo sono spesso paradossali. Durante e dopo la seconda guerra mondiale, la Chiesa è stata accusata di non aver fatto abbastanza per salvare molte vite umane. Gli echi di queste accuse non sono cessati per decenni. Oggi, invece, la si accusa di impegnarsi troppo nel tentativo di proteggere la vita. Penso che questo atteggiamento contraddittorio nasca da una visione utilitarista: si sceglie ciò che, di volta in volta, sembra più conveniente. È una visione che inevitabilmente porta a posizioni relativiste su valori etici e scelte morali. Con il nostro lavoro sulle cellule staminali adulte vogliamo inoltre dimostrare che la Chiesa guarda avanti, esplorando possibili tendenze di sviluppo della ricerca scientifica e ponendosi quesiti concernenti il loro impatto culturale a medio e lungo termine. Un modo per rispondere a chi considera la Chiesa in perenne ritardo rispetto ai progressi della scienza.
(©L'Osservatore Romano 16 giugno 2011)