Uno studio di Fao e Pam individua 22 Paesi in crisi alimentare prolungata
Cronache
In 22 Paesi del mondo la fame è la condizione ordinaria, quella che le agenzie dell'Onu del settore definiscono crisi prolungata. L'espressione è contenuta nel rapporto "State of Food Insecurity in the World 2011", pubblicato ieri dalla Fao, l'organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, e dal Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite. In tale categoria, della quale per la prima volta Fao e Pam precisano i parametri, rientrano quei Paesi compresi nella lista di quelli a basso reddito e con deficit alimentare, nei quali si registra una crisi alimentare per almeno otto anni consecutivi e che ricevono più di un decimo degli aiuti internazionali nella forma di soccorsi umanitari. A livello mondiale, circa il 10 per cento del totale degli aiuti pubblici allo sviluppo viene dato nella forma di assistenza umanitaria, ma nei Paesi in crisi prolungata, quella percentuale è molto più alta. In Somalia, per esempio, il 64 per cento degli aiuti è nella forma di assistenza umanitaria e in Sudan la percentuale è del 62 per cento. I 22 Paesi ricevono quasi il 60 per cento del totale degli aiuti umanitari a livello mondiale. Ciò nonostante, hanno una percentuale di persone sottonutrite circa tre volte più alta che negli altri Paesi in via di sviluppo. Queste crisi prolungate possono "diventare un circolo vizioso che si autoalimenta", si legge nella prefazione al rapporto, firmata dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, e dal direttore esecutivo del Pam, Josette Sheeran.
In questi 22 Paesi vivono 166 milioni di persone sottonutrite, cioè oltre un quinto degli affamati nel mondo. Questa percentuale sale a più di un terzo del totale, se si escludono due grandi Paesi emergenti, cioè Cina e India, nei quali si sono registrati nell'ultimo periodo i maggiori successi nella lotta contro la fame. Il numero degli affamati è stato stimato nel 2009 a 925 milioni, 98 in meno rispetto al miliardo e 20 milioni del 2009, ma il calo è dovuto appunto solo ai buoni risultati di Cina e India, mentre in altri Paesi la situazione è peggiorata.
Il documento rivendica la fondamentale importanza degli aiuti nella forma di razioni alimentari d'emergenza che salvano vite umane e forniscono anche un investimento per il futuro, preservando e rafforzando il capitale umano e le condizioni di vita, fondamento della stabilità e dello sviluppo futuri. La Fao e il Pam sostengono che l'assistenza alimentare umanitaria, se affiancata da altri strumenti, soprattutto a sostegno dell'acquisto di prodotti agricoli locali, può diventare la base per raggiungere una sicurezza alimentare nel lungo periodo.
Secondo la Fao e il Pam, dunque, per i ventidue Paesi in questione "occorre assistenza mirata e specificamente pensata". Devono cioè essere profondamente ripensate le modalità degli aiuti, non limitandoli all'assistenza nelle emergenze, ma dando priorità a soluzioni di lungo periodo, rafforzando nei Paesi vulnerabili la capacità produttiva e quella di resistenza ai fenomeni esterni, come crisi finanziarie e speculazioni commerciali. Il tutto, continuando ovviamente a promuovere attività volte a salvare vite umane e proteggere i mezzi di sussistenza. "Avviare attività di assistenza di lungo periodo nell'ambito delle istituzioni locali esistenti, o rinnovate, rappresenta la migliore speranza di sostenibilità e di un miglioramento reale della sicurezza alimentare", scrivono Diouf e Sheeran, ricordando che meccanismi di protezione sociale, come pasti scolastici o programmi di denaro e cibo in cambio di lavoro "possono fare la differenza nel lungo periodo".
(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2010)