lunedì 18 ottobre 2010

NONA CONGREGAZIONE GENERALE - Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente


NONA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTA' DEL VATICANO, 15 OTT. 2010 (VIS). Nel corso della Nona Congregazione Generale, tenutasi nel pomeriggio di oggi nell’Aula del Sinodo, sono continuati gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Gli interventi liberi si sono svolti in presenza del Santo Padre.

Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi:

CARDINALE WILLIAM JOSEPH LEVADA, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (CITTÀ DEL VATICANO). “Il mio intervento verterà sulla nozione della tradizione viva della Chiesa, così come viene insegnata nella Costituzione sulla divina rivelazione del Concilio Vaticano II ‘Dei Verbum’, e sulla comprensione del ruolo del Papa nella tradizione apostolica. (...) Attraverso il suo studio dei Padri dell’epoca patristica e dei primi Concili Ecumenici, il Cardinale Newman ha trovato proprio la tradizione viva, che lo ha portato ad abbracciare la pienezza della fede in seno alla Chiesa cattolica. (...) Prevedrei uno studio e uno scambio di opinioni utili su come il ministero del Successore di Pietro, con le sue caratteristiche dottrinali fondamentali, potrebbe essere esercitato in modi diversi, secondo le diverse necessità dei tempi e dei luoghi. Questo rimane un capitolo dell’ecclesiologia che deve essere ulteriormente esplorato e completato. (...) Queste riflessioni teologiche, tuttavia, non sostituiscono la testimonianza vitale che i cattolici in Medio Oriente danno ai loro fratelli ortodossi e musulmani su come la dottrina della Chiesa si sviluppa nella tradizione apostolica viva, guidata dal dono di Cristo dello Spirito Santo al Magistero della Chiesa in ogni tempo. Questo Magistero comprende necessariamente il ruolo del Papa come capo del collegio apostolico dei vescovi, insieme al mandato di Cristo di confermare i fratelli nell’unità della fede perché ‘tutti siano una cosa sola’”.

MONSIGNOR MIKAËL MOURADIAN, VICARIO PATRIARCALE PER L'ISTITUTO DEL CLERO PATRIARCALE DI BZOMMAR (LIBANO). “È vero che il Medio Oriente è la Terra Santa e terra di santi, come dimostrano le canonizzazioni e beatificazioni che hanno avuto luogo in questi ultimi anni: Mar Charbel, Naamat Allah al Hardini, Rafka, Abouna Yaacoub, Ignace Maloyan, Al Akh Stephan... Questo, però, non deve renderci ciechi davanti alla verità, che in Medio Oriente si vive anche una crisi di vocazioni. (...) Quali sono le cause della caduta delle vocazioni religiose, le sue conseguenze a breve, medio e lungo termine, e le soluzioni immaginabili? (...) Cause principali: la caduta della natalità tra le famiglie cristiane; i problemi materiali e morali che la famiglia deve affrontare; la crisi dei valori; la difficoltà di prendersi un impegno a lungo termine; l’emancipazione femminile; la crisi della fede; la contro-testimonianza da parte dei consacrati. Soluzioni immaginabili: sostenere la famiglia; educare ai veri valori; che i consacrati testimonino con sincerità la loro fedeltà a Cristo e alla loro consacrazione...; assicurare un buon discernimento delle vocazioni; dare la priorità alla qualità sulla quantità; vegliare su una buona direzione spirituale delle vocazioni; offrire una formazione iniziale e permanente adeguata. (...) È nelle famiglie credenti e praticanti che nascono anche le vocazioni”.

ARCIVESCOVO CYRIL VASIL', S.I., SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI (CITTÀ DEL VATICANO). “La sinodalità, riguarda in modo particolare il meccanismo della scelta dei candidati all'episcopato. Le verifiche sull'idoneità dei candidati dovrebbero essere svolte dai vescovi e dal Sinodo in maniera molto più appropriata di come talvolta avviene al presente, proprio per facilitare e accelerare il processo di concessione dell'assenso Pontificio. (...) In primo luogo si deve valutare costantemente lo stato attuale delle istituzioni formative e accademiche, il livello di formazione culturale e spirituale che esse offrono. Le difficoltà che riscontrano gli studenti negli studi superiori fuori dal contesto orientale, per esempio a Roma, non sono trascurabili ed è inutile nasconderli. C'è da chiedersi se non sarebbe finalmente giunto il momento di aprire un primo ciclo di studi teologici orientali qui a Roma, in una Facoltà teologica orientale? (...) Per quanto riguarda i fedeli che si trasferiscono fuori dal Medio Oriente, talvolta viene reclamata l'estensione ‘planetaria’ della giurisdizione dei patriarchi - come se ciò fosse un diritto e una soluzione universale ai problemi dalla pastorale dei migranti. Va ricordato che fra il preteso diritto universale e la richiesta circostanziata e motivata c'è una grande differenza”.

ARCIVESCOVO MICHEL ABRASS, B.A., VESCOVO DI CURIA DEL PATRIARCATO DI ANTIOCHIA DEI GRECO-MELKITI (SIRIA). “I problemi della scelta del ‘regime’ applicabile al Libano si pongono con grande forza ai laici di oggi; un grande numero di laici, infatti, si domanda cosa ne sarà della loro vita se essi si dichiarano cristiani, senza attenuare la loro posizione con una dose di laicità, in base al grado di emancipazione del loro interlocutore non cristiano, spesso, in Medio Oriente, di religione maomettana. Questi cristiani hanno bisogno di una ‘certa laicità positiva’. Dove la troveranno? Attualmente le nostre ‘pecorelle laiche’ rinnegano se stesse; occorre dar loro una legittimità che solo possono dar loro gli ecclesiastici, a condizione che gliela abbia fatta acquisire il loro statuto. Pensiamo che occorrerebbe autorizzare i cristiani che lo vogliono ad adottare uno statuto laico, senza tradire i dogmi né gli insegnamenti delle Chiese, tenendo conto del fatto che non si è in una terra solamente cristiana”.

ARCIVESCOVO ATHANASE MATTI SHABA MATOKA, DI BABILONIA DEI SIRI (IRAQ). “L’Iraq non cessa di vivere una situazione d’instabilità, di prove e di guerre, l’ultima delle quali è l’occupazione americana. I cristiani hanno sempre avuto la loro parte nei sacrifici e nelle prove con i martiri nelle guerre e in ogni sorta di prova. Dal 2003 i cristiani sono vittima di una situazione cruenta che ha provocato una grande emigrazione fuori dall’Iraq. Non vi sono statistiche certe, ma gli indicatori evidenziano che la metà dei cristiani ha abbandonato l’Iraq e che senza alcun dubbio rimangono solo circa 400.000 cristiani degli 800.000 che vi vivevano. L’invasione dell’Iraq da parte dell’America e dei suoi alleati ha portato sull’Iraq in generale e sui cristiani in particolare distruzione e rovina a tutti i livelli. (...) Sono passati sette anni in Iraq è il cristianesimo vive un’emorragia continua. Dov’è la coscienza mondiale? Tutti rimangono a fare da spettatori dinnanzi a ciò che accade in Iraq, soprattutto nei confronti dei cristiani. Vogliamo suonare un campanello d’allarme. Poniamo la domanda alla grandi potenze: che cosa c’è di vero in ciò che si dice riguardo ad un piano per svuotare il Medio Oriente dai Cristiani e del fatto che l’Iraq ne sarebbe una vittima? Ritengo che il sinodo debba studiare con attenzione questo argomento e debba valutare ciò che può essere deciso per iscritto al fine di porre rimedio alla situazione che regna in Medio Oriente.

ARCIVESCOVO DENYS ANTOINE CHAHDA, DI ALEP DEI SIRI (SIRIA). “Cristo ha chiesto a tutti i battezzati di essere uniti così come lui e il Padre sono una cosa sola. (...) Aveva voluto che la loro unità fosse un segno per le nazioni, ‘signum inter gentes’, una luce che attraesse gli uomini verso il Padre e li invitasse a credere in lui. Infatti, la divisione della Chiesa è un atto di infedeltà al suo Fondatore e uno scandalo per coloro che non credono in Gesù. Ritengo che ciò che ci separa dai nostri fratelli ortodossi è la comprensione del primato di Pietro. Spetta ai teologi trovare una nuova interpretazione. Perché non giungere all’unità nella fede, ma nella diversità? Il sinodo di Gerusalemme del ‘49 potrebbe essere la chiave per trovare una soluzione alla divisione delle Chiese”.

Vatican Information Service (VIS)