Intervento della Santa Sede all'Onu
Le sfide della pace
dei diritti umani
e della povertà
Intervento pronunciato dall'arcivescovo Francio Chullikat, nunzio apostolico, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, in occasione della sessantacinquesima sessione dell'Assemblea generale dell'Onu, sul tema "Articolo 108": rapporto del segretario generale sull'opera dell'Organizzazione.
Presidente,
lo scorso anno si è verificato un aumento del numero delle sfide sia presso le Nazioni Unite sia nella più vasta comunità globale, ma la mia delegazione continua a sperare che questa organizzazione risponda alle proprie responsabilità, sancite nella sua Carta, e si impegni a svolgere un'azione decisiva nel mettere in pratica i suoi propositi così come sono enunciati nel dettaglio nell'articolo i. Sebbene la crisi internazionale economica e finanziaria cominci a mostrare segni di ripresa, ancora oggi molti dei più poveri della società sono esclusi dai benefici di tale ripresa e altri sessantaquattro milioni di persone saranno ridotti in stato di povertà estrema entro la fine di questo anno. Questa sfida esige che la comunità internazionale sia di nuovo attenta a ritornare ad autentici programmi umanitari e sistemi finanziari che pongano la persona al proprio centro piuttosto che al loro servizio.
La crisi finanziaria si è dimostrata una sfida crescente per i Paesi industrializzati a trovare risorse finanziarie per soddisfare i loro impegni ufficiali di aiuto allo sviluppo, fornendo anche programmi per ricostruire e rinnovare i loro mercati finanziari e occupazionali. Sebbene la sfida sia reale, non sarebbe un ostacolo insormontabile se le nazioni spostassero le risorse da programmi volti a distruggere a quelli che, invece, promuovono, la vita e lo sviluppo. Di fatto questo compito spetta ai membri di questa nobile organizzazione.
Nel 2007, 1,3 trilioni di dollari sono stati impiegati in tutto il mondo per armi e per altre spese militari. Questa capacità infinita di trovare fondi per programmi militari evidenzia ancora una volta la necessità che i singoli individui e i responsabili governativi rivedano le proprie priorità e i propri impegni finanziari.
Queste spese sono ancora più inquietanti se prendiamo in considerazione che, in tutto il mondo, più di 1,4 miliardi di persone vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, anche se vi si potrebbe portare rimedio, che l'educazione primaria universale è ancora inaccessibile, anche se potrebbe esserlo e che l'accesso all'acqua potabile e alla sanità continua a essere interdetto anche se potremmo renderlo possibile. A metà del cammino che ci separa dalla meta ambiziosa del 2015, mentre discutiamo della necessità di trovare fonti adeguate di finanziamento per gli Mdgs, dobbiamo riconoscere l'urgenza di spostare le risorse finanziarie dai programmi militari a quelli che ricercano uno sviluppo sostenibile di lungo periodo.
Queste spese dimostrano, infatti, che lo sviluppo, la pace e la sicurezza sono intrinsecamente legati fra loro. Sebbene gli sforzi delle Nazioni Unite per impegnarsi in una diplomazia preventiva e reagire alle crisi abbiano sortito risultati positivi, questi ultimi si riveleranno soltanto temporanei se i responsabili governativi e gli organismi delle Nazioni Unite non vorranno trovare modalità per adempiere alla propria responsabilità di proteggere tutte le nazioni e attribuire loro una voce efficace per il miglioramento di tutti i membri della famiglia umana. La natura sempre più interconnessa della comunità internazionale richiede un'autorità politica internazionale che sia in grado di orientare la cooperazione internazionale e di rispondere alla crisi economica e "per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell'ambiente e per regolamentare i flussi migratori" (Caritas in veritate, n. 67). Quest'organismo deve essere regolato dai principi di leggi eque, sussidiarietà, solidarietà e dalla ricerca del bene comune, impegnandosi, nello stesso tempo, a garantire uno sviluppo umano integrale autentico e ispirato dai valori della carità nella verità, una verità che rispetti ogni membro della famiglia umana.
Presidente,
promuovere lo sviluppo umano ed economico e una maggiore cooperazione fra gli Stati richiede anche un impegno per diritti umani fondamentali e autentici che rispettino la vera natura della persona umana. Fra questi diritti, il principale è quello fondamentale alla vita. Politiche demografiche e servizi sanitari che non riconoscono il diritto alla vita e il diritto di fondare e a alimentare una famiglia minano la dignità intrinseca della persona umana. I concetti di salute riproduttiva e di diritti sessuali che implicano l'accesso all'interruzione di gravidanza o altre forme di servizio o di ricerca che distruggono la vita promuovono la logica errata di una cultura della morte invece di quella basata sul rispetto, sull'accoglienza della vita e ancor meglio su un futuro sostenibile per l'umanità.
Inoltre, i diritti umani devono riconoscere la natura intrinsecamente sociale e spirituale della persona e rispettare il diritto dei singoli individui di praticare liberamente il proprio culto. La libertà religiosa è più della mera tolleranza della religione o di credi religiosi e implica anche la libertà di praticare il culto e di esprimere pubblicamente la propria fede nella società. In questa luce, l'intolleranza religiosa e la violenza perpetrata in nome della religione o di Dio devono essere condannate. È quindi importante che concetti come quello della diffamazione delle religioni siano riesaminati per garantire che l'intolleranza religiosa e l'incitamento alla violenza siano giustamente condannati senza ostacolare il diritto a una libertà religiosa autentica di beneficio per tutti.
Inoltre, l'estensione a livello universale della capacità umana di provvedere gli uni agli altri è uno strumento importante per permettere alle persone di tutto il mondo di divenire fratelli e sorelle. A questo proposito, la mia delegazione esorta alla solidarietà universale a favore di quanti sono più bisognosi. Oggi, le emergenze internazionali ricevono assistenza economica e tecnica da tutto il mondo. Come dimostra la reazione al terremoto ad Haiti e alle inondazioni in Pakistan, la comunità internazionale, quando ben intenzionata a impegnarsi, può trasformare il mondo in un posto più piccolo in grado di prendersi cura di persone in ogni area del globo. Nel coordinare queste reazioni, il sistema delle Nazioni Unite e i responsabili politici delle nazioni svolgono un ruolo importante nel garantire che gli aiuti raggiungano quanti sono più bisognosi e nella maniera più efficace possibile. Tuttavia, questo coordinamento deve anche riconoscere il ruolo particolare delle organizzazioni locali basate sulla fede, che reagiscono alle situazioni di emergenza. La loro opera e la loro vicinanza nel lungo periodo a una comunità colpita permettono di capire quali sono le necessità della comunità locale e promuovono il rispetto per le abitudini e le tradizioni locali.
Presidente,
le Nazioni Unite hanno contribuito in maniera determinante alla promozione dello sviluppo e di una pace e di una sicurezza maggiori. Tuttavia, questa istituzione deve continuare a rivitalizzare la sua opera per riuscire ancor di più a soddisfare le esigenze future della comunità internazionale in un modo che sia coerente con gli scopi enunciati nella Carta. Sebbene lo scorso anno il sistema delle Nazioni Unite abbia reagito a varie e gravi emergenze umanitarie, la Corte penale internazionale abbia reso definitivo un emendamento sul reato di aggressione, siano stati compiuti progressi sul disarmo nucleare e siano cominciati negoziati sul trattato relativo al commercio delle armi, tutti questi ottenimenti hanno dovuto affrontare l'assenza di un risultato finale da parte della Conferenza sui cambiamenti climatici a Copenaghen, il ritardo nella ripresa economica mondiale, una costante situazione di proliferazione nucleare, che sfida la sicurezza nazionale e globale, e una violenza permanente in molte aree del mondo. La Santa Sede ribadisce il proprio impegno a difesa dei principi e gli ideali che hanno fondato le Nazioni Unite e continuerà a operare per garantire che "l'organizzazione serva sempre di più quale segno di unità fra Stati e strumento di servizio per tutta la famiglia umana".
(©L'Osservatore Romano - 13 ottobre 2010)