lunedì 18 ottobre 2010

San Luca, evangelista (f) 18 ottobre


17 OTTOBRE
SAN LUCA EVANGELISTA
Festa

Lo «scriba mansuetudinis Christi», come giustamente lo chiama Dante, era nato ad Antiochia, ed esercitava la professione di medico (Col 4,14). Dopo la conversione fu al servizio di Paolo (Filem 24; 2 Tim 4,11; Atti 16,1O-17; 20-21; 28) e gli fu probabilmente accanto nei suoi ultimi giorni (2 Tim 4,11). La sua origine greca e la sua provenienza dal paganesimo, la sua collaborazione all’opera apostolica di Paolo, appaiono sotto molti aspetti in tutta la sua azione evangelizzatrice e nei suoi scritti.

Il Vangelo di Luca ha per tema fondamentale l’ammissione di tutti i popoli alla salvezza (Lc 3,6; 7,1-9; 13,28-30; ecc.) e la partecipazione al Regno di tutte le categorie di persone che la Legge antica escludeva dal culto: i poveri, i peccatori, i deboli, le donne, i pagani (Lc 5,29-32; 7,36-50; 8,1-3; 10,21-22). E’ tutto un «lieto annuncio» che Gesù è il Salvatore, che è tutta bontà, misericordia, dolcezza, gioia. La sua vita-ministero è presentata come un «viaggio» di ascesa a Gerusalemme, al Calvario, alla gloria.

Gli Atti degli Apostoli sono per Luca una «storia-annuncio» della Chiesa missionaria nel mondo, nell’influsso potente dello Spirito Santo. Egli narra a cerchi concentrici il diffondersi del messaggio e del mistero di Cristo ad opera degli Apostoli, dei discepoli, dei diaconi, dei fedeli, presentando dapprima la Chiesa di Gerusalemme, poi le prime missioni in Palestina e dintorni, poi le grandi missioni apostoliche di Paolo. Negli Apostoli è sempre Cristo che opera per mezzo del suo Spirito che compie nel mondo la «nuova creazione».
Luca, autore degli Atti, rimase affascinato dalla comunità apostolica che uscita appena dal Cenacolo era già «un cuor solo e un’anima sola» (cf Atti 4,32).



Il Signore segue i suoi predicatori

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 1-3; PL 76, 1139
)

Il nostro Signore e Salvatore, fratelli carissimi, ci ammonisce ora con la parola, ora con i fatti. A dire il vero, anche le sue azioni hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa ci fa conoscere quello che dobbiamo fare. Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l'amore di Dio, cioè, e l'amore del prossimo.

Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri.

Giustamente poi è detto che «li inviò avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Il Signore infatti segue i suoi predicatori, perché la predicazione giunge prima, e solo allora il Signore viene ad abitare nella nostra anima, quando lo hanno preceduto le parole dell'annunzio, attraverso le quali la verità è accolta nella mente. Per questo dice Isaia ai medesimi predicatori: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3). E il salmista dice loro: «Spianate la strada a chi sale sul tramonto» (Sal 67, 5 volg.). Il Signore salì «sul tramonto» che fu la sua morte.

Effettivamente il Signore salì «sul tramonto» in quanto la sua morte gli servì come alto piedistallo per manifestare maggiormente la sua gloria mediante la risurrezione. Salì «sul tramonto» perché risorgendo calpestò la morte che aveva affrontato.

Noi dunque spianiamo la strada a colui che sale «sul tramonto» quando predichiamo alle vostre menti la sua gloria; perché, venendo poi egli stesso, le illumini con la presenza del suo amore.
Ascoltiamo quello che dice nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.

Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall'esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori.