lunedì 18 ottobre 2010

UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE - Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente


UNDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE

CITTÀ DEL VATICANO, 18 OTT 2010 (VIS). Questa mattina si è svolta, alla presenza del Santo Padre, l’undicesima Congregazione Generale per la “Relatio post disceptationem” (Relazione dopo la discussione). Il presidente delegato di turno è stato il cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

Offriamo di seguito un ampio estratto della “Relatio post disceptationem”, letta dal relatore generale, Sua Beatitudine Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto).

I. LA PRESENZA CRISTIANA IN MEDIO ORIENTE

“L’annuncio del Vangelo e l’annuncio di Cristo a tutti i popoli è un dovere supremo delle nostre Chiese e di tutte le Chiese. Le nostre Chiese hanno bisogno di una conversione missionaria per vivificare in noi il senso, l’ardore, lo slancio e il dinamismo missionario.(…) La formazione missionaria dei nostri fedeli, e soprattutto dei nostri responsabili della vita della Chiesa, è indispensabile”.

“La religione non deve essere politicizzata né lo Stato prevalere sulla religione. (…) I moderni media (sms, website, internet, televisione, radio) hanno un ruolo importante in questo campo. Essi offrono uno strumento potente e prezioso per diffondere il messaggio cristiano, affrontare le sfide che si oppongono a questo messaggio e comunicare con i fedeli della diaspora. A tale scopo bisogna formare dei quadri specializzati. I cristiani orientali devono impegnarsi per il bene comune, in tutti i suoi aspetti, come hanno sempre fatto”.

“Le situazioni politico-sociali dei nostri Paesi hanno una ripercussione diretta sui cristiani, che risentono più fortemente delle conseguenze negative. Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Chiediamo alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze”.

“La libertà religiosa è una componente essenziale dei diritti dell’uomo. La mancanza di libertà religiosa è quasi sempre associata alla privazione dei diritti fondamentali. La libertà di culto, che è un aspetto della libertà religiosa, nella maggior parte dei nostri Paesi, è garantita dalle costituzioni. Ma anche qui, in alcuni Paesi, certe leggi o pratiche ne limitano l’applicazione. (…) La libertà religiosa non è un relativismo che considera uguali tutti le fedi religiose. Essa è la conseguenza del dovere che ciascuno ha di aderire alla verità, in base ad una convinta scelta di coscienza e nel rispetto della dignità di ogni persona.(…)La libertà religiosa comporta anche il diritto all’annuncio della propria fede, che è un diritto e un dovere di ogni religione”.

“L’emigrazione è una delle grandi sfide che minacciano la presenza dei cristiani in alcuni Paesi del Medio Oriente. (…) Le cause principali di questo preoccupante fenomeno sono le situazioni economiche e politiche, l’avanzata del fondamentalismo e la restrizione delle libertà e dell’uguaglianza, fortemente aggravate dal conflitto israelo-palestinese e dalla guerra in Iraq. (…) L’emigrazione è un diritto naturale lasciato alla libera scelta delle persone e delle famiglie, soprattutto per coloro che si trovano in condizioni difficili. Ma la Chiesa ha il dovere d’incoraggiare i suoi fedeli a rimanere come testimoni, apostoli, e costruttori di pace e di benessere nel loro Paese”.

“Il pericolo che minaccia i cristiani del Medio Oriente non deriva soltanto dalla loro situazione di minoranza né da minacce esterne, ma soprattutto dal loro allontanamento dalla verità del Vangelo, dalla loro fede e dalla loro missione. La duplicità della vita, per il cristianesimo, è più pericolosa di qualsiasi altra minaccia. Il vero dramma dell’uomo non è il fatto che soffra a causa della sua missione, ma che non abbia più una missione, per cui perde il senso e lo scopo della propria vita”.

II. LA COMUNIONE ECCLESIALE

“Abbiamo bisogno di valorizzare meglio, comprendere meglio, e praticare meglio l’unità della Chiesa. È indispensabile insegnare la Chiesa come Acomunione@, nella catechesi, nelle omelie, nella formazione del clero, dei religiosi e delle religiose, e dei laici. La comunione è chiamata ad essere innanzitutto affettiva, prima di diventare effettiva. È importante coltivare un senso profondo della comunione spirituale, dell’appartenenza ad una stessa Chiesa”.

“La “comunione” fra le Chiese è il primo obiettivo e il primo compito di questo Sinodo.(…) I Pastori devono aiutare i fedeli a conoscere, apprezzare, amare e vivere la bellezza della varietà plurale della Chiesa, nell’unità e nella carità. (…) Devono essere incoraggiate le relazioni inter-ecclesiali, non solo fra le Chiese sui iuris del Medio Oriente, ma anche con le Chiese Orientali e con la Chiesa latina della Diaspora, in stretta unione con il Santo Padre, la Santa Sede e i Rappresentanti Pontifici”.

“È di fondamentale importanza la valorizzazione del ruolo dei laici, uomini e donne, e della loro partecipazione nella vita e nella missione della Chiesa. Che questo Sinodo sia per loro e per tutta la Chiesa una vera primavera spirituale, pastorale e sociale. Abbiamo bisogno di rafforzare l’impegno dei laici nella pastorale comune della Chiesa. La donna, consacrata e laica, dovrebbe trovarvi il posto e la missione adeguati”.

“La missione e l’ecumenismo sono strettamente correlate. Le Chiese cattoliche e ortodosse hanno molto in comune. (…) Occorre uno sforzo sincero per superare i pregiudizi, per capirsi meglio e puntare alla pienezza di comunione nella fede, nei sacramenti e nel servizio gerarchico. Questo Sinodo dovrebbe favorire la comunione e l’unità con le Chiese sorelle ortodosse e le comunità ecclesiali”.

“Abbiamo constatato che l’ecumenismo sta attraversando attualmente una crisi. (…) Occorre che l’ecumenismo diventi un obiettivo fondamentale nelle Assemblee e nelle Conferenze Episcopali. È stata proposta la creazione di una commissione ecumenica nel Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente. Si dovranno utilizzare i media per rafforzare e vivificare l'ecumenismo”.

III. LA TESTIMONIANZA CRISTIANA.
TESTIMONI DELLA RESURREZIONE E DELL’AMORE

“Dobbiamo incoraggiare tutti i fedeli, ma soprattutto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le persone consacrate e i responsabili della pastorale e dell’apostolato, a seguire l’insegnamento della Chiesa e a studiare i documenti del magistero, preferibilmente mediante uno studio comunitario”.

“Un’attenzione speciale deve essere riservata alla famiglia, che rischia di essere indebolita e minata dalla visione relativista occidentale e dalla visione non cristiana dominante nella nostra regione. Le famiglie di religione mista devono essere oggetto di particolare cura pastorale. I manuali di catechismo devono completare le lacune e correggere gli errori che si trovano altrove”.

“È stato suggerito di formare una commissione per l'impulso e il coordinamento dei mezzi di comunicazione in Medio Oriente. (…) I media e la comunicazione sono un potente mezzo per consolidare la comunione”.

“Nelle nostre Chiese orientali, la Divina Liturgia è al centro della vita religiosa. Essa svolge un ruolo importante nel conservare l’identità cristiana, rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, vivificare la vita di fede. Dobbiamo conservare e coltivare il senso del sacro, dei simboli e della religiosità popolare purificata e approfondita”.

“Il conflitto israelo-palestinese si ripercuote sui rapporti tra cristiani ed ebrei. A più riprese, la Santa Sede ha chiaramente espresso la sua posizione, auspicando che i due popoli possano vivere in pace, ognuno nella sua patria, con confini sicuri, internazionalmente riconosciuti. (…) La preghiera per la pace è di fondamentale importanza. (…) Le nostre Chiese rifiutano l’antisemitismo e l’antiebraismo”.

“Per un dialogo proficuo, cristiani e musulmani devono conoscersi meglio. (…) Musulmani e cristiani condividono l’essenza dei 5 pilastri dell’Islam. Numerose iniziative dimostrano la possibilità di incontro e di lavoro fondato sui valori comuni (pace, solidarietà, non violenza). (…) Le Chiese orientali sono le più adatte a promuovere il dialogo interreligioso con l’Islam. È un dovere che spetta loro per la natura della loro storia, della loro presenza e della loro missione. (…) Occorre evitare ogni azione provocatoria, offensiva, umiliante e ogni atteggiamento anti-islamico. (…) Per essere autentico, il dialogo deve realizzarsi nella verità”.

“L’Occidente viene identificato con il Cristianesimo e le scelte degli Stati vengono attribuite alla Chiesa. Oggi, invece, i governi occidentali sono laici e sempre più in contrasto con i principi della fede cristiana. È importante spiegare questa realtà e il senso di una laicità positiva, che distingue il politico dal religioso. In questo contesto, il cristiano ha il dovere e la missione di presentare e vivere i valori evangelici. (…) Dobbiamo in ogni momento dare testimonianza con la vita, senza sincretismo né relativismo, con umiltà, rispetto, sincerità e amore”.

CONCLUSIONE

Quale futuro per i cristiani del Medio Oriente? “Non temere, piccolo gregge!” (Lc 12, 32).

“Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare una nuova alba in Medio Oriente. Siamo sostenuti dalla preghiera, dalla comprensione e dall'amore di tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo. Non siamo soli. Questo Sinodo ce l’ha fatto sentire molto chiaramente”.

Vatican Information Service (VIS)