lunedì 15 novembre 2010

Vietato pregare (e anche lamentarsi) di Vicente Cárcel Ortí


La persecuzione anticattolica nella Spagna repubblicana

Vietato pregare
(e anche lamentarsi)

di Vicente Cárcel Ortí

Durante il volo da Roma a Santiago de Compostela, nel suo recente viaggio apostolico in Spagna, conversando con i giornalisti, Benedetto XVI ha fatto un riferimento al laicismo che caratterizzò la politica repubblicana spagnola degli anni Trenta. Il Papa non ha fatto altro che ricordare un dato storico fin troppo noto, sebbene alcuni tendano a occultarlo o a minimizzarlo.

È risaputo, ma non è superfluo ricordarlo in questa occasione, che Pio xi paragonò la situazione religiosa della Spagna a quella della Russia e del Messico, nazioni in cui c'era un'aperta persecuzione contro la Chiesa cattolica. Il Papa venne duramente criticato dal giornale socialista "El Sol" il quale non solo non ammetteva che in Spagna ci fosse una persecuzione contro la Chiesa ma sosteneva anche che quest'ultima continuava ad avere privilegi speciali quando in realtà li aveva già persi tutti. Queste idee singolari non restarono senza risposta e molto opportunamente il prestigioso giornale cattolico "El Debate" oppose alle critiche del giornale socialista la realtà.

"Perché insistere tanto su una persecuzione che esiste solo nell'immaginazione di quanti fanno politica con il loro credo religioso?", si chiedeva il giornale socialista. "El Debate" rispose dicendo: "Per "El Sol" non c'è a quanto pare persecuzione religiosa finché non si producono "nere ecatombe", finché non cadono "sacerdoti assassinati ai piedi dell'altare", finché non si vedono "chiese trasformate in stalle" e finché non ci sono "fiumi insanguinati e terrore invincibile dei martiri".

Poiché, a suo giudizio, non c'è in Spagna nulla di tutto ciò, ha l'ardire di chiedere "moderazione" alla Santa Sede nelle sue proteste o nelle sue espressioni di dolore, come quella formulata nell'ultimo Concistoro. Ma nessuno spettatore imparziale ha bisogno di essere informato, non ha bisogno che gli venga ricordato nulla, viste le chiese bruciate, i sacerdoti cacciati via con la violenza dalle loro case e condannati alla fame, la distruzione di monumenti religiosi, gli attacchi contro il Crocifisso, gli spari contro le processioni, le donne insultate o incarcerate per la croce portata sul petto, le multe ai predicatori mai dimentichi della loro missione, le manifestazioni di energumeni che bestemmiano per le strade di una capitale di provincia di fronte allo sguardo impassibile degli agenti (...) Perché nulla di tutto ciò, sebbene sia tanto, avvalora e rivela l'esistenza della persecuzione quanto gli stessi testi giuridici. È la Costituzione spagnola a stabilire una casta inferiore di cittadini la cui unica colpa è di riunirsi per pregare, a proibire loro di esercitare l'insegnamento o l'attività imprenditoriale, a privarli dei loro beni. Ed è la Costituzione stessa, dimenticandosi di ogni diritto, a spogliare i sacerdoti di tutto".

Sia la domanda del giornale socialista sia la replica di "El Debate" sono del 1933. Commentando questa polemica, il nunzio Tedeschini disse al Cardinale Pacelli: "In questo, come in tutti i regimi antireligiosi, non solo si vuole affliggere la Chiesa con la persecuzione, ma le si nega perfino il diritto di lamentarsi delle ingiustizie patite. Questo si suole verificare particolarmente dopo qualche atto solenne della Santa Sede, e così è avvenuto dopo la ultima Allocuzione Concistoriale del Santo Padre.

Alla stampa laica non è parso ragionevole che l'Augusto Pontefice parlasse di persecuzione in Ispagna e che la Spagna fosse messa in una stessa citazione con Messico e con Russia, perché, secondo essa, in Ispagna non si può parlare di persecuzione. È ben doloroso che neppure la augusta, alta e opportuna parola del Santo Padre riesca a far comprendere la vera posizione alla quale si è voluto ridurre la Chiesa in Ispagna nell'attuale momento. Ma forse non è la comprensione che manca. Vi è piuttosto la settarietà di propositi che impedisce un leale riconoscimento della sovrana parola di giustizia del Santo Padre".

Il 29 novembre 1931, nel discorso pronunciato in occasione della proclamazione delle virtù eroiche della futura santa Gemma Galgani, il Papa aveva esaltato l'eroismo sovrumano e la generosità dimostrata da molti cattolici spagnoli vittime di una situazione sempre più opprimente, paragonando gli avvenimenti della Spagna con quelli della Russia e del Messico. Riprese questo paragone il 24 dicembre 1931, in occasione del discorso al collegio cardinalizio: "La povera e cara Spagna - disse Pio xi - ha veduto, in questi ultimi frangenti, strapparsi una ad una tante delle più belle pagine della sua storia di fede e di eroismo, di civiltà e di benemerenze civili in tutto il mondo; la Spagna che aveva visto sconsacrarsi la famiglia, sconsacrarsi la scuola: una vera desolazione". E in altri discorsi degli anni 1931 e 1932 il Pontefice parlò con insistenza delle "tristissime e inique condizioni poste alla santa religione, ai suoi fedeli e alla sua gerarchia in Spagna, Messico e Russia".

(©L'Osservatore Romano - 15-16 novembre 2010