venerdì 12 novembre 2010

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al Card. Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

AL CARDINALE RAFFAELE FARINA
ARCHIVISTA E BIBLIOTECARIO DI SANTA ROMANA CHIESA
IN OCCASIONE DELLA RIAPERTURA DELLA BIBLIOTECA VATICANA


Al Venerato Fratello
Cardinale RAFFAELE FARINA, S.D.B.
Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa

La riapertura della Biblioteca Vaticana, dopo tre anni di chiusura per importanti lavori, viene celebrata con una mostra intitolata «Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro» e con un convegno sul tema «La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca e come istituzione al servizio degli studiosi». Seguo con particolare interesse queste iniziative, non solo per confermare la mia personale vicinanza di uomo di studio alla benemerita Istituzione, ma anche per continuare la secolare e costante cura che i miei Predecessori hanno riservato ad essa. Una delle due epigrafi apposte da Papa Sisto V accanto all’ingresso del Salone Sistino ricorda che essa fu incominciata (inchoata) da quei Papi che ascoltarono la voce dell’apostolo Pietro. In questa idea di continuità di una storia bimillenaria vi è una verità profonda: la Chiesa di Roma sin dai suoi inizi è legata ai libri; dapprima saranno stati quelli delle Sacre Scritture, poi quelli teologici e relativi alla disciplina e al governo della Chiesa. Infatti, se la Biblioteca Vaticana nasce nel XV secolo, nel cuore dell’Umanesimo, di cui è una splendida manifestazione, essa è l’espressione, la realizzazione istituzionale «moderna» di una realtà ben più antica, che ha sempre accompagnato il cammino della Chiesa. Tale consapevolezza storica mi induce a sottolineare come la Biblioteca Apostolica, al pari del vicino Archivio Segreto, faccia parte integrante degli strumenti necessari allo svolgimento del Ministero petrino e come essa sia radicata nelle esigenze del governo della Chiesa.
Lungi dall’essere semplicemente il frutto della diuturna accumulazione di una bibliofilia raffinata e di un collezionismo dalle molte possibilità, la Biblioteca Vaticana è un mezzo prezioso al quale il Vescovo di Roma non può e non intende rinunciare, per avere, nella considerazione dei problemi, quello sguardo capace di cogliere, in una prospettiva di lunga durata, le radici remote delle situazioni e le loro evoluzioni nel tempo.


Luogo eminente della memoria storica della Chiesa universale, nel quale sono custoditi venerabili testimonianze della tradizione manoscritta della Bibbia, la Biblioteca Vaticana ha però un altro motivo per essere oggetto delle cure e delle preoccupazioni dei Papi. Essa conserva, fin dalle sue origini, l’inconfondibile apertura, veramente «cattolica», universale, a tutto ciò che di bello, di buono, di nobile, di degno (cfr Fil 4,8) l’umanità ha prodotto nel corso dei secoli; di qui la larghezza con la quale nel tempo ha raccolto i frutti più elevati del pensiero e della cultura umana, dall’antichità al medioevo, dall’epoca moderna al XX secolo. Nulla di quanto è veramente umano è estraneo alla Chiesa, che per questo ha sempre cercato, raccolto, conservato, con una continuità che ha pochi paragoni, gli esiti migliori degli sforzi degli uomini di elevarsi al di sopra della pura materialità verso la ricerca, consapevole o inconsapevole, della Verità. Non a caso, nel programma iconografico del Salone Sistino, la successione ordinata delle rappresentazioni dei Concili ecumenici e delle grandi biblioteche dell’antichità sulle pareti destra e sinistra, le immagini degli inventori degli alfabeti nei pilastri centrali convergono tutte verso la figura di Gesù Cristo, «celestis doctrinae auctor», alfa e omega, vero Libro della vita (cfr Fil 4,3; Ap 3,5; 13,8; 17,8; 20,15; 21,27) al quale tende e anela tutto l’umano travaglio. La Biblioteca Vaticana non è dunque una biblioteca teologica o prevalentemente di carattere religioso; fedele alle sue origini umanistiche, essa è per vocazione aperta all’umano; e così serve la cultura, intendendo con essa – come ebbe a dire il mio venerato predecessore il Servo di Dio Paolo VI il 20 giugno 1975, in occasione del quinto centenario di codesta Istituzione – «maturazione umana (...) crescita dall’interno (...) acquisizione squisitamente spirituale; cultura è elevazione delle facoltà più nobili che Dio Creatore ha dato all’uomo, per farlo uomo, per farlo più uomo, per farlo simile a sé! Cultura e mente, dunque; cultura e anima; cultura e Dio. Anche con codesta “sua” istituzione, la Chiesa ci ripropone questi essenziali e vitali binomi, che toccano l’uomo nella sua dimensione più vera, e lo inclinano, quasi per un’inversione della legge di gravità, verso l’alto, e lo sollecitano (…) all’autosuperamento secondo la mirabile traiettoria agostiniana del quaerere super se (cfr S. AUGSTINI, Confessiones, X, 6, 9: PL 32, 783). Anche col funzionamento di codesta “sua” istituzione, la Chiesa si ripromette oggi – come cinque secoli fa – di servire tutti gli uomini, inscrivendo un tale suo ministero nel quadro più vasto di quel ministero che a lei è tanto essenziale da farla essere Chiesa: Chiesa come comunità che evangelizza e che salva» (Insegnamenti, XIII [1975], p. 655).

Tale apertura all’umano non è rivolta solo al passato ma guarda anche al presente. Nella Biblioteca Vaticana tutti i ricercatori della verità sono sempre stati accolti con attenzione e riguardo, senza alcuna discriminazione confessionale o ideologica; ad essi è richiesta solo la buona fede di una ricerca seria, disinteressata e qualificata. In questa ricerca la Chiesa e i miei Predecessori hanno sempre voluto riconoscere e valorizzare un movente, spesso inconsapevole, religioso, perché ogni parziale verità partecipa della Somma Verità di Dio e ogni indagine approfondita, rigorosa, per accertarla è un sentiero per raggiungerla. L’amore delle lettere, la ricerca storica e filologica, si intrecciano così al desiderio di Dio, come ebbi modo di ricordare il 12 settembre 2008 a Parigi, incontrando il mondo della cultura al Collège des Bernardins e rievocando la grande esperienza del monachesimo occidentale. L’obiettivo dei monaci era e rimane quello di «quaerere Deum, cercare Dio. (…) La ricerca di Dio richiede per intrinseca esigenza una cultura della parola. (...) Il desiderio di Dio, le désir de Dieu, include l’amour des lettres, l’amore per la parola, il penetrare in tutte le sue dimensioni. Poiché nella Parola biblica Dio è in cammino verso di noi e noi verso di Lui, bisogna imparare a penetrare nel segreto della lingua, a comprenderla nella sua struttura e nel suo modo di esprimersi. Così, proprio a causa della ricerca di Dio, diventano importanti le scienze profane che ci indicano le vie verso la lingua. Poiché la ricerca di Dio esigeva la cultura della parola, fa parte del monastero la biblioteca che indica le vie verso la parola. Per lo stesso motivo ne fa parte anche la scuola, nella quale le vie vengono aperte concretamente. (…) Il monastero serve alla eruditio, alla formazione e all’erudizione dell’uomo – una formazione con l’obiettivo ultimo che l’uomo impari a servire Dio» (Insegnamenti, IV, 2 [2008], p. 272).

La Biblioteca Vaticana è dunque il luogo in cui le più alte parole umane vengono raccolte e conservate, specchio e riflesso della Parola, del Verbo che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Mi piace concludere richiamando le parole che il Servo di Dio Paolo VI pronunciò nella sua prima visita alla Biblioteca Vaticana, l’8 giugno 1964, quando ricordò le «virtù ascetiche» che l’attività nella Biblioteca Vaticana impegna ed esige, immersa nella pluralità delle lingue, delle scritture e delle parole, ma guardando sempre alla Parola, attraverso il provvisorio cercando continuamente il definitivo. Di questa austera e al tempo stesso gioiosa ascesi della ricerca, nel servizio agli studi propri e altrui, la Biblioteca Vaticana nel corso della sua storia ha offerto innumerevoli esempi, da Guglielmo Sirleto a Franz Ehrle, da Giovanni Mercati a Eugène Tisserant. Possa essa continuare a camminare lungo la strada tracciata da queste luminose figure!

Con i migliori auspici, e con sentita riconoscenza, imparto a Lei, Venerato Fratello, al Prefetto della Biblioteca Vaticana, Mons. Cesare Pasini, a tutti i collaboratori e ricercatori la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 9 novembre 2010

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