martedì 25 gennaio 2011

Conversione di san Paolo, la storia conferma (Ruggero Sangalli)


Conversione di san Paolo, la storia conferma


di Ruggero Sangalli

La Chiesa celebra, oggi, 25 gennaio, la conversione di san Paolo. Questa ricorrenza ci è di stimolo per approfondire la conoscenza storica di quel che accadde all’Apostolo e quando.

Nella cronologia paolina desumibile dagli "Atti", c’è una sola data sicura ed è relativa a quel che capitò a Corinto (At 18,12) quando Paolo fu giudicato da Gallione, fratello di Seneca.
La carica ricoperta da questo funzionario imperiale durava un anno e l’incaricato giungeva a destinazione normalmente a primavera inoltrata, per evitare i rischi della navigazione invernale. Ebbene, da un’iscrizione trovata a Delfi che correla la presenza di questo proconsole romano con la venticinquesima acclamazione di Claudio imperatore, è possibile sapere che Gallione fu a Corinto dalla primavera del 51. In aggiunta proprio da Seneca (Epistula morales 104,1) sappiamo che il fratello per motivi di salute non rimase in Acaia fino a fine mandato.

Paolo si trattenne a Corinto un anno e mezzo (At 18,11), il che significa che vi arrivò sul finire del 49, o al più tardi ad inizio del 50. Questo particolare storico è molto interessante: a Corinto Paolo abitava presso Aquila e Priscilla, espulsi da Roma e giunti in Acaia a motivo di recenti provvedimenti di Claudio contro i giudei, emanati proprio nel 49 (Svetonio li collega a disordini istigati da “Cresto”). Inoltre Paolo si trovò nel bel mezzo di dispute coinvolgenti la locale sinagoga, fino a dover comparire davanti al nuovo proconsole. Il quadro storico e cronologico è di una coerenza estrema.

Prima di giungere a Corinto, Paolo aveva viaggiato lungamente, partendo da Antiochia. C’era stato un dissapore con Marco e Paolo partì via terra con Sila (At 15,40). Ci volle sicuramente qualche mese per arrivare a Corinto, attraversando tutto l’attuale sud ovest della Turchia, entrando in Europa, subendo l’arresto a Filippi, poi recandosi a Tessalonica ed infine ad Atene. Questa ricostruzione permette di situare il Concilio di Gerusalemme (At 15) nella prima metà del 49.

A questo punto possiamo dar credito a chi sostiene che quella ai Galati potrebbe essere la prima delle lettere di Paolo: in effetti la polemica con Pietro durante l’incidente di Antiochia (Gal 2,11-14) costituisce una logica premessa a quanto poi verrà dibattuto nel Concilio. L’accesissima lettera ai Galati è prodiga di annotazioni cronologiche: Paolo (Gal 1,15-2,1-10) ci racconta tutta la sua vicenda.

La presenza di Paolo a Gerusalemme per dirimere la questione del comportamento da tenere con i Gentili non risulta essere la prima dopo la sua conversione. Da Gerusalemme era partito (At 12,25) per il primo viaggio missionario (At 13 e 14) nel contesto di un intervento umanitario (Gal 2,1-10) a beneficio della popolazione stremata dalla carestia. Di questa carestia, profetizzata da Agabo (At 11,27) Giuseppe Flavio ci dà puntuale conferma durante il periodo in cui Tiberio Alessandro fu plenipotenziario romano in Palestina, nel 46-47.

La Pasqua di morte e resurrezione di Gesù fu quella del 33: se Paolo fu a Gerusalemme prima del suo primo viaggio missionario, collocabile nella seconda parte del 47, e 14 anni dopo la serie di fatti elencata ai Galati, la conversione dell’Apostolo si posiziona con precisione o proprio alla fine del 33 o subito all’inizio del 34: a ridosso dell’assassinio di Stefano, ancora presenti a Gerusalemme Pilato e Caifa.

Solo tre anni dopo Paolo farà ritorno a Gerusalemme, sostandovi quindici giorni e trovandovi solo Pietro e Giacomo (Gal 2,19). È la fine del 36 o l’inizio del 37: Caifa e Pilato erano stati rimossi dai loro incarichi, gli altri apostoli già tutti in missione e Maria ad Efeso, con Giovanni.

Ancora una volta la ricostruzione storica è sensatissima: dopo l’uccisione di Giovanni il battista ad opera di Antipa, per la questione di Erodiade (figlia di Aristobulo e sorella di Erode Agrippa, nonchè moglie di Filippo prima di andare con Antipa, che era già sposato con la figlia del re nabateo Areta IV) la situazione fu in stallo fino alla morte di Filippo, nel ventesimo anno di Tiberio, ossia nel 34.

A quel punto scoppiò la guerra tra Areta ed Antipa, che volse a favore del primo, senza che Roma gradisse. In Antichità giudaiche (18, 116-119) Giuseppe Flavio scrive che Dio aveva punito Antipa per l’uccisione di Giovanni, facendogli perdere la guerra, anche perché i fedelissimi di Filippo a quel punto passarono con Areta, contro Antipa.
Nel frattempo alcune rimostranze mal governate da Pilato portarono nel 35 a una strage di samaritani sul monte Garizim: i samaritani, che nel complicato scacchiere medio-orientale erano nemici dei giudei e alleati dei romani, si appellarono a Tiberio che dispose di mettere ordine nella turbolenta area (c’era anche un conflitto con i Parti, in Siria).

Pilato, già sospettato per l’amicizia con Seiano e screditato da quanto accaduto illegalmente a Stefano, fu richiamato a Roma. Vitellio giunse a Gerusalemme nella Pasqua del 36 esautorando definitivamente Pilato ed il suo “amico” Caifa.
Dunque nel 34 Paolo, incaricato dal sinedrio, poteva andare a Damasco a caccia dei seguaci di Gesù in un’area non di guerra: ma meno di tre anni dopo, prima che Paolo tornasse a Gerusalemme, in quella stessa città a comandare è invece Areta (è Paolo stesso a scriverne, in 2 Cor 11,32): tutto torna.

Con la pax romana imposta da Tiberio a tutta l’area, i cristiani possono “respirare” (At 9,31), ma durerà poco: a metà marzo del 37 Tiberio muore e con Caligola ricominciano i guai.

Fonte: La Bussola Quotidiana   25-01-2011