Un libro attacca il Papa
di Massimo Introvigne
Come è noto, sono in corso da mesi conversazioni fra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), allo scopo di esplorare le condizioni teologiche e canoniche di una riconciliazione, dopo la remissione delle scomuniche da parte di Benedetto XVI ai quattro vescovi consacrati senza autorizzazione di Roma nel 1988, un gesto — come il Papa ha spiegato molte volte — che inizia e non conclude il dialogo, dal momento che i problemi dottrinali rimangono non risolti.
Si afferma spesso che il successo di queste conversazioni è pregiudicato da azioni di disturbo di cattolici che, a diverso titolo, non vedono con favore il rientro della Fraternità Sacerdotale San Pio X nella piena comunione con Roma. Può darsi che in questi sospetti ci sia anche qualche cosa di vero.
Dobbiamo chiederci però se qualche volta a mettere a rischio il buon esito del dialogo non sia la stessa Fraternità San Pio X. Nelle ultime settimane da questa sponda sono infatti venute critiche durissime a Benedetto XVI e alla sua proposta di leggere il Concilio Vaticano II secondo una "ermeneutica della riforma nella continuità" rispetto al Magistero precedente della Chiesa.
Non mi riferisco tanto alle reazioni all'annuncio di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi, per molti versi prevedibili, anche se l'immagine evocata nell'omelia del superiore della Fraternità mons. Bernard Fellay il 9 gennaio 2011 a Parigi, di "diavoli in volo su Assisi", seguita dalla domanda retorica "È questa la continuità?", non è proprio un esempio di linguaggio moderato.
Sembra più grave la pubblicazione, a fine 2010, di un libro di un altro dei vescovi cui è stata rimessa la scomunica, mons. Bernard Tissier de Mallerais, dal titolo "L'étrange Théologie de Benoît XVI. Herméneutique de continuité ou rupture?" ("La strana teologia di Benedetto XVI. Ermeneutica di continuità o rottura?", Le Sel de la Terre, Avrillé 2010), opera che si presenta come una critica completa del Magistero del Papa e in particolare della sua ermeneutica del Vaticano II.
Una nota degli editori (p. 7) apre dando già il tono dell'opera: "La teologia di Benedetto XVI si allontana in modo impressionante dalla teologia cattolica. È la causa principale della crisi attuale nella Chiesa".
Il volume intende ricostruire il pensiero del teologo Joseph Ratzinger e di Benedetto XVI — tra i due, insiste l'autore, c'è davvero continuità e non rottura — come fondato su una filosofia personalista e sulla pretesa d'importare nella teologia la filosofia moderna, in particolare quella di lingua tedesca, dal kantismo alla nozione heideggeriana dell'essere, così diversa da quella classica, passando per la fenomenologia. Così facendo, secondo mons. Tissier de Mallerais, Ratzinger/Benedetto XVI s'illude di cristianizzare la filosofia moderna come il Medioevo aveva cristianizzato il pensiero greco. Ma, a differenza di quest'ultimo, la filosofia moderna secondo l'autore è intrinsecamente anticristiana, e non ne può nascere nulla di buono.
Se ci si mette su questa strada, insiste il volume, non si propone una versione cristiana della filosofia moderna, ma si riducono le nozioni fondamentali della fede cristiana a una loro versione diluita e depotenziata sulla base di questa stessa filosofia. Il risultato finale ha poco in comune con l'autentica fede cristiana e arriva nientemeno che a "una negazione peggiore di quella di [Martin] Lutero [1483-1546]" (p. 73) della dottrina cattolica. Infatti un confronto tra Ratzinger/Benedetto XVI e Lutero porta alla domanda: "quale dei due è cristiano?" (p. 75), e la risposta suggerita è che il padre del protestantesimo salva almeno una nozione della Redenzione cristiana, mentre con l'attuale Pontefice, interpretando in modo riduttivo la Redenzione sulla base del soggettivismo e del personalismo della filosofia moderna, si rischia di scivolare fuori del cristianesimo.
Problema per problema, i giudizi sono tutti ugualmente radicali. Anche quando nei testi del Papa è conservato il linguaggio cristiano, il significato sarebbe sempre deformato dal personalismo e dal soggettivismo, i quali conducono a un umanitarismo di cui l'autore denuncia le assonanze e le derivazioni massoniche. Leggiamo così: "Il diritto conciliare alla libertà religiosa è una mancanza di fede. Sostenendo questo diritto, Benedetto XVI manca di fede" (p. 96). "Ecco [...] un Papa che si disinteressa della realtà dell'Incarnazione, che pratica l''epochè' sulla materialità della Redenzione e che nega la regalità a Nostro Signore Gesù Cristo" (p. 97). "Benedetto XVI,nella sua enciclica 'Spe salvi' [...] non capisce più la bella definizione che san Paolo dà della fede" (pp. 100-101).
Già i modernisti si servivano della filosofia moderna. Ma, dal momento che quest'ultima rispetto all'epoca della crisi modernista ha continuato la sua corsa diventando ancora più radicalmente lontana dal cristianesimo, quello del Papa sarebbe "un supermodernismo scettico. Per concludere, dirò che siamo di fronte oggi a un modernismo rinnovato, perfezionato" (p. 103).
L'ermeneutica della riforma nella continuità di Benedetto XVI riferita al Vaticano II si risolve, secondo l'autore, in un tentativo di mascherare la dipendenza dei testi fondamentali del Concilio, su alcuni dei quali del resto il teologo Ratzinger ha avuto una diretta influenza, dalla filosofia moderna. Come tale l'ermeneutica proposta da Benedetto XVI non è un programma ma un "anti-programma", che nega tutta la tradizione cattolica. E "gli avvocati di questo anti-programma disincarnano, de-crocifiggono e scoronano Gesù Cristo con più brio di [Immanuel] Kant [1724-1804] e [Alfred] Loisy [1857-1940]" (p. 104). Insomma, "la mancanza di fede di cui soffre Benedetto XVI si spiega [...] con la sua ermeneutica" (p. 106).
Di questo processo secondo mons. Tissier de Mallerais fa le spese soprattutto la nozione di Redenzione, che una teologia infeudata alla filosofia moderna, con il suo ottimismo personalista, non è più capace di concepire nel suo riferimento costitutivo alle esigenze della giustizia divina provocata dal peccato degli uomini, ma può soltanto ridurre a manifestazione della misericordia, in cui Cristo viene piuttosto a confermare e a celebrare una grandezza e dignità della persona umana fondate su premesse filosofiche moderne affatto estranee al cristianesimo.
Rispetto al teologo Ratzinger, "alla fine Benedetto XVI non segna nessun pentimento, continua a non arrivare ad accettare il mistero della Redenzione" (p. 110). Né potrebbe essere un punto d'incontro il "Catechismo della Chiesa Cattolica" del 1992, in cui al contrario si esprime la teologia dell'allora cardinale Ratzinger, così che "la giustizia divina e le sue esigenze sono uccise dal 'Catechismo'"(p. 167).
Il testo, un autentico "tour de force", dichiara fin dal suo inizio la natura di "pamphlet" (p. 11) e l'appartenenza al "genere polemico" (ibid.). Come tutti i "pamphlet" è costruito con il metodo delle citazioni selettive. Queste mostrano certamente che il Magistero cattolico recente, dal Concilio a Benedetto XVI, ha voluto prendere in esame le domande e le istanze poste dalla cultura e dalla filosofia moderne. Ma da questo non discende affatto che il Magistero abbia mutuato da filosofie contemporanee lontane dal cristianesimo anche le risposte, né sul punto il testo, al di là del notevole vigore polemico, convince.
Alla fine, il libro non è tanto interessante per quanto afferma di Benedetto XVI ma per quanto rivela della mentalità di chi lo ha scritto e di chi lo diffonde. Infatti, quanto al tema dei rapporti fra la Fraternità Sacerdotale San Pio X e la Santa Sede, forse il libro aiuta a comprendere che il problema non riguarda solo la liturgia, o solo qualche estremista presente nella Fraternità. Suoi esponenti di primissimo piano proclamano, per iscritto, un rifiuto totale di Benedetto XVI e del suo Magistero. Il cammino del dialogo, che pure continua, sembra irto di difficoltà.
Fonte: CESNUR
Fonte: CESNUR