Intervista al cardinale Jean-Louis Tauran
Con i musulmani il dialogo deve proseguire
di Mario Ponzi
Tra cristiani e musulmani c'è un dialogo che deve proseguire. Lo riafferma con convinzione il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, rispondendo a un'intervista sulle tensi0ni che stanno attraversando l'Egitto e altri Paesi arabi in questi giorni drammatici. Il cardinale coglie anche l'occasione per ribadire la disponibilità, mai venuta meno, all'incontro, ricordando che "a dialogare non sono le religioni ma i credenti, che sono un misto di bene e di male" e conferma che restano validi tutti gli appuntamenti fissati "compreso quello di febbraio con i nostri partner del Cairo".
Si aggrava la situazione in Egitto. C'è preoccupazione da parte del Pontificio Consiglio per quanto riguarda il dialogo tra cristiani e musulmani?
Sì, perché desideriamo capire bene quali siano i motivi che hanno potuto spingere il Consiglio dell'Accademia delle Ricerche Islamiche di Al Azhar, il 20 gennaio scorso, a "congelare" il dialogo con noi. Penso che una lettura attenta delle parole di Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata della pace 2011, nonché del suo discorso al Corpo Diplomatico del 10 gennaio, possa aiutare a dissipare i malintesi. Da questi due testi, si capisce bene che il Papa si rifà ai valori universali e perciò, nel parlare del rispetto effettivo dei diritti e delle libertà della persona umana, egli non commette alcuna ingerenza in questioni che non sono di sua competenza. Si tratta di rimanere fedeli alla linea di Nostra Aetate, che ci esorta tutti a "dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà". E questo è valido per tutti.
Ma qualcuno afferma anche che il Papa non ama l'islam.
Niente di più falso. Basta leggere le parole rivolte ai rappresentanti delle religioni non cristiane proprio all'inizio del suo Pontificato, il 25 aprile 2005, in cui Benedetto XVI espresse il suo apprezzamento per "la crescita del dialogo con l'islam" e augurava di "continuare a stabilire ponti di amicizia con tutte le religioni, nella ricerca dell'autentico bene di ogni persona e della società intera". Poi, come non ricordare la visita alla Moschea blu di Istanbul, il 30 novembre 2007. Qualche giorno prima, rivolgendosi al Corpo Diplomatico accreditato in Turchia, volle dire "ancora una volta la sua stima per tutti i credenti musulmani, invitandoli ad impegnarsi assieme, grazie al mutuo rispetto a favore della dignità di ogni essere umano, e per la crescita di una società dove libertà personale e attenzione all'altro permettano a ciascuno di vivere nella pace e nella serenità". Il Papa invitava a valorizzare le nostre differenze storiche e culturali, non per affrontarsi, ma per rispettarsi reciprocamente. Sono stato pure testimone oculare del rispetto, col quale il Pontefice ha visitato la Cupola della Roccia, nel piazzale delle Moschee di Gerusalemme. Anche in quella circostanza, le sue parole durante la visita al Gran Muftì, sono state eloquenti: "È di somma importanza che quelli che adorano il Dio unico possano dimostrare di essere radicati contemporaneamente nella famiglia umana e di essere in relazione fondamentalmente gli uni con gli altri quali creature del Dio unico, segnati col sigillo indelebile del divino, chiamati a svolgere un ruolo attivo, ponendo riparo alle divisioni e promuovendo la solidarietà umana". Si potrebbe anche ricordare la riunione del novembre 2008 qui a Roma con i firmatari della famosa Lettera delle 138 personalità musulmane ai capi religiosi cristiani. Non ho mai trovato nelle parole di Benedetto XVI il minimo disprezzo per l'islam. Ricordiamoci che a dialogare non sono le religioni, ma i credenti, che sono un misto di bene e di male. Non sono le religioni a essere violente, ma semmai i loro seguaci.
Come pensa che si uscirà da questa crisi?
Si tratta d'incoraggiare tutte le religioni a vivere il dialogo tra le religioni come un'opportunità. Malgrado le deficienze dei seguaci delle religioni, dobbiamo tutti avere il coraggio di vigilare e di essere testimoni per promuovere l'amore, il rispetto, la pace. Nel mondo così precario e pieno di muri di separazione, fisici o morali, mi pare più che mai opportuno che le religioni, malgrado le loro differenze, promuovano assieme l'amore e la pace. Chi prega, ricorda a tutti gli uomini che l'uomo non vive di solo pane. Il dialogo tra le religioni è sempre una chiamata di Dio a riscoprire le proprie radici spirituali e a essere credenti coerenti.
Lei sembra molto ottimista.
Direi che sono realista. Se vogliamo progredire nel dialogo, si deve prima di tutto trovare il tempo di sedersi e parlarsi da persona a persona, non attraverso i giornali. Spero che chi legga i discorsi di Papa Benedetto XVI, sia aiutato a comprendere come le comunità di credenti siano chiamate a diventare scuole di preghiera e di fraternità. Poi, personalmente, credo molto nel ruolo della scuola e dell'Università, dove s'impone, secondo me, l'urgenza di una nuova redazione dei libri di storia, tanto dal punto di vista dello stile, che del contenuto. Così il dialogo interreligioso rimane uno strumento prioritario per la promozione della pace. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso comunque continuerà ad accogliere con amicizia chi vuole entrare in conversazione con la Chiesa cattolica e diciamo ai nostri amici che apprezziamo quanto hanno fatto e fanno con coraggio e costanza per mantenere le antiche usanze di buon vicinato con i seguaci delle altre religioni. Quindi, per il momento, tutti i nostri appuntamenti restano validi, compreso quello di febbraio con i nostri partner del Cairo. Più che mai incombe su di noi credenti il dovere di far riscoprire ai nostri contemporanei che esiste un Amore più grande di loro, e quest'amore non può che spingerci a portare a tutti, nelle nostre mani disarmate, la luce di un'amicizia che niente può scoraggiare.
(©L'Osservatore Romano - 29 gennaio 2011)