di Andrea Tornielli
Dopo il Natale e il Capodanno di sangue, Benedetto XVI ha dato all’Angelus del 1° gennaio un annuncio passato quasi in sordina: la convocazione dei leader delle religioni mondiali ad Assisi, il prossimo ottobre.
Un gesto ancor più significativo perché inatteso, con il quale Ratzinger segue le orme del predecessore e intende celebrare il 25° anniversario di quella riunione interreligiosa voluta da Papa Wojtyla in un momento in cui sul mondo pendeva la spada di Damocle della guerra nucleare.
Ma significativo anche perché, in occasione di quella riunione vi furono sbavature e abusi, dovuti non certamente al Pontefice ma alla leggerezza degli organizzatori, che finirono per far passare un messaggio sincretistico. È noto che l’allora cardinale Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede mostrò di comprendere le obiezioni sollevate.
Nel libro Fede Verità e Tolleranza, Ratzinger parlò di «pericoli innegabili» e scrisse che molti interpretarono «in modo errato» la riunione di Assisi. Ma aggiunse che «sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa», spiegando che essa andava legata a determinate condizioni.
La prima era che queste riunioni interreligiose finalizzate all’invocazione della pace dovevano «restare solo come un segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune grido d’angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio».
La seconda condizione era presentare l’evento «in modo talmente chiaro da non diventare dimostrazione di relativismo, perché si priverebbe da solo del suo senso». Benedetto XVI ieri ha definito «vile gesto di morte» l’attentato contro i cristiani copti ad Alessandria d’Egitto, come pure le bombe usate per «sfrattare» i cristiani dall’Irak, parlando di una «strategia di violenze che mira ai cristiani».
Un giudizio che attesta la crescente preoccupazione del Papa per la situazione mondiale. Nel 1986 l’incontro convocato da Giovanni Paolo II avvenne sotto la minaccia di un conflitto atomico. Nel 1993 Wojtyla volle un secondo incontro nella città di san Francesco, in occasione della guerra che insanguinava la Jugoslavia. Una terza riunione con i leader religiosi del mondo venne presieduto sempre da Giovanni Paolo II e sempre ad Assisi nel gennaio 2002, poco dopo gli attacchi alle Torri Gemelle.
Ora, se Benedetto XVI si è deciso a ripetere il gesto, sta a significare che la crescente spirale di odio e di violenza, la strumentalizzazione del nome di Dio per giustificare il terrorismo, la «strategia» contro i cristiani e il crescere del fondamentalismo richiedono il ripetersi di quel «comune grido d’angoscia» e soprattutto l’appello a impegnarsi per la pace e per il diritto alla libertà religiosa.
Fonte: La Bussola Quotidiana 03-01-2011